Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27845 del 12/12/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 27845 Anno 2013
Presidente: DI IASI CAMILLA
Relatore: FERRO MASSIMO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif. dall’Avvocatura
Generale dello Stato, dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12

-ricorrente Contro

IFRAS s.p.a., in persona del 1.r.p.t, rappr. e dif. dall’avv. Angelo Marozzi del foro di
Bari e dall’avv.Carla Efrati, presso il cui studio è domiciliato, e così in Roma, via Lucrini
n.10, come da procura a margine dell’atto

-controricorrentePagina 1 di 5 – RGN 8627/2008

Data pubblicazione: 12/12/2013

per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale de l’Aquila, sez.distaccata di
Pescara 29.11.2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 19 novembre
2013 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Federico Sorrentino,
che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

IL PROCESSO
Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale
de L’Aquila, sezione distaccata di Pescara, del 29.11.2007, che ebbe a respingere
l’appello dell’Ufficio proposto avverso la sentenza C.T.P. di Pescara n. 372/01/2005,
che a sua volta aveva accolto il ricorso del contribuente avverso il diniego di credito
d’imposta ex art.63 1. 27 dicembre 2002, n.289.
Ritenne la C.T.R. che la vicenda doveva essere inquadrata nell’ambito dei benefici
riconosciuti dal Reg. CE 5 dicembre 2002, n.2204, in tema di aiuti alla creazione dei
posti di lavoro, con considerazione di specialità, e dunque di estraneità di tali misure dal
computo dell’importo massimo fissato per l’applicazione della regola cd. de minimis, alla
stregua della portata eccettuativa assicurata sul punto da una norma nel frattempo
sopravvenuta nel corso del giudizio, l’art.1, co.8, del d.l. 15 febbraio 2007, n.10.
Il ricorso è affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso la società
contribuente, che ha depositato memoria.
I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt.
132 cod.proc.civ. e 36 d.lgs. n.546/1992, ai sensi dell’art.360 n. 4 cod.proc.civ., con vizio
di motiva ione apparente, per avere la sentenza impugnata limitato la propria
giustificazione alla mera specialità della norma comunitaria, senza alcuna indagine
anche di fatto sulla configurabilità dei corrispondenti incentivi quali aiuti di Stato.
Con il secondo motivo, è dedotto il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt.
63, co.1, lett. a) terzo periodo 1. n.289/2002, 7, co.10 1. n.388/2000, 87-88 Trattato CE,
2 Reg.CE n.69/2001, 3-4 Reg. CE n.2204/2002 in relazione all’art.360 co.1 n.3
cod.proc.civ. contestando il ricorrente che in base al Reg. CE n.2204/2002 si possa
escludere la natura di aiuto di Stato alle disposizioni agevolative invocate, trattandosi
inoltre — per lo stesso regime del citato Regolamento – di incentivi destinati alle
imprese, di portata selettiva e solo indirettamente idonee a beneficiare i lavoratori, oltre
che, per altra ragione, non rientranti tra le condizioni che lo stesso Regolamento ebbe
ad imporre per eventualmente qualificare gli aiuti anteriori alla sua vigenza (del 2
gennaio 2003) non già tra quelli de minimis bensì quali aiuti all’occupazione.
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uditi l’avvocato dello Stato Bruno Dettori per la ricorrente e l’avv. Angelo Marozzi per
la controricorrente;

