Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27837 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/10/2019, (ud. 10/07/2019, dep. 30/10/2019), n.27837

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19223-2015 proposto da:

P.A., con domicilio eletto in ROMA PIAZZA CAVOUR presso

la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato FABIO PACE (ex art. 135);

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2507/2014 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 14/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/07/2019 dal Consigliere Dott. FEDERICI FRANCESCO.

Fatto

RITENUTO

Che:

P.A. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 2507/38/2014, depositata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia il 14.05.2014, la quale, in sede di giudizio di rinvio ex art. 394 c.p.c., aveva rigettato la domanda di rimborso originariamente introdotta per la somma di Euro 53.110,00 (poi ridotta ad Euro 31.759,32) per imposte non dovute.

Ha rappresentato che la controversia traeva origine dalla istanza di rimborso tesa ad ottenere la restituzione delle ritenute fiscali effettuate a suo dire indebitamente da Fondenel al momento della liquidazione della propria quota di partecipazione al Fondo, sulla quale erano stati trattenuti Euro 83.465,50 applicando l’aliquota del 34,37% e non quella del 12,50%, ritenuta corretta dal contribuente. L’Ufficio aveva rigettato l’istanza, sostenendo la corretta applicazione dell’aliquota media determinata per la tassazione separata ai fini dell’indennità di fine rapporto.

Il P., che invece riteneva del tutto illegittimo il regime impositivo applicato, sostenendo di contro che alle prestazioni erogate in forma di capitale in dipendenza di contratti di assicurazione o capitalizzazione maturati a favore degli iscritti la ritenuta dovesse essere operata nella misura del 12,50% (peraltro sulla differenza tra il capitale erogato e i premi riscossi, ai sensi dell’art. 42 TUIR, comma 4, ratione temporis vigente), aveva adito la Commissione Tributaria Provinciale di Milano, che con la sentenza n. 203/25/2005 aveva accolto le sue ragioni, dichiarando tassabile l’intero importo con l’aliquota agevolata ed accogliendo integralmente il ricorso introduttivo.

La sentenza era confermata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia in sede d’appello (sent. n. 45/26/2007). Impugnata tale pronuncia, questa Corte, con sentenza n. 8320/2012, cassava la decisione della Commissione regionale, rinviando il processo al giudice d’appello per il riesame del merito della controversia, somministrando il principio di diritto cui attenersi per la sua definizione.

All’esito del giudizio di rinvio la Commissione Tributaria Regionale lombarda, con la sentenza oggetto del presente ricorso, aveva rigettato il ricorso introduttivo del contribuente.

Questi censura la decisione con sei motivi.

Con il primo per violazione e falsa applicazione della L. n. 482 del 1985, art. 6,D.P.R. n. 917 del 1986, art. 42 comma 4 (ratione temporis vigente), artt. 16 e 17, D.L. n. 669 del 1986, art. 1, comma 5, D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 16 e 17, in relazione agli artt. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere erroneamente confuso la disciplina fiscale applicabile alla liquidazione della quota di partecipazione alla gestione del capitale accantonato riferibile alla fattispecie Fondenel con quella relativa alla fattispecie PIA, distinte, secondo la prospettazione del ricorrente, anche nella decisione delle Sezioni Unite menzionate nel giudizio rescindente (sent. n. 13642/2011);

con il secondo per violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., artt. 115 e 167 c.p.c., D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver erroneamente negato l’adempimento dell’onere della prova da parte del contribuente, laddove l’Agenzia non aveva neppure contestato le somme quantificate dai ricorrenti a mezzo della allegata certificazione Enel;

con il terzo per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1982, art. 7 e art. 63 comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sempre in riferimento agli oneri della prova e alla conseguente violazione del regime dei poteri istruttori del giudice tributario;

con il quarto per omesso esame circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver correttamente sindacato sulla individuazione della tipologia di rendimento, essendovi contrasto sulla riferibilità o meno di esso allo specifico impiego del capitale accantonato nel Fondo sui mercati finanziari;

con il quinto per l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, relativamente alla quantificazione del rendimento;

con il sesto per nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, e degli artt. 384 e 392 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, perchè il giudice regionale avrebbe dato una motivazione solo apparente del principio enunciato dalla Corte di cassazione nella sentenza di rinvio.

Ha dunque chiesto la cassazione della sentenza con decisione nel merito, in riferimento al diritto al rimborso delle imposte indebitamente versate.

