Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27840 del 12/12/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 27840 Anno 2013
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 8779-2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente 2013
3043

contro

MONDIALPOL ROMA SPA ora C.M.C. SRL in persona del
legale rappresentante pro tempore,

elettivamente

domiciliato in ROMA VIA GIOVANNI PAISIELLO 15, presso
lo studio dell’avvocato BRUGNOLI GRAZIANO, che lo
rappresenta e difende giusta delega a margine;

Data pubblicazione: 12/12/2013

- controrícorrente

avverso la sentenza n. 1/2006 della COMM.TRIB.REG. di
ROMA, depositata il 02/02/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/11/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTO

udito per il ricorrente l’Avvocato GAROFOLI che si
riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato BRUGNOLI che
si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

GIOVANNI CONTI;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.L’Agenzia delle Entrate di Roma emetteva nei confronti della
Mondialpol spa Roma -già Cagimar Finanziaria spa- un avviso di
accertamento con il quale veniva rettificata la dichiarazione dei
redditi relativa all’anno 1997, disponendo la ripresa a tassazione di
tributi IRPEG e ILOR per utili derivanti da fatture per operazioni
inesistenti, interessi attivi di competenza non contabilizzati su

documentate ed accantonamento TFR eccedente i limiti previsti
dall’art.70 TUIR.
2. Secondo l’Ufficio la Cagimar- capogruppo all’epoca dei fatti di un
gruppo al cui interno operava anche la Mondialpol controllata dalla
prima-, aveva in particolare emesso fatture per operazioni rese alla
società controllata Mondialpol in realtà inesistenti, creando un
utile alla società contribuente oggetto di verifica.
3.La Mondialpol ha proposto ricorso innanzi alla CTP di Roma che lo
ha accolto parzialmente.
4.Sulle impugnazioni proposte dall’Agenzia delle Entrate e dalla
contribuente la CTR del Lazio, con sentenza n.1/28/06, depositata il
2 febbraio 2006, ha accolto l’appello incidentale della contribuente
confermando per il resto la decisione di primo grado.
5.Secondo la CTR era necessario evidenziare che la vicenda vedeva
coinvolte due società facenti parte di un unico gruppo, tra loro
collegate sul piano organizzativo anche da obiettivi comuni.
Peraltro, era emersa l’esistenza di un contratto di procacciamento
di affari verso il corrispettivo di un compenso intercorso fra
prestatrice controllante e la committente controllata.Per tali
ragioni, l’indagine della Guardia di Finanza avrebbe dovuto esaminare
in maniera particolareggiata la gestione del gruppo di società e non
limitarsi ai soli rapporti intercorsi fra le società in questione.
5.1 Aggiunge che le fatture emesse dalla Cagimar erano state ritenute
non valide ancorchè fosse mancata un’esauriente motivazione da parte
degli organi ispettivi.
5.2 Del resto, era evidente che per l’attività di procacciamento di
affari da parte della Cagimar fosse dovuto dalla controllata un
corrispettivo alla capogruppo.La CTR,

inoltre,

rispetto alla

crediti di imposta chiesti a rimborso, perdite su partecipazioni non

questione della perdita su partecipazioni, riteneva fondato l’appello
incidentale proposto dalla società.
6.L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione,
affidato ad un’unica complessa censura, al quale ha resistito la
società contribuente – nelle more divenuta CMC Progetto srl-con
controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE

due diverse censure, l’Agenzia ricorrente ha dedotto la violazione e
falsa applicazione dell’art.115 c.p.c. e dell’art.75 TUIR, nonchè
dell’art.39 dpr n.600/73, in relazione all’art.360
ancora

n.3 c.p.c. ed

l’omessa, insufficiente e/contraddittoria motivazione su un

punto decisivo della controversia, in relazione all’art.360 comma l
n.5 c.p.c.
7.1 Lamenta che la valorizzata esistenza, da parte della CTR, di un
gruppo societario al cui interno operavano la Cagimar e la Mondialpol
era di scarso valore probatorio, anzi potendosi ritenere che proprio
la presenza di rapporti di gruppo potesse favorire scambi interni a
fini evasivi. Nè poteva ritenersi che l’ipotesi prospettata dalla
CTR circa l’esistenza di vere e proprie spese di regia sostenute
dalla casa madre e riaddebitate alla società operativa in quanto
sostenute nell’interesse generale dello stesso gruppo fosse idonea a
giustificare le fatture non avendo quest’ultima trovato alcuna
conferma, visto che erano mancati gli elementi dai quali potere
inferire che la prestatrice avesse sostenuto dei costi, nemmeno
risultando la preventiva autorizzazione al riaddebito