1. L’esame dei tre motivi, da condursi congiuntamente stante la loro connessione, induce
ad una valutazione di complessivo accoglimento, premessane l’ammissibilità — nonostante
l’eccezione in tal senso della controricorrente — in ragione di uno sviluppo, per quanto
conciso, imperniato sulla distinta redazione di quesiti in corrispondenza di altrettanti
motivi (e dunque la non pertinenza dell’invocato precedente di Cass. 2878/2013,
dettato con riguardo a “plurimi quesiti” allestiti “a conclusione di un unico motivo di censurd’).
2. Dalla stringata ricostruzione del fatto, criticata dalla ricorrente per avere la C.T.R.
omesso di dare conto che l’impresa IFRAS s.p.a. aveva richiesto il riconoscimento di
un credito d’imposta addizionale, rispetto ad altro già ordinario, domandando tale aggiuntiva
agevolazione per essere stata impresa ubicata in territori ulteriormente avvantaggiati e
per tale ragione invocando il credito con riguardo all’incremento occupazionale,
comunque emerge una considerazione di assoluta specialità dell’art.63 1. n.289/2002. In
esso, la sentenza censurata ha ravvisato comunque una norma agevolatrice di matrice
laburistica, e cioè — secondo i laconici passaggi argomentativi seguiti dal giudice di
merito — più propriamente diretta ad attuare un’esenione per categoria, così eccettuando le
relative disposizioni di aiuto dalla regola del computo per cumulo, secondo il cd.
criterio de minimi tale conclusione, discendendo dalla previsione dell’arti, co.8 d.l. n.
10/2007, avrebbe così messo in relazione il Reg. CE 13 dicembre 2002, n.2204
(prevedente aiuti ed incentivi all’occupazione) con l’art.63 1. n.289/2002 (appunto
dettato in tema di crediti d’imposta per assunzioni di lavoratori, nella specie, in aree
svantaggiate).
Tale ragionamento non convince, apparendo disinvoltamente aver attuato una miscela
di superficiali riferimenti ad una più complessa vicenda normativa che, comunque, resta
imperniata sul principio per cui, ai sensi dell’art.1, co. 5, del d.l. 15 febbraio 2007, n.10
(convertito nella legge 6 aprile 2007, n.46) ed ai fini del recupero degli aiuti di Stato non
autorizzati, “appartengono alla categoria degli aiuti «de minimis» gli aiuti che, in base alla
comunicazione 92/C 213 / 02 della Commissione del 20 maggio 1992, non eccedono l’importo
complessivo di 50.000 ECU, elevato a 100.000 ECU con la comunicazione 96/C 68/06 della
Commissione, del 6 marzo 1996, su un periodo di tre anni decorrente dal primo aiuto «de minimis»,.
tale massimale si applica indipendentemente dalla forma degli aiuti o dall’obiettivo perseguito. In
linea tendenziale, dunque, ferma la possibilità di cumulare anche benefici (fiscali o non)
diversi, dettagliati mediante sistemi di vantaggio in ipotesi non omogenei ma comunque
ragguagliati nel totale al predetto limite, anche le agevolazioni connesse all’incremento
occupazionale mostrano di rientrare in tale plafond, non potendosi dire estranee alla
medesima nozione di aiuti di Stato, e solo distinguendosi in quella ampia nozione tra
aiuti fuoriuscenti dall’impianto autorizzatorio ovvero interni al predetto limite, e
pertanto svincolati da condizioni procedimentali di notifica preventiva o equivalenti.
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m.ferro

Con il terzo motivo, il ricorrente ha dedotto violazione e falsa applicazione degli artt.
1, co.8 d.l. n.10/2007 (conv. nella 1. n.46/207) e 11 preleggi ex art.360 n. 3
cod.proc.civ., per avere la C.T.R. erroneamente applicato la prima norma quale
disposizione di interpretazione autentica dell’art.63 1. n.289/2002, elevando la stessa a
ragione di diniego della natura di aiuti di Stato dei benefici di cui all’art.63 medesimo.

Con il citato indirizzo si può dunque confermare, dando così rilevanza all’art.63, co.1,
lett. c) cit., che la locuzione ivi prevista — per cui per le assunzioni di cui alle lettere a) e b)
rimangono ferme, nel resto, le disposizioni di cui Al] articolo 7 della legge n. 388 del 2000, in
particolare quelle relative alle modalità e ai tempi di rilevazione delle assunzi oni che determinano
incremento della base occupazionale – va intesa come rinvio alla disposizione agevolatrice
originaria nella sua interezza, ciò permettendo di farne discendere il doveroso rispetto,
anche per tali incrementi occupazionali, del regime de minimis, cui espressamente l’art.7
1. n.388/2000 ha riguardo.
3. D’altronde, già sussiste un parallelo orientamento di legittimità, per cui “in tema di
agevolazioni fiscali, è illegittima la disapplicazione da parte del giudice nazionale della norma dell’art.
63, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nella parte in cui, rinnovando il regime di
incentivi alle assunzioni, mantiene firma la disposizione di cui all’art. 7, comma 10, della legge 23
dicembre 2000, n. 388 che circoscrive il riconoscimento del credito di imposta nei limiti della regola de
minimis – e cioè nell’importo di Euro 100.000 nel triennio, quale limite quantitativo al di sotto del
quale gli aiuti di Stato non incorrono nel divieto di cui all’art. 92 (poi 87) del Trattato CE – sul
presupposto che il beneficio in questione non configuri un aiuto di Stato, in quanto incorre nella
violazione della normativa comunitaria il legislatore soltanto se concede aiuti di Stato in misura
eccedente alla regola de minimis e non se circoscrive, nell’ambito dei suoi legittimi poteri discrezionali,
benefici fiscali entro soglie predefinite, anche individuate per relationem rispetto a norme
dell’ordinamento comunitario (Cass. 21797/2011, 12662/2012). Può essere ripetuto che la 1.
n. 289 del 2002, art. 63, comma 1, ha sostanzialmente rinnovato il regime di incentivi alle
assunzioni già disposto con la 1. n. 388 del 2000, art. 7, così mantenendo esplicitamente
ferme, per quanto non diversamente regolato, le disposizioni di cui al detto art. 7,
quindi anche quella dettata dal comma 10, in base alla quale “all’ulteriore credito di imposta
di cui al presente comma si applica la regola de minimis di cui alla comunicazione della Commissione
delle Comunità europee 96/ C68/ 06”, e “ad esso sono cumulabili altri benefici eventualmente concessi
ai sensi della predetta comunicazione purché non venga superato il limite … nel triennio”.
Il criterio comunitario cd. de minimis è stato quindi, in altri termini, espressamente
adottato — per effetto del citato rinvio alla relativa fonte normativa domestica – dal
legislatore nazionale, nel legittimo esercizio dei suoi poteri discrezionali, quale tetto
massimo dell’ulteriore credito d’imposta che ha inteso attribuire ai datori di lavoro,
considerati alla stregua di imprenditori concorrenti nel mercato. Si tratta di previsione
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Ed invero, già questa Corte, con indirizzo che s’intende ribadire anche per la fattispecie
in esame, ha statuito che il credito di imposta di cui all’art. 63 della legge n. 289 del
2002, pur essendo astrattamente configurabile quale aiuto di Stato in considerazione del
suo carattere selettivo (correlato alla differenziata applicazione territoriale), non può
superare, per espressa previsione del legislatore nazionale, l’ammontare previsto per gli
aiuti de minimis, che opera quale tetto massimo del credito d’imposta in questione; ne
consegue che, pur in mancanza della possibilità di applicare le disposizioni comunitarie
che prevedono il recupero degli aiuti, previsti dal legislatore nazionale, equivalenti alle
imposte non corrisposte, per effetto della disposizione nazionale non è configurabile
un credito d’imposta eccedente l’ammontare de minimis (Cass. 7361/2012).