Si è costituita l’Agenzia, che ha contestato la fondatezza dei motivi, chiedendo il rigetto del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

La Commissione Tributaria Regionale, dopo aver affermato che la sentenza n. 8320/2012 del giudice di legittimità aveva cassato la precedente decisione del giudice d’appello, con sintetica motivazione, ha rilevato che “Assorbente la circostanza che il contribuente non ha fornito valida prova in merito alla determinazione del rendimento netto, cioè quale sia stato l’effettivo rendimento ottenuto dal fondo pensione in base a/ capitale accantonato. Controparte al fine di dare questa prova allega una perizia di parte, che in quanto proveniente dalla parte stessa non può formare oggetto di prova e questo giudice pur essendo dotato di potere istruttorio non può certo sostituirsi alla parte nella ricerca della base imponibile da assoggettare alla tassazione del 12,50%. Assorbito ogni altro motivo di gravame e resistenza.”.

Dagli atti difensivi delle parti, e dalla lettura della sentenza del giudice rescindente, cui questa Corte può liberamente accedere, va premesso che in essa era stato richiamato il principio di diritto espresso da Sez. U, sent. n. 13642/2011, secondo cui “In tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17, solo per quanto riguarda la “sorte capitale”, corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd. rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dall’1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al (TUIR) D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a) e art. 17.”.

Il giudice del rinvio ha inteso decidere con la sintetica motivazione già riprodotta.

Il ricorrente sostiene che la decisione violi regole interpretative della normativa, sostanziale e processuale, oltre che sia affetta da omesse decisioni, sulla base di una considerazione di fondo, ossia che, quale dirigente Enel, aveva goduto di una polizza sulla vita e di invalidità permanente valevole per i dirigenti di aziende industriali, successivamente convertita in un trattamento di previdenza integrativa aziendale, cd. P.I.A., con effetto dal 1 gennaio 1986. La natura assicurativa del fondo consentiva di applicare la L. n. 482 del 1985, art. 6, fattispecie preservata anche dopo l’intervento delle Sez. U, per la diversità sostanziale delle “fattispecie Fondenel e PIA”, solo alla prima delle quali la sentenza n. 13642 cit. avrebbe fatto riferimento quando si era trattato del “rendimento netto” imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato, laddove la fattispecie PIA riguarderebbe “il caso del mero rendimento di polizza così come individuato dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6.”.

Fatta questa distinzione, il ricorso prosegue nella “sua” ricostruzione ermeneutica della vicenda giuridica e nella stessa “interpretazione” del principio somministrato dalle Sez. U. del 2011, assumendo che, distinto Fondenel -fondo previdenziale complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente- dalla fattispecie PIA, al “rendimento di polizza” di quest’ultima debba applicarsi l’aliquota prevista dalla L. n. 482 del 1985, art. 6, pari al 12,50%, preservandosene la natura previdenziale-assicurativa propria della PIA. Tale rendimento di polizza sarebbe corrispondente alla differenza tra i contributi versati dalla azienda, e in misura minore dal lavoratore, e le prestazioni maturate sino alla corresponsione della quota del Fondo al momento del pensionamento, differenza appunto corrispondente al “rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato”. Ciò perchè questa “componente” altro non sarebbe che il “rendimento, di polizza” da tassare al 12,50%. A tal fine sostiene che in base all’accordo sindacale (Enel – FNDAI) del 17 aprile 1986 la “PIA è stata tenuta ad operare come Fondo a prestazione predefinita” (pag. 14 del ricorso) con dotazione “da subito, in misura adeguata, delle cosiddette RISERVE MATEMATICHE ossia della disponibilità liquida che gravava sull’Enel in conformità agli obblighi derivanti dall’accordo del 1986.” (pag. 10 del ricorso) sicchè, come illustrato dai periti attuariali incaricati di realizzare un elaborato individuale, “….b) la redditività degli accantonamenti effettuati a bilancio dall’Enel per il finanziamento delle prestazioni garantite dalla P.I.A. è stata considerata pari a quella ottenuta sul mercato dall’intero patrimonio dell’Enel nel corso dell’attività operativa svolta dalla società.” (pag. 10 del ricorso). In altri termini “la gestione delle risorse poteva essere affidata al datore di lavoro il quale era quindi legittimato a investire tali fondi all’interno della propria attività economica con il vincolo della erogazione della prestazione, realizzandosi quindi un investimento interno all’azienda.” (pagg. 14/15).

Sulla base di questa complessa ricostruzione si fondano le censure alla decisione del giudice del rinvio, ora al vaglio della Corte.

