Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2784 del 05/02/2021

Cassazione civile sez. trib., 05/02/2021, (ud. 19/11/2020, dep. 05/02/2021), n.2784

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. REGGIANI Eleonora – Consigliere –

Dott. TADDEI Bianca Margerita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2512-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

L.B., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO BRINDISI,

11, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO BOCCUCCIA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALDO PALOSCHI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3617/2016 della COMM. TRIB. REG. LOMBARDIA

SEZ. DIST. di BRESCIA, depositata il 16/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/11/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI.

 

Fatto

PREMESSO

che:

1. per le formalità relative alla pronuncia del Tribunale di Brescia n. 1652/2010 con la quale, in esito ad un procedimento di divisione, era stato disposto il trasferimento di determinati beni a favore di L.B. “subordinatamente al pagamento del valore delle quote spettanti alle sorelle”, l’Agenzia delle entrate con avviso (OMISSIS), liquidava le imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura proporzionale;

2. il contribuente impugnava l’avviso sostenendo di dover pagare le imposte solo in misura fissa perchè così stabilito dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 27, per la registrazione di atti dispositivi di trasferimenti subordinati a condizione sospensiva non meramente potestativa, quale era la sentenza del tribunale di Brescia la quale aveva attribuito i beni dividendi ad esso contribuente subordinatamente al pagamento del conguaglio. Il contribuente sosteneva poi di avere diritto alle agevolazioni per la piccola proprietà contadina;

3. con atto di costituzione in giudizio del 30 ottobre 2013, l’Agenzia dava conto di aver provveduto ad annullare in via di autotutela l’avviso originario e a ricalcolare le imposte riconoscendo spettanti al contribuente le agevolazioni richieste. Di fatto, tuttavia, ricalcolava le imposte ancora in misura proporzionale sebbene in assoluto minore rispetto all’entità originaria;

4. l’adita CTP, premesso che “la natura dichiarativa della sentenza di divisione comporta l’applicazione dell’imposta proporzionale”, riconosceva in parte fondata la contestazione del ricorrente riguardo alle agevolazioni;

5. con la sentenza in epigrafe, in accoglimento dell’appello del contribuente centrato sulle originarie contestazioni, la CTR ha affermato, prima, che le imposte di registro, ipotecaria e catastale non potevano essere pretese in misura proporzionale, bensì soltanto in misura fissa essendo la divisione subordinata alla condizione sospensiva non meramente potestativa del pagamento del conguaglio, poi, che “i/ riconoscimento espresso fatto dall’ufficio” “in sede di revisione dell’originario avviso”, della spettanza al contribuente delle agevolazioni di cui al D.L. n. 194 del 2009, art. 2, comma 4 bis (per errore materiale indicato in sentenza come “comma 2 bis”, inesistente) comportava “l’applicazione delle imposte di registro e catastale in misura fissa e dell’imposta catastale nella misura dell’1 % e non proporzionale”;

6. la sentenza è impugnata dall’Agenzia delle entrate con due motivi;

7. il contribuente resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia lamenta il contrasto della prima affermazione della CTR con il D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 27, 34 e 37, e del medesimo D.P.R., allegata tariffa, parte prima, art. 3; ciò perchè la sentenza di divisione avrebbe natura dichiarativa e gli atti dichiarativi trovano disciplina speciale mediante imposta proporzionale dell’1% ai sensi della tariffa, parte prima, art. 3, non applicandosi il citato D.P.R. n. 131 del 1986, art. 27.

2. con il secondo motivo, l’Agenzia lamenta nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, e dell’art. 118 c.p.c., per irriducibile contraddittorietà nella seconda affermazione della CTR, segnatamente in punto di misura (fissa o proporzionale) dell’imposta catastale;

3. E’ incontroverso che l’ufficio ha, in autotutela (“in sede di revisione dell’originario avviso”, secondo l’espressione usata nella sentenza impugnata, ultima pagina), annullato l’avviso originario con cui sono state richieste le imposte in misura proporzionale ed ha riconosciuto spettare al contribuente le agevolazioni di cui al D.L. n. 194 del 2009, art. 2, comma 4 bis, convertito con modificazioni dalla L. 26 febbraio 2010, n. 25, art. 1, (v. sentenza impugnata ultima pagina). Il potere di autotutela sostitutiva è riconosciuto, ai sensi del D.L. n. 564 del 1994, art. 2 quater, conv. in L. n. 656 del 1994, anche durante il giudizio di impugnazione contro l’atto originario. Se, per un verso, a tutela del diritto di difesa del contribuente, l’esercizio del potere di autotutela sostitutiva non determina la cessazione della materia del contendere ed il contribuente ha dunque la possibilità di far valere, dinanzi al giudice dell’impugnazione investito della controversia relativa al primo avviso, la tesi della non debenza totale o parziale dell’imposta pretesa con il nuovo avviso (v. Cass. n. 7335 del 26/03/2010), per altro verso, il processo non può proseguire in riferimento all’atto sostituito per sopravvenuta carenza di interesse ad una pronuncia sulla legittimità di un atto già annullato. Ciò posto, il primo motivo di ricorso si rivela inammissibile avendo ad oggetto la parte della sentenza relativa alla ritenuta illegittimità dell’atto (auto)annullato con cui erano state richieste al contribuente imposte di registro e ipocatastali proporzionali, e non l’atto sostitutivo con cui sono state riconosciute spettare al contribuente le agevolazioni dal medesimo pretese;

4. il secondo motivo di ricorso è del pari inammissibile. La CTR ha, in modo inequivoco, affermato essere stata data dall’ufficio applicazione, “in sede di revisione dell’originario avviso”, della normativa di cui al D.L. n. 194 del 2009, ed ha poi aggiunto l’espressione -sulla quale il motivo si appunta- per cui tale normativa comporta “l’applicazione delle imposte di registro e catastale in misura fissa e dell’imposta catastale nella misura deil’1% e non proporzionale”. Il citato D.L., art2, comma 4 bis, prevede che “Al fine di assicurare le agevolazioni per la piccola proprietà contadina, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti, posti in essere a favore di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, nonchè le operazioni fondiarie operate attraverso l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), sono soggetti alle imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa ed all’imposta catastale nella misura dell’1 per cento”. L’espressione che l’Agenzia denuncia come viziata da irriducibile contraddittorietà è In realtà viziata da mero refuso superabile de plano mediante il chiaro riferimento al testo normativo dovendosi intendere, all’evidenza, che laddove è scritto che la norma comporta “l’applicazione delle imposte di registro e catastale in misura fissa e dell’imposta catastale nella misura dell’1% e non proporzionale”, la CTR abbia voluto affermare che la norma comporta “l’applicazione delle imposte di registro e ipotecaria in misura fissa e dell’imposta catastale nella misura dell’1%”. Dacchè l’inammissibilità del motivo, non potendosi denunciare per cassazione quello che è oggettivamente un refuso;

5. il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e l’Agenzia deve essere condannata a rifondere al contribuente le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

PQM

la Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna l’Agenzia delle entrate a rifondere al contribuente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4100,00, oltre spese forfetarie e accessori di legge.

Così deciso in Roma, mediante collegamento da remoto, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 9, in corso di conversione in legge, con le modalità stabilite dal decreto reso dal Direttore Generale dei Servizi Informativi ed Automatizzati del Ministero della Giustizia il 2 novembre 2020, il 19 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2021

 

 

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