e la
(()

registrazione delle operazioni nelle rispettive contabilità.
7.2 Peraltro, la CTR aveva omesso di prendere in considerazione gli
elementi indicati dall’Ufficio a sostegno dell’inesistenza delle
operazioni- operatività della Cagimar all’interno dei locali della
Mondialpol; descrizione vaga delle prestazioni indicate nelle
fatture, assenza di personale della Cagimar; emissione in uno stretto
lasso di tempo delle fatture emesse nell’anno 1999; assenza di costi
specifici, reale natura della nota di credito del 31.8.2000 e della
fattura del 30.9.2000, entrambe rivolte a creare un incrementodecremento del risultato economico dell’esercizio in base alle

7. Con un unico motivo, al cui interno risultano chiaramente esposte

esigenze delle due società;scarsa comprensibità di operazioni di
storno effettuate con note di credito emesse in prossimità delle
scadenze riguardanti la presentazione del bilancio; carattere
sproporzionato dei servizi per prestazioni e rimborso spese in
relazione alle fatture risultanti dal 1995 al 1998; inesistenza dal
punto di vista economico del soggetto che fatturava le prestazioni.
7.3 La decisione impugnata era pertanto lacunosa ed illogica nella

volere ritenere che incombesse sull’Ufficio la prova di siffatta
inesistenza.
8. La società CMC Progetto srl, nel controricorso, ha dedotto
l’inammissibilità ed infondatezza delle censure, priva di quesito di
diritto e comunque infondate nel merito, avendo la CTR correttamente
motivato in ordine agli elementi che escludevano il carattere
inesistente delle operazioni, gravando peraltro sull’amministrazione
l’onere di fornire la prova circa la non esistenza di quanto indicato
in fattura. Peraltro, la ricorrente aveva accomunato, all’interno
della censura, elementi relativi ad annualità diverse da quella a cui
si riferiva l’accertamento.
9.Le due censure sopra sintetizzate, ritualmente esposte non
risultando vigente l’art.366 bis c.p.c. in relazione alla data di
deposito della sentenza di appello- 2.2.2006-, appaiono fondate per
le considerazioni di seguito esposte.
9.1 Ed invero, benchè più volte questa Corte ha avuto modo di

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affrontare il tema dell’onere della prova che governa le ipotesi di
operazioni

inesistenti, sembra utile ripercorrere in via

di sintesi gli approdi ai quali è ormai giunta sul tema.
9.2 Orbene,

in caso di fatture che l’Amministrazione ritenga

relative ad operazioni inesistenti, si deve ritenere che non spetta
al contribuente provare che l’operazione è effettiva. La tenuta delle
scritture e dei documenti contabili i cui dati vengono utilizzati dal
contribuente ed esposti nella dichiarazione fiscale, non onera,
infatti, il predetto anche alla ulteriore indicazione degli elementi
probatori attestanti la effettiva corrispondenza alla realtà dei dati
indicati in fattura, trascritti nei registri obbligatori e riportati
nella dichiarazione annuale.Incombe, invece, sull’amministrazione che

parte in cui aveva escluso la falsità delle operazioni, anche a

adduce la falsità del documento e, quindi, l’inesistenza di un
maggiore imponibile l’onere di dimostrare che l’operazione
commerciale, oggetto della fattura, in realtà non è mai stata posta
in essere.
9.3 Tale prova è raggiunta dall’Amministrazione allorché questa
fornisca oggettivi elementi per affermare che alcune fatture sono
state emesse per operazioni (anche solo parzialmente) fittizie,

elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati ovvero
l’inesattezza delle indicazioni relative alle operazioni che danno
diritto alla detrazione (prova che può essere data anche attraverso
“i verbali relativi ad ispezioni seguite nei confronti di altri
contribuenti, nonché da altri atti e documenti” in possesso
dell’Ufficio)-v.Cass.n.9108/2012-.
9.4 E’, infatti, l’art. 54 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (come lo
speculare art.39 dpr n.600/73 in tema di imposte sui redditi) ad
assumere rilevanza centrale ai fini che qui interessano, sancendo che
“…le omissioni e le false o inesatte indicazioni possono essere
indirettamente desunte da tali risultanze, dati e notizie a norma
dell’art.53 o anche sulla base di presunzioni semplici”, senza necessità
che l’Ufficio fornisca prove “certe”-Cass.n.9784/2010-.
9.5 Proprio in relazione al contenuto precettivo della disposizione
appena evocata, le presunzioni semplici costituiscono, ai rilevati
fini, una prova completa alla quale il giudice di merito può
attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della
formazione del proprio convincimento, nell’esercizio del potere
discrezionale, istituzionalmente demandatogli, di individuare le
fonti di prova, controllarne l’attendibilità e la concludenza e,
infine, scegliere, fra gli elementi probatori sottoposti al suo
esame, quelli ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi
della domanda o dell’eccezione. A tali affermazioni si è poi fatto
seguire l’ulteriore non marginale principio che se il fatto o i fatti
indizianti allegati dall’Amministrazione finanziaria, unitariamente
considerati, rivestono i caratteri della presunzione semplice, nessun
ulteriore dato probatorio occorrerà ai fini del raggiungimento della
prova, non essendo richiesta l’acquisizione “a conforto” di ulteriori

