Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27846 del 04/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/12/2020, (ud. 23/07/2020, dep. 04/12/2020), n.27846

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. CENNICOLA Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4223/14 R.G., proposto da:

R.M., rappresentata e difesa dagli avv.ti Oreste Cantillo e

Guglielmo Cantillo, presso il cui studio è elettivamente

domiciliata in Roma, Lungo Tevere Mellini n. 17, in virtù di

procura in atti.

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 305/23/13 della Commissione tributaria

regionale della Campania, depositata in data 05.09.2013, non

notificata;

Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa d’Angiolella

Rosita nella camera di consiglio del 23 luglio 2020.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. Con avviso di accertamento, per l’anno 2004, emesso nei confronti di R.M., farmacista, l’Agenzia delle entrate, recuperava a tassazione maggiori ricavi derivanti dall’applicazione dello studio di settore TMO4U, ai sensi del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62-sexies e della L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 10. La contribuente proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Napoli che accoglieva il ricorso.

2. L’Agenzia delle entrate proponeva appello avverso tale sentenza che veniva accolto dalla Commissione regionale della Campania con conferma integrale dell’avviso di accertamento.

3. R.M. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe affidandosi a quattro motivi. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

4. Pendente il giudizio di cassazione, a ridosso dell’udienza camerale fissata per il 26 febbraio 2020, la ricorrente R.M. ha depositato memoria con la quale ha dichiarato di aver aderito alla definizione agevolata per i carichi relativi all’avviso di accertamento oggetto della controversia, ai sensi del D.L. n. 193 del 2016, art. 6 (cd. rottamazione cartelle), documentando la relativa istanza, pervenuta via pec all’Amministrazione finanziaria in data 03/02/2020, anche attraverso le ricevute di pagamento inerenti al piano di rateizzazione (cinque rate, per un importo complessivo – comprensivo anche degli interessi- di Euro 61.370,10).

L’Avvocatura erariale in data 26/03/2020 ha presentato “istanza di fissazione udienza per condono parziale D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6” deducendo che “la materia del contendere non era cessata atteso che, pur avendo la lite ad oggetto l’avviso (OMISSIS) a. L. 2004, l’Agente di riscossione ha comunicato che l’unica cartella oggetto di definizione agevolata è la n. 07120140005746171 (notificata in esito alla sentenza della CTR avverso la quale pende il presente ricorso per cassazione), che rappresenta solo l’iscrizione a ruolo provvisoria dei 2/3 dell’accertato, restando ancora dovuto il primo terzo, in corso di reiscrizione, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, per essere stato sgravato in adempimento spontaneo della sfavorevole sentenza di primo grado”. Ha chiesto, pertanto, l’estinzione parziale del giudizio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Preliminare all’esame del merito occorre prendere in considerazione se sussista (e eventualmente in quale misura) ancora l’interesse alla decisione, alla luce dei descritti eventi successivi alla presentazione del ricorso.

Dalla documentazione allegata all’istanza di R.M. di cessazione della materia del contendere, risulta che la contribuente ha avviato e concluso la procedura riguardante la definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti di riscossione (Equitalia) secondo quanto previsto dal D.L. n. 193 del 2016, art. 6, comma 13-bis.

In particolare, agli atti è allegata la comunicazione Equitalia del 01/06/2017, dalla quale risulta che il “debito residuo” escluso dalla definizione agevolata è pari ad Euro “0,00” e che il piano di rateizzazione prevede cinque rate, per un importo complessivo – comprensivo anche degli interessi di Euro 61.370,10. La ricorrente ha altresì documentato il pagamento di tutti gli importi concordati.

L’Agenzia delle entrate – al di là del riferimento erroneo, contenuto nell’intestazione della memoria, al condono di cui al D.L. n. 119 del 2018 – ha chiesto, invece, l’estinzione parziale del giudizio, invocando la disposizione di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68. Tale norma, nel testo ratione temporis vigente, recante la rubrica “Pagamento del tributo in pendenza del processo”, prevede:

“1. Anche in deroga a quanto previsto nelle singole leggi d’imposta, nei casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo oggetto di giudizio davanti alle commissioni, il tributo, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere pagato:

a) per i due terzi, dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso;

b) per l’ammontare risultante dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, e comunque non oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso;

c) per il residuo ammontare determinato nella sentenza della commissione tributaria regionale.

Per le ipotesi indicate nelle precedenti lettere a), b) e c) gli importi da versare vanno in ogni caso diminuiti di quanto già corrisposto.

