Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27834 del 04/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/12/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 04/12/2020), n.27834

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

Dott. VECCHIO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12767-2016 proposto da:

T.M., T.E., M.A.,

T.G., elettivamente domiciliati in ROMA, Piazza Cavour presso la

cancelleria della Corte di Cassazione rappresentati e difesi

dall’avvocato RUDY CORTESE;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1683/2015 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,

depositata il 11/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/10/2020 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

p. 1. M.A. ed altri co-obbligati propongono un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza n. 1683 dell’11 novembre 2015, con la quale la commissione tributaria regionale del Veneto, in parziale riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo (salvo che in punto sanzione ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 19) l’avviso di liquidazione loro notificato dall’agenzia delle entrate in recupero della maggiore imposta di registro ed ipocatastale sull’atto di compravendita di due appezzamenti di terreno siti in Comune di Lonigo (VI); recupero determinato dal disconoscimento dei presupposti della invocata agevolazione di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3 (utilizzazione edificatoria nel quinquennio di beni immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati).

La commissione tributaria regionale, per quanto qui ancora interessa, ha rilevato che: – l’avviso di liquidazione in questione era stato tempestivamente notificato dall’amministrazione finanziaria l’8 marzo 2013, a fronte di un termine decadenziale ultimo spirante il 25 maggio 2013, così determinato dall’inutile decorso dei cinque anni di utilizzazione edificatoria successivi alla stipula dell’atto di compravendita (25 maggio 2005), sommati ai tre anni previsti per l’azione accertativa dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, comma 2; – la tesi dei contribuenti secondo cui l’amministrazione finanziaria era invece decaduta dall’azione di accertamento, dal momento che i terreni compravenduti risultavano inedificabili fin dal momento dell’atto di compravendita, con conseguente applicazione del termine triennale dalla registrazione di quest’ultimo (nella specie ampiamente decorso) non poteva accogliersi in quanto, da un lato, implicante un contegno doloso dei contraenti o dei pubblici funzionari che avevano rilasciato il certificato di destinazione urbanistica (che avevano dichiarato edificabili dei terreni che tali non erano) e, dall’altro, confliggente con il fatto che l’edificabilità dei terreni ben sarebbe potuta sopraggiungere anche in un momento successivo all’atto di trasferimento, sebbene entro il quinquennio.

Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate.

p. 2.1 Con l’unico