Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27838 del 22/11/2017


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 27838 Anno 2017
Presidente: TIRELLI FRANCESCO
Relatore: SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

sul ricorso 27833/2014 proposto da:
Alberti Alberto, Alberti Fidenzio, elettivamente domiciliati in Roma,
Via Cola di Rienzo n. 12, presso lo studio dell’avvocato Caputo Bruno,
che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati Lubian Roberto,
Sartori Antonio, giusta procura a margine del ricorso;
-ricorrenti contro
Autostrada BR-VR-VI-PD S.p.a., in persona del Presidente pro
tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Corso Trieste n.16,
presso lo studio dell’avvocato Forte Luciana, rappresentata e difesa
dall’avvocato Maccarrone Daniele, giusta procura a margine del
controricorso;
-controricorrente 1

Data pubblicazione: 22/11/2017

nonché contro

A4 Holding S.p.a., Alberti Maria, Alberti Francesco Alberti Guido;
– intimati avverso la sentenza n. 875/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/07/2017 dal cons. SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

FATTI DI CAUSA

I fratelli Alberto, Guido, Fidenzio, Maria e Francesco Alberti
hanno chiesto alla Corte d’Appello di Venezia la determinazione
dell’indennità di espropriazione del suolo contraddistinto con le partt.
n. 254, 256, 257, 258, 260, 261 e 263 di cui erano tutti
comproprietari, nonché di quello contraddistinto con la part. 288 in
comproprietà dei soli Alberto, Guido e Fidenzio, adibito ad azienda
agricola, ritenendo vile la stima della CPE.
Con sentenza del 3.4.2014, resa nel contradditorio con la
Società espropriante Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova (BSVR-VI-PD), la Corte adita ha determinato l’indennità in C 235.755,00,
per espropriazione dovuta a tutti i fratelli Alberti; in C 87.792,00 ed C
58.528,00 per le indennità dovute ad Alberto, Guido e Fidenzio Alberti
rispettivamente, quali coltivatori diretti e fittavoli delle quote degli altri
due comproprietari; in C 39.951,00 per l’espropriazione del mappale
288. La Corte, per quanto d’interesse, ha escluso sia che fosse stata
proposta domanda d’indennizzo ex art. 44 TU espropriazioni (esclusa
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depositata il 03/04/2014;

dall’ambito della sua speciale competenza in unico grado), sia la
spettanza dell’indennizzo per il pregiudizio lamentato da Alberto,
Guido e Fidenzio Alberti riferito all’attività di allevamento di tacchini,
cui gli stessi erano dediti su capannoni siti su fondi vicini a quelli
espropriati, trattandosi di pregiudizio connesso alla presenza

tutti i fondi viciniori, e non dovuto all’espropriazione parziale.
Per la cassazione della sentenza, hanno proposto ricorso Alberto
e Fidenzio Alberti con tre, articolati, motivi, ai quali la Società ha
resistito con controricorso. Gli altri intimati non hanno svolto difese e
le parti costituite hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione
degli artt. 112 c.p.c. e 33 del d.P.R. n. 327 del 2001, per avere la
Corte territoriale escluso il ricorrere dell’ipotesi dell’espropriazione
parziale, in spregio del principio secondo cui tutti i sacrifici derivanti
dai provvedimenti ablativi devono esser ristorati mediante la
liquidazione di un’unica indennità, che, nella specie, doveva
compensare tra gli effetti negativi, anche il pregiudizio legato
all’attività aziendale di allevamento avicolo, che il CTU aveva definito
lampante, avuto riguardo alla documentazione sanitaria rilasciata
dall’Azienda ULSS 17 di Monselice (PD).
2. Col secondo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione e
falsa applicazione “degli artt. 112 c.p.c. e 44 del d.P.R. n. 327 del
2001, nonché dell’art. 5-7 dell’accordo”. La Corte ha escluso la
ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 44 del TU espropriazioni,
3

dell’arteria autostradale fonte di impatto negativo indifferenziato per

quando la relativa disposizione non era stata invocata in seno all’atto
d’opposizione in cui si faceva riferimento al pregiudizio sofferto per
effetto dell’espropriazione alla parte dell’azienda agricola ove si
svolgeva l’attività di allevamento di tacchini.

riferimento all’art. 33 del TU sulle espropriazioni ed all’art. 5
dell’accordo di determinazione dell’indennità 11.2.2005. I ricorrenti
affermano che la conclusione cui è pervenuta la Corte veneta circa
l’insussistenza di un pregiudizio per l’attività di allevamento è
sconfessata dalla relazione di CTU e dall’intervenuta alterazione delle
dotazioni aziendali.
4.