ovvero che dimostrino in modo certo e diretto l’inesattezza degli

”elementi presuntivi o probatori”. Ciò perché le presunzioni semplici
costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può
attribuire rilevanza anche in via esclusiva, ai fini della formazione
del proprio convincimento, nell’esercizio del potere discrezionale,
istituzionalmente demandatogli, di individuare le fonti di prova,
controllarne l’attendibilità e la concludenza ed infine scegliere tra
gli elementi probatori sottoposti al suo esame quelli ritenuti più

dell’eccezione. Si è così ricordato che in tema di presunzioni vale il
principio secondo cui non occorre che la relazione tra fatto noto e
fatto ignoto presenti carattere di certezza, ma basta che abbia
contenuto di ragionevole certezza, essendo sufficiente che
all’accertamento del fatto ignoto si pervenga dalla considerazione di un
fatto noto attraverso un processo logico deduttivo basato sull’id
plerumque

quod

accidit-Cass.n.3846/1980;

Cass.n.3402/1983;Cass.n.497/1981,Cass.3721/1985-.
9.6 Pertanto, una volta che l’amministrazione abbia fornito oggettivi
elementi di prova, anche indiziari, in ordine all’inesistenza
dell’operazione o dell’inattendibilità della scrittura addotta dal
contribuente a base della richiesta di detrazione, sarà il contribuente
a dovere offrire la prova circa la verità ed inerenza dell’operazione
medesima-v.Cass.n.12802/2011;Cass.n.5282/2011-.
9.7 Ne consegue che il giudice tributario di merito, investito della
controversia sulla fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare,
singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti
dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del
proprio giudizio e solo in un secondo momento, qualora ritenga tali
elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve
dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal
contribuente, che ne è onerato ai sensi degli articoli 2727 e ss. e
2697, secondo comma, cod. civ.-cfr., ancora, Cass.24 luglio 2013
n.17959-.
9.8 Orbene, fermi i superiori principi, rileva il Collegio che la
sentenza impugnata non ha svolto in modo adeguato il compito di
giustificare la ritenuta illegittimità delle pretese impositive attivate
dall’Ufficio, corredando l’apparato motivazionale di elementi privi del
carattere di logicità, in modo da impedire a questa Corte di individuare
la ratio decidendi posta a base della decisione.

idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda o

9.9 Ed infatti, quando la CTR ha affermato che l’esistenza di un
rapporto di gruppo fra prestatore e committente avrebbe dovuto indurre
la Guardia di finanza ad una verifica particolareggiata in ordine alla
gestione del gruppo, senza limitarsi all’esame dei rapporti intercorsi
fra le due società, il giudice di appello ha esposto un argomento per
nulla logico e coerente rispetto ai temi di indagine posti al suo vaglio
che, secondo l’impianto esposto dall’Agenzia delle Entrate nell’atto di

l’Ufficio aveva tratto il convincimento che le operazioni erano state
in realtà fittiziamente fatturate.
9.10 Ora, l’esistenza fattuale e giuridica di un gruppo di imprese al
quale partecipavano i soggetti coinvolti nelle verifiche fiscali non
consentiva di inferire, in

