Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27848 del 12/10/2021

Cassazione civile sez. VI, 12/10/2021, (ud. 27/05/2021, dep. 12/10/2021), n.27848

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6433/2020 R.G., proposto da:

P.S., rappresentato e difeso dall’avv. Domenico

Iofrida, con domicilio eletto in Roma, Via Lucrezio Caro n. 62,

presso l’avv. Simone Ciccotti.

– ricorrente –

contro

REGIONE CALABRIA, in persona del Presidente p.t..

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria n.

591/2019, pubblicata in data 15.7.2019.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del giorno

27.5.2021 dal Consigliere Giuseppe Fortunato.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con sentenza n. 591/2019, la Corte di Reggio Calabria ha accolto l’appello proposto dalla Regione e, in integrale riforma della decisione di primo grado, ha respinto l’opposizione avverso l’ordinanza con cui era stata ingiunto alla P. la restituzione di aiuti comunitari indebitamente percepiti.

Per quanto rileva nel presente giudizio, l’ingiunzione era stata inizialmente impugnata dinanzi al Tar Calabria, che aveva dichiarato il difetto di giurisdizione, rimettendo le parti dinanzi al giudice ordinario.

Riassunta la causa e definito il giudizio di primo grado con revoca dell’ingiunzione, la Regione aveva proposto appello con citazione, richiedendo l’integrale riforma della decisione.

Il giudice distrettuale ha ritenuto ammissibile l’impugnazione, rilevando che, essendo fatto salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda proposta dinanzi ad un giudice privo di giurisdizione, la causa doveva considerarsi pendente da data anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, ed era quindi sottoposta al rito ordinario, sicché l’appello era stato correttamente proposto con citazione notificata nel termine di legge.

Per la cassazione della sentenza d’appello la P. propone ricorso basato su un unico motivo, illustrato con memoria.

La Regione Calabria è rimasta intimata.

Su proposta del relatore, secondo cui il ricorso, in quanto manifestamente inammissibile, poteva esser definito ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, il Presidente ha fissato l’adunanza in Camera di consiglio.

2. Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione della L. n. 689 del 1981, art. 22, e art. 327 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, sostenendo che, a seguito della pronuncia declinatoria della giurisdizione da parte del g.a., la causa doveva ritenersi proposta ex novo dinanzi al g.o. nel pieno vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, essendo regolata dal rito del lavoro. Quindi, l’appello andava proposto con ricorso da depositare nel termine di legge, mentre, essendo stata introdotto con citazione tardivamente iscritta a ruolo, la pronuncia di primo grado era passata in giudicato.

Il motivo è infondato.

La Corte distrettuale ha ritenuto che il processo fosse sottoposto al rito ordinario di cognizione (cfr. sentenza, pag. 2), dando rilievo al fatto che l’opposizione era stata incardinata dinanzi al giudice privo di giurisdizione prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150 del 2011, non potendosi applicare la disciplina processuale delle controversie di lavoro prevista dal citato decreto, art. 6.

Ha perciò concluso che l’appello fosse stato correttamente proposto con citazione notificata nel termine per impugnare.

Tale assunto deve essere condiviso, con le precisazioni che seguono. Come detto, la sentenza ha dato atto della sottoposizione del processo al rito ordinario di cognizione e tale disciplina trovava applicazione anche in appello alla luce del principio di ultrattività del rito e dell’esigenza di tutelare l’affidamento delle parti in base alla scelta delle regole processuali operata dal giudice (Cass. n. 12290/2011; Cass. n. 22738/2010; Cass. n. 9694/2010).

Non era decisivo che l’atto introduttivo del giudizio di primo grado fosse stato proposto ai sensi della L. n. 689 del 1981, dovendo considerarsi esclusivamente il rito concretamente applicato al processo (cfr., per l’irrilevanza del richiamo, contenuto nell’atto introduttivo, alla L. n. 689 del 1981, ai fini della scelta del rito in appello: Cass. n. 23052/2017). Questa Corte ha anche recentemente precisato che il principio di ultrattività del rito comporta che se il giudice abbia trattato la causa seguendo un dato rito, anche se errato, il giudizio deve proseguire nelle stesse forme e che l’accertamento di quali forme processuali siano state in concreto adottate compete al giudice del merito, condizionando anche la valutazione sulla tempestività dell’impugnazione (Cass. n. 28519/2019).

Avendo la sentenza impugnata dato atto che il processo era sottoposto al rito ordinario e non risultando dall’esame degli atti (né dal ricorso) indicazioni contrarie già per il primo grado, ne consegue che, dovendo l’appello essere proposto con citazione e non con ricorso, ai fini della verifica della tempestività del gravame, occorreva far riferimento alla data della notifica e non a quella del deposito dell’atto in cancelleria (Cass. n. 15272/2014).

Inoltre, se – come sostiene la ricorrente – la salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda proposta dinanzi al giudice privo di giurisdizione ai sensi del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 11, richiedeva non la riassunzione ma l’instaurazione di un autonomo procedimento, ricadente ratione temporis nella disciplina del D.Lgs. n. 150 del 2011, anche quest’ultimo sarebbe stato sottoposto alla disciplina del giudizio ordinario di cognizione, dato che, come è detto nella sentenza (pag. 4), per il recupero degli aiuti indebitamente percepiti dalla ricorrente la Regione aveva adottato un’ordinanza ex R.D. n. 639 del 2010, disciplinata, quanto alle regole processuali, dal citato decreto, art. 32, norma che dispone che all’opposizione si applica – appunto – il rito ordinario.

Il ricorso è quindi inammissibile.

Nulla sulle spese, non avendo la Regione svolto difese.

Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2021

 

 

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