Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27839 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/10/2019, (ud. 10/07/2019, dep. 30/10/2019), n.27839

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25872/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

presso cui è domiciliata in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12.

– ricorrente –

contro

B.C.L., rappresentata e difesa dall’Avv. Carlo Bassoli,

giusta procura speciale in calce al controricorso, elettivamente

domiciliata presso lo studio del Dott. Giancarlo Cossu, in Roma, via

San Giovanni Decollato n. 14.

-controricorrente-

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,

n. 1664/6/2014, depositata il 19 marzo 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 luglio

2019 dal Consigliere Dott. D’Orazio Luigi.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. B.C.L. chiedeva il rimborso delle ritenute subite in sede di liquidazione per la fine del rapporto di lavoro con la Cassa di Previdenza Exxon Mobil. La ricorrente deduceva di avere ricevuto in data 1-7-2005 la liquidazione finale sotto forma di capitale in relazione a quanto maturato dal Fondo pensione per la somma complessiva di Euro 81.253,00, con applicazione delle ritenute di Euro 11.927,00, a titolo di tassazione separata ad una aliquota del 23 per le competenze maturate sino al 31-12-2000 e di Euro 2.892,00 per quelle maturate dall’1-7-2001 sino alla data di uscita dalla Cassa.

La prima ritenuta di Euro 11.927,00, con aliquota del 23 %, era errata in quanto l’imponibile considerato includeva a tassazione i rendimenti “già assoggettati ad imposta” a titolo definitivo (Euro 35.288,12), con Euro 8.116,00 di imposte non dovute.

Pertanto, la richiesta di rimborso per Euro 8.116,33 concerneva i proventi di investimenti finanziari già assoggettati annualmente al momento della realizzazione a tassazione definitiva tramite la Cassa di previdenza.

2. La Commissione tributaria provinciale di Roma accoglieva solo parzialmente il ricorso della contribuente avverso il silenzio rifiuto, applicando il principio di diritto di questa Corte, per cui gli importi maturati prima del 31-12-2000 dovevano essere tassati con l’aliquota del 12,50 % sulla somma relativa alla liquidazione del rendimento, con riconoscimento del rimborso per la somma di Euro 3.705,00, respingendo la richiesta di restituzione della ulteriore somma di Euro 4.411,00.

3. Con l’appello la contribuente lamentava l’avvenuta “doppia imposizione”, in quanto il pagamento del 12,5 % era stato effettuato tramite le ritenute a titolo di imposta applicate dagli emittenti titoli pubblici sottoscritti dalla Cassa di previdenza.

4. L’Agenzia delle entrate, con l’appello incidentale, rilevava che la ritenuta del 12,5 % poteva essere applicata solo agli importi corrisposti dal fondo derivanti dall’investimento sul mercato finanziario, da parte del Fondo, del capitale accantonato, e che ne costituivano il rendimento.

5. La Commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva l’appello principale della contribuente e respingeva l’appello incidentale della Agenzia delle entrate, evidenziando che dalla documentazione prodotta era possibile individuare il rendimento netto sul quale calcolare la ritenuta. Inoltre, gli investimenti dei contributi previdenziali venivano effettuati in titoli di stato che già scontavano all’origine la tassazione del 12,50 %, sicchè, tenendo il Fondo una “evidenza nominativa”, era possibile non solo conoscere i rendimenti specifici dei contributi, ma anche verificare che su tali rendimenti risultava già corrisposta l’imposizione fiscale. L’ulteriore tassazione dei rendimenti avrebbe provocato una doppia imposizione imputabile allo stesso soggetto.

6. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate.

7. Resiste con controricorso la contribuente, depositando memoria scritta.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con un unico motivo di impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce “Violazione e/o falsa applicazione della L. 482 del 1985, art. 6, ed art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, in quanto la ritenuta nella misura del 12,50 % poteva essere applicata solo ai rendimenti da capitale investito nel mercato finanziario, come affermato dalla Cassazione, a sezioni unite (Cass., sez.un., 13642/2011). La contribuente, però, non ha prodotto apposita documentazione rilasciata dal Fondo o dal soggetto che ha in concreto impiegato tali somme, in quanto tale documento deve attestare analiticamente l’ammontare del rendimento derivante dall’investimento dei contributi sui mercati finanziari. Inoltre, non vi è stata doppia tassazione, trattandosi di due soggetti di imposta diversi (il Fondo di previdenza ed il contribuente) e di due momenti di imposta separati, in quanto il Fondo sconta l’imposta sostitutiva sui rendimenti, mentre il contribuente persona fisica sconta l’imposta separata sulla liquidazione del rendimento.