Disattesa

d’inammissibilità

l’eccezione

dei

motivi,

adeguatamente autosufficienti, gli stessi, da valutarsi
congiuntamente, vanno accolti per le seguenti considerazioni.
5. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in presenza di una
procedura espropriativa che non riguardi l’intera proprietà del
soggetto inciso, va applicato il meccanismo di calcolo differenziale di
cui art. 33 del d.P.R. n. 327 del 2001 (in precedenza dell’art. 40 della
L. n. 2359 del 1865) in costanza dei seguenti presupposti: a) che la
parte residua del fondo sia intimamente collegata con quella
espropriata da un vincolo strumentale ed obiettivo, tale da conferire
all’intero immobile il carattere di un’unità economica e funzionale; b)
che il distacco di una parte di esso abbia influito, oggettivamente (con
esclusione, dunque, di ogni valutazione soggettiva), in modo negativo
sulla parte residua. Ove detta indagine risulti affermativa, alla parte
espropriata è, quindi, dovuta un’unica indennità, in modo da ristorare
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3. Con il terzo motivo, si deduce il vizio di motivazione con

l’intera diminuzione patrimoniale subita dal soggetto passivo del
provvedimento ablativo, ivi compresa la perdita di valore della
porzione residua, non essendo concepibile, in presenza di un’unica
vicenda espropriativa, l’attribuzione di distinte somme, imputate l’una
a titolo di indennità di espropriazione e l’altra a titolo di risarcimento

tante, Cass. n. 11504 del 2014). 6. Il principio dell’unicità
dell’indennità deve trovare applicazione anche quando la riduzione di
valore della parte residua derivi non per effetto della mera separazione
(per esproprio) di una parte di suolo, ma in conseguenza dell’opera
eseguita su suolo non espropriato ed indipendentemente
dall’espropriazione stessa e cioè in presenza di pregiudizi sussumibili
nell’ambito dell’art. 44 TU sulle espropriazioni (in precedenza art. 46
della legge fondamentale; cfr. Cass. 17/05/2000 n. 6388; 26/05/1997
n. 4657), e ciò non solo perché nei confronti dell’unico proprietario la
vicenda opera, comunque, all’interno della categoria
dell’espropriazione e nell’ambito di applicazione dell’art. 42 Cost., ma
anche perché, diversamente opinando, si dovrebbe ipotizzare la
necessità dell’instaurazione di due distinti giudizi in contrasto con i
principi derivanti dall’art. 111 Cost. volti a favorire, mediante la
concentrazione nello stesso processo e dinanzi allo stesso giudice della
complessiva vicenda sostanziale ed esistenziale, una maggiore
economia processuale e la riduzione dei relativi costi.
7. A tale stregua, le conclusioni cui è pervenuta la Corte
territoriale, riassunte in narrativa, non solo risultano giuridicamente
erronee in riferimento al richiamo alla disciplina di cui all’art. 44 (con
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del danno per il deprezzamento subito dai residui terreni (cfr. tra le

la ipotizzata necessità di proposizione di autonoma domanda al
Tribunale) ma sono, anche, incongrue laddove affermano
generalizzata la natura del pregiudizio dovuta alla presenza dell’opera
pubblica, senza considerare che i ricorrenti lo avevano riferito alla
specifica attività di allevamento avicolo condotta nel loro fondo, e

dovendo, al riguardo, rilevarsi che, secondo il condivisibile principio
affermato da questa Corte (Cass. n. 13922 del 2016), il mancato
esame delle risultanze della CTU, risolvendosi nell’omesso esame di
un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra
le parti, integra un vizio che può esser fatto valere, ai sensi dell’art.
360, co 1, n. 5, c.p.c.
8. L’impugnata sentenza va, in conclusione, cassata, restando
assorbito ogni altro profilo, con rinvio, per un nuovo esame alla Corte
d’Appello di Venezia, in diversa composizione, che provvederà, anche,
a liquidare le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese alla Corte
d’Appello di Venezia, in diversa composizione legge.
Così deciso in Roma il 7 luglio 2017.
e

neppure che il CTU nelle sue conclusioni lo aveva ritenuto sussistente,

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