modo non assiomatico, la “realità delle

operazioni”, dovendo il giudicante farsi carico in ogni caso di
verificare se le operazioni documentate erano state realmente state
svolte.Ed infatti, la possibilità, sicuramente data, che fra società del
medesimo gruppo si instaurino rapporti negoziali non costituisce,
tuttavia, elemento capace di confermare, da solo, l’esistenza di
un’operazione, le quante volte vengano prospettati elementi concreti che
depongono per l’inesistenza delle stesse e tali elementi non vengano,
all’interno dei poteri valutativi riservati al giudice, esaminati nè
sottoposti ad alcuna verifica. E’ noto, del resto, che alla stregua
della giurisprudenza di questa Corte il vizio di omessa o insufficiente
motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360, n. 5, cod.
proc. civ., sussiste qualora il giudice di merito non abbia tenuto conto
alcuno delle inferenze logiche che possono essere desunte degli elementi
dimostrativi addotti in giudizio ed indicati nel ricorso con
autosufficiente ricostruzione, e si sia limitato ad assumere
l’insussistenza della prova, senza compiere una analitica considerazione
delle risultanze processuali-cfr.Cass. n. 3370/2012-.
9.11 Per tale ragione l’omesso esame da parte della CTR, sia in chiave
unitaria che in base ad una valutazione complessiva, di quegli elementi,
puntualmente rappresentati dall’Agenzia nel motivo di ricorso- assenza
di dipendenti da parte della società fornitrice e sproporzione fra la
struttura organizzativa della prestatrice e l’ammontare dei servizi resi
alla committente, svolgimento dell’attività della Cagimar presso i
locali della Mondialpol carattere generico delle fatture contestate
emesse in un ridotto lasso di tempo, assenza di costi specifici da parte

appello, si fondavano anche su un corposo quadro indiziario, dal quale

della Cagimar propedeutici ai servizi offerti alla Mondialpol, storno di
prestazioni e rimborsi spese effettuati in prossimità delle scadenze
riguardanti la presentazione del bilancio e delle dichiarazioni dei
redditi,ecc.-, ha per ciò solo inficiato la correttezza argomentativa
della decisione, minando la congruità della stessa laddove ha, per
l’appunto, unicamente valorizzato l’elemento del gruppo per giungere ad
una totale ed illogica svalutazione degli elementi esposti dall’Ufficio.

decisione e cioè che non era emersa alcuna irregolarità formale e
sostanziale in ordine alla documentazione contabile, non poteva ex

se

giustificare l’irrilevanza del compendio indiziario esposto
dall’Ufficio, se solo si consideri che

il carattere inesistente di

un’operazione ai fini dell’indebita detrazione di costi presuppone quasi
ineludibilmente un’apparenza di regolarità che,

tanto più sarà

realizzata dal contribuente, quanto più garantirà a chi ha ordito la
frode fiscale il raggiungimento dell’obiettivo illecito perseguito.
9.13 In questa prospettiva, l’avere indicato che le operazioni trovavano
giustificazione nell’attività di procacciatore di clienti svolta dalla
capo-gruppo nei confronti della Mondialpol e che tanto giustificava la
corresponsione di provvigioni e consulenze

per l’appunto riportate

nelle fatture in contestazione finisce con il risultare solo
un’apparente motivazione, la stessa ponendosi

in stridente contrasto

con quel compendio di elementi, puntualmente richiamati dall’Ufficio ma
non adeguatamente ponderati dalla CTR, alla cui stregua era davvero
oneroso ipotizzare che Cagimar, se priva di dipendenti, operante
all’interno dei locali della Mondialpol, sulla base di fatture
genericamente compilate, avesse realmente potuto offrire senza personale
un prolungato servizio di spese di regia senza che ad esso
corrispondesse, peraltro, alcun costo da parte della fornitrice
medesima.
9.14 In definitiva, la netta ed apodittica svalutazione del compendio
indiziario fornito dall’Ufficio senza una sua analitica considerazione,
a fronte di una fin troppo ampia considerazione di elementi in favore
del contribuente, alcuni dei quali come si è visto privi di reale e
giuridico peso, ha dato luogo ad una motivazione gravemente carente, non
potendosi in alcun modo condividere gli assunti difensivi di segno
opposto esposti dalla controricorrente.

9.12 Ed anche l’ulteriore argomento esposto dalla CTR a sostegno della

\U’en
10. La sentenza impugnata, pertanto, in accoglimento dei motivi proposti
dall’Agenzia,va cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR del Lazio
per nuovo esame da compiersi alla stregua delle considerazioni appena
esposte e tenendo in considerazione gli elementi di prova forniti
dall’Agenzia attraverso una valutazione individuale e complessiva degli
indizi.I1 giudice del rinvio pure provvederà alla liquidazione delle
spese del giudizio di legittimità.

la Corte
Accoglie il ricorso
Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR del
Lazio, la quale la quale pure provvederà alla liquidazione delle spese
del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 4 novembre 2013 nella camera di consiglio della V
sezione civile.

P.Q.M.

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