1.1. Tale motivo è fondato.

1.2. Invero, questa Corte, a sezioni unite (22 giugno 2011, n. 13642), ha ritenuto che, in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17 solo per quanto riguarda la “sorte capitale”, corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista della L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dall’I. gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al citato D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17.

Il trattamento tributario dei “vecchi” iscritti, quindi prima del 21 aprile 1993, dipende dalla “composizione strutturale delle prestazioni”, che sono appunto composte da una “sorte capitale”, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore, e da un “rendimento netto”, imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato.

1.3. Sul punto la successiva giurisprudenza di questa Corte (Cass. Civ., 26 aprile 2017 n. 10285 e Cass. Civ., 18 ottobre 2017, n. 24525; Cass. Civ., 7 marzo 2018, n. 5436; Cass., 4941/2018) si è già attestata, con numerosi arresti, di gran lunga prevalenti su quelli di segno diverso, su una lettura del principio affermato dalle Sezioni Unite secondo la quale il predetto più favorevole criterio impositivo può trovare applicazione limitatamente alle somme rivenienti dall’effettivo investimento, da parte del fondo, sul mercato finanziario (o comunque di riferimento), del capitale accantonato e che ne costituiscono il rendimento.

Pertanto, l’applicazione del più favorevole meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6 (con aliquota del 12,5%), si giustifica in ragione della “equiparazione” tra i capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e (quelli corrisposti in dipendenza di contratti) di capitalizzazione posta dal T.U.I.R., art. 41 (ora 44), comma 1, lett. g-quater), e art. 42 (ora 45), comma 4, con applicazione analogica dell’art. 6 suddetto ai capitali corrisposti in dipendenza di contratti di capitalizzazione.

Solo se e in quanto, dunque, nei capitali corrisposti possano identificarsi “redditi di capitali derivanti da contratti di capitalizzazione” può giustificarsi l’applicazione del meccanismo impositivo di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6.

1.4. Resta dunque confermato che sono tassabili con l’aliquota del 12,5% ai sensi della L. n. 482 del 1985, art. 6 i capitali maturati anteriormente al 1 gennaio 2001 dai soggetti iscritti al fondo di previdenza prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, limitatamente a quella parte di essi costituita dal rendimento netto, derivante dalla gestione sul mercato finanziario da parte del fondo del capitale accantonato, con la realizzazione di un rendimento.

1.5. La Commissione regionale non ha applicato correttamente il principio giurisprudenziale elaborato dalle sezioni unite di questa Corte (Cass. 13642/2011), in quanto avrebbe dovuto distinguere la porzione di capitale investito nel mercato finanziario (o di riferimento), da assoggettare all’aliquota del 12,5 % di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6, dalla parte di capitale non utilizzata per tale tipologia di investimento, da sottoporre a tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17. Il giudice di appello non ha neppure tenuto conto che per gli importi maturati a decorrere dall’1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17, non potendosi, quindi, applicare l’imposta del 12,5 % di cui alla L. n. 482 del 1985, art. 6.

La Commissione regionale, infatti, si è limitata ad affermare che “la documentazione allegata sia sufficiente ad individuare il rendimento netto sul quale calcolare la ritenuta”, indicando quali documenti prodotti “gli estratti conto annuali della contribuente con indicazione dei contributi versati e degli interessi maturati; prospetto di liquidazione della Cassa di previdenza, nonchè dichiarazione della stessa Cassa del novembre 2008”. Inoltre, il giudice di appello ha affermato la particolarità della controversia in quanto “gli investimenti dei contributi previdenziali venivano effettuati in titoli di stato che già scontavano all’origine la tassazione del 12,50 %”, aggiungendo che il Fondo teneva una “evidenza nominativa”, sicchè, diversamente da quanto accadeva per i fondi assicurativi, i cui versamenti erano al lordo delle ritenute, era possibile non solo conoscere i rendimenti specifici dei contribuenti, ma anche verificare che su tali rendimenti era stata già corrisposta l’imposizione fiscale.

Pertanto, il giudice di appello ha ritenuto erroneamente che la tassazione del 12,5 % poteva essere applicata anche al “rendimento netto”, senza però specificare che tale modalità di tassazione concerneva solo il capitale accantonato, in base ai contributi del datore di lavoro e dei lavoratori, che era stato impiegato nel mercato finanziario o “di riferimento”.

I documenti indicati dalla Commissione regionale in alcun modo chiariscono l’avvenuto utilizzo del capitale accantonato per l’investimento nel mercato finanziario, trattandosi, appunto, di estratti conto annuali della contribuente, del prospetto di liquidazione della Cassa di previdenza e della dichiarazione della Cassa “del novembre 2008”, senza alcuna attestazione da parte della stessa sull’impiego del capitale nei mercati finanziari.

1.6. Il documento prodotto in data 25-6-2019 dinanzi a questa Corte è tardivo ai sensi dell’art. 372 c.p.c..

2. Quanto alla doglianza, limitata secondo la prospettazione della stessa ricorrente agli importi maturati a decorrere dal 1-1-2001, in ordine alla insussistenza della doppia imposizione perchè la tassazione è stata effettuata su due soggetti di imposta diversi, il Fondo di previdenza, prima, con il conseguimento del rendimento e l’applicazione dell’imposta sostituiva del 12,5 %, e la contribuente, dopo, al momento della liquidazione del rendimento, di nuovo al 12,50 %, si rileva che per le somme maturate fino al 31-12-2000, era possibile applicare l’imposta del 12,5 % sia all’ente, al momento della formazione del rendimento, che al contribuente, al momento della liquidazione dello stesso.

2.1.Infatti, il D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, comma 9 prevede espressamente, nella versione all’epoca vigente, che “le prestazioni in forma di capitale….sono comunque soggette a tassazione separata ai sensi del TUIR, art. 16, comma 1, lett. a)…le prestazioni stesse sono imponibili per il loro ammontare netto complessivo con l’aliquota determinata con i criteri di cui all’art. 17, comma 1…”.

Il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17, comma 2 all’epoca vigente, prevede che “l’ammontare netto è costituito dall’importo dell’indennità che eccede quello complessivo dei contributi versati dal lavoratore…al netto dei contributi obbligatori dovuti per legge, percepito in dipendenza del rapporto di lavoro”. Pertanto, per i rendimenti fino al 31-1-2000 la tassazione di cui al D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, comma 9 si applica all’intero ammontare dell’importo distribuito agli iscritti, che è netto, avendo già scontato in precedenza altra imposta sostitutiva da parte del Fondo (in tal senso anche risoluzione 9 maggio 2000, n. 60 Agenzia delle entrate “occorre tener presente, tuttavia, che l’investimento in quote di fondi comuni viene effettuato dal fondo pensione a titolo di provvista, ossia quale impiego delle contribuzioni ricevute dai partecipanti. Ciò comporta che la titolarità delle suddette quote e dei loro frutti è esclusivamente del fondo pensione e che le relative disponibilità costituiscono i mezzi necessari per assolvere all’obbligo giuridico di corrispondere agli aventi diritto la prestazione pensionistica complementare allorquando se ne verifichino i presupposti”).

Non si tratta, però, di “doppia imposizione “, come erroneamente ritenuto dal giudice di appello (“da ciò deriva che, nella specifica fattispecie, una ulteriore tassazione dei rendimenti provocherebbe una doppia imposizione imputabile allo stesso soggetto”), in quanto l’investimento in quote di fondi comuni o in altro tipo di investimento di natura finanziaria delle risorse raccolte dal fondo pensione viene effettuato dal fondo stesso a titolo di provvista, quindi quale impiego delle contribuzioni ricevute dei partecipanti.

In tal caso, la titolarità delle quote e dei frutti è esclusivamente del fondo pensione che ne ha la disponibilità per assolvere all’obbligo giuridico di corrispondere agli aventi diritto la prestazione pensionistica complementare. In tal caso, l’imposta sostitutiva del 12,50% è applicata sui redditi di capitale in capo al fondo comune di investimento, ma la stessa imposta non ha nessun effetto nei confronti degli iscritti al fondo di previdenza in relazione alla prestazione ad essi spettante, non realizzandosi una doppia tassazione sul medesimo presupposto (in tal senso anche risoluzione della Agenzia delle entrate n. 275/E del 5-11-2009 e risoluzione n. 102/E del 26-11-2012).

2.2.Tuttavia, come detto, per gli importi maturati a decorrere dall’I. gennaio 2001. si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17.

3. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, che dovrà accertare se il capitale accantonato sia stato o meno investito nel mercato finanziario o “di riferimento”. Il giudice del rinvio dovrà provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 10 luglio 2019.

Depositato in cancelleria il 30 ottobre 2019

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