2. Se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere rimborsato d’ufficio entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza.”.

2. La griglia di principi che interessano il caso, è questa: a) in presenza della dichiarazione del debitore di avvalersi della definizione agevolata con impegno a rinunciare al giudizio ai sensi del D.L. n. 193 del 2016, art. 6, conv. Con modif. in L. n. 225 del 2016, cui sia seguita la comunicazione dell’esattore ai sensi del comma 3 di tale norma, il giudizio di cassazione deve essere dichiarato estinto, ex art. 391 c.p.c., per rinuncia del debitore (Cass., Sez. 6, 03/10/2018, n. 24083, Rv. 650607-01);

b) deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere qualora risulti, al momento della decisione, che il debitore abbia anche provveduto al pagamento integrale del debito rateizzato (sopra cit.);

c) in presenza di una fattispecie estintiva del processo di cassazione ricollegata al verificarsi, al di fuori del processo, di determinati presupposti che si devono dalla parte far constare alla S.C. (quale, nella specie, quella del condono fiscale), il deposito in sede di legittimità di un’istanza di estinzione accompagnata dai documenti idonei a dimostrarne l’esistenza deve essere preceduto, a cura della parte medesima, dalla notificazione ex art. 372 c.p.c., comma 2, alle altre parti costituite dell’elenco dei suddetti documenti (Sez. U., 23/09/2014, n. 19980);

d) ove l’istanza venga depositata senza tale previa notificazione, la Corte e per esso il presidente della sezione (o un suo delegato) che ravvisi le condizioni per provvedere, deve disporre, potendolo fare perchè provvisto di potestas decidendi sull’istanza, che sia previamente notificato l’elenco delle produzioni alle altre pari costituite e, quindi, provvedere solo dopo che sia stata fatta constare tale notificazione (Cass. Sez. U, ult. cit.);

e) nel caso in cui nel corso del giudizio di legittimità le parti definiscano la controversia con un accordo convenzionale, la Corte deve dichiarare cessata la materia del contendere, con conseguente venir meno dell’efficacia della sentenza impugnata, non essendo inquadrabile la situazione in una delle tipologie di decisione indicate dall’art. 382 c.p.c., comma 3, artt. 383 e 384 c.p.c. e non potendosi configurare un disinteresse sopravvenuto delle parti per la decisione sul ricorso e, quindi, una inammissibilità sopravvenuta dello stesso (Sez. U., 11/04/2018, n. 8980);

f) può essere dichiarata l’inammissibilità sopravvenuta del ricorso della parte contribuente per intervenuta carenza d’interesse all’impugnazione proposta, laddove risulti comunque che il privato intenda avvalersi, senza riserve, della procedura di condono (Cass. Sez. 5, 17/12/2019, n. 33518; Sez, 5, 18/12/2019, n. 33617; Sez.5, 21/05/2020, n. 9323);

g) la rottamazione può avere ad oggetto il carico affidato all’agente della riscossione relativo ai 2/3 del tributo e relative sanzioni amministrative. In tal caso, prosegue il giudizio avente a oggetto l’avviso di accertamento in esecuzione del quale è stata avviata a titolo provvisorio la riscossione frazionata in pendenza di impugnazione. L’interesse delle parti alla prosecuzione e alla decisione nel merito della controversia riguarda la frazione della pretesa che non è stata definita. Qualora l’esito definitivo del giudizio sia sfavorevole al contribuente, vi sarà la riscossione del residuo terzo di tributi e correlati interessi e sanzioni amministrative, atteso che il debito relativo alle sanzioni comprese nel carico dei 2/3 è stato estinto mediante definizione agevolata. Se invece l’esito del giudizio sia favorevole al contribuente, non vi sarà alcuna ulteriore riscossione nè alcuna restituzione di quanto versato in sede di definizione agevolata (Agenzia Entrate, circolare 07/04/2017, n. 8/E; Equitalia, comunicato 08/04/2017).

3. Nel caso di specie, posto che si hanno riscontri obiettivi per utilizzare i principi di diritto sub a), la fattispecie va risolta in base ai principi di diritto sub f), con la conseguenza che il ricorso va dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, dal momento che la ricorrente, nell’istanza di estinzione del giudizio, espressamente dichiara che “rinuncia al ricorso” per adesione allo speciale istituto di cui al D.L. n. 193 del 2016, art. 6.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Compensa interamente tra le parti le spese di lite.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezione civile, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2020

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