Dei motivi di ricorso, soccorrendo il principio della ragione più liquida, è fondato il sesto, con il quale il contribuente si duole della nullità della sentenza perchè il giudice regionale avrebbe dato una motivazione solo apparente del principio enunciato dalla Corte di cassazione nella sentenza di rinvio.

Questa Corte ha affermato che la sentenza è nulla per mancanza del requisito di cui all’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, sotto il profilo sia formale che sostanziale, quando la motivazione si limiti a dichiarare sufficienti tanto i motivi esposti nell’atto che ha veicolato la domanda accolta, quanto non meglio individuati documenti ed atti ad essa allegati, senza neppure riprodurne le parti idonee a giustificare la valutazione espressa, nè indicare la ragione giuridica o fattuale che il giudice abbia ritenuto di condividere. In particolare si è affermato che la mera adesione acritica all’atto d’impugnazione, senza indicazione nè della tesi in esso sostenuta, nè delle ragioni di condivisione, è affetta da nullità processuale in quanto corredata da motivazione solo apparente (Cass., sent. n. 7402/2017; Cass., sent. n. 20648/2015).

L’apparente motivazione della sentenza si riscontra ogni qual volta il giudice di merito ometta di indicare su quali elementi abbia fondato il proprio convincimento, nonchè quando, pur indicandoli, a tale elencazione ometta di far seguire una disamina almeno chiara e sufficiente, sul piano logico e giuridico, tale da permettere un adeguato controllo sull’esattezza e logicità del suo ragionamento (con riferimento all’ipotesi della conferma della sentenza impugnata, cfr. Cass., sent. 14786/2016).

Alla luce di tali principi nel caso di specie balza con evidenza l’apparenza della motivazione della sentenza impugnata. Essa si compone di frasi del tutto generiche, senza un preciso riferimento al principio di diritto affermato nella pronuncia rescindente, senza un ragionamento minimo con il quale il caso specifico sia esaminato, sia sul piano dei principi applicabili, sia sul piano dei riscontri fattuali. La pronuncia si limita a fare cenno alla prova, senza alcun minimo riferimento a cosa si intenda per prova. Risulta insomma incomprensibile quale percorso logico il giudice abbia seguito e perchè abbia ritenuto non raggiunta la prova da parte del contribuente in ordine all’effettivo rendimento ottenuto dal fondo pensione “in base al capitale accantonato”.

I fatti di causa risultano ben chiari solo dalla lettura delle rispettive difese, ma, quanto al contenuto della sentenza impugnata, essa resta in sè incomprensibile, laddove, sulla base del principio di diritto somministrato, sarebbe stato necessario verificare se e in che misura il fondo previdenziale avesse impiegato sul mercato il capitale accantonato e quale rendimento da tale impiego avesse ricavato. Ciò al fine di colmare la lacuna della precedente sentenza della commissione regionale campana, che secondo la Corte di legittimità non aveva svolto “alcuna analisi dei meccanismi di funzionamento del fondo FONDENEL/P.I.A. nel corso degli anni e limitandosi a recepire acriticamente il contenuto della “analitica certificazione del sostituto d’imposta Enel” (paragrafo 6.2 della sentenza gravata), della quale, tuttavia, non specificava, nè quindi giustificava, i criteri di formazione”, avvertendo che la medesima commissione aveva omesso “di spiegare le ragioni che dimostrerebbero che l’importo che essa riteneva soggetto all’aliquota del 12,5% corrisponde effettivamente a quello del rendimento finanziario derivato dall’impiego sul mercato dei capitali degli accantonamenti effettuati negli anni dal lavoratore e dal datore di lavoro” (cfr. la sentenza del giudice rescindente n. 8320/2012).

La motivazione della decisione impugnata risulta invece solo apparente, non soddisfacendo le esigenze così analiticamente e ampiamente evidenziate dalla Corte di legittimità, violando pertanto anche al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63,artt. 384 e 392 c.p.c. relativamente alle regole sul giudizio di rinvio.

Ne discende che, in accoglimento del sesto motivo, la sentenza è nulla per mera apparenza della motivazione.

Restano assorbiti gli altri motivi.

Ritenuto che:

La sentenza va cassata e il processo va rinviato alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che in diversa composizione e sempre in funzione di giudice del rinvio, dovrà decidere nel rispetto del principio di diritto somministrato dalla sentenza n. 8320/2012 di questa Corte, oltre che sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il sesto motivo, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che in diversa composizione deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2019.

Depositato in cancelleria il 30 ottobre 2019

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