M Ali Ri U i . ‘.;■ 1 A

4. Infine, la natura nazionale della norma in esame è di ostacolo in radice ad ogni
incidenza sulla questione del disposto del d.l. 15 febbraio 2007, n. 10, art. 1, comma 8
(convertito nella 1. 6 aprile 2007, n. 46), citato dal giudice a quo, (Cass. n. 7361 del 2012,
cit.), poiché l’esclusione (“sono esclusi”) degli “aiuti autorivati dalla Commissione europea o
rientranti in un regolamento di esenione per categoria anche se ntetiti allo stesso presupposto, qualora
la rispettiva normativa non preveda diversamente”, ai fini del “computo dell’importo massimo fissato
per l’appliccqione della regola de minimis”, dal “cumulo” (quindi dal complessivo “recupero degli
aiuti equivalenti alle imposte non corrisposte”), riguarda solo gli “aiuti”, rientranti in detta
previsione, che le norme nazionali abbiano concesso in misura superiore a detta “regola”
comunitaria, non l’ulteriore credito di imposta” qui in discussione perché l’ammontare
massimo dello stesso è stato legislativamente determinato in misura corrispondente a
quella “regola” (Cass. 7361/2012).
L’accoglimento del ricorso, non essendo necessari altri accertamenti di fatto, permette
poi a questo Collegio, nel cassare la pronuncia impugnata, di decidere il ricorso del
contribuente anche nel merito, con pronuncia di infondatezza e dichiarazione di
legittimità del rifiuto opposto dall’amministrazione alla richiesta di rimborso. In
relazione alla portata della soccombenza della società controricorrente, mentre
sussistono giustificati motivi per un’integrale compensazione delle spese dei gradi di
merito, anche in ragione dell’emersione solo progressiva dell’indirizzo qui condiviso, va
disposta condanna per le spese del procedimento di legittimità, liquidate come da
dispositivo.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la decisione impugnata; decidendo nel merito
rigetta il ricorso originario del contribuente; dichiara compensate per intero fra le parti
le spese del giudizio di merito; condanna il contribuente al pagamento dei compensi
del procedimento di legittimità, liquidati in Euro 22.000, oltre alle spese Rrenotate a
T -2 •
-debito.
.
2
2013
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19 novembre 2013.”

di vantaggio sicuramente attributiva di un beneficio agli imprenditori-datori di lavoro e,
per essa, l’incremento occupazionale è l’obiettivo di politica economica, senza che
tuttavia la sua declinazione faccia assumere alla norma il significato di tutela diretta dei
lavoratori che migrino da uno stato di inoccupazione all’assunzione con contratto di
lavoro a tempo indeterminato. Ne deriva l’irrilevanza della normativa regolamentare
comunitaria invocata, la quale non impedisce che il legislatore nazionale circoscriva
benefici fiscali entro soglie predefinite, anche individuate per relationem rispetto a norme
dell’ordinamento comunitario (così anche Cass. 7361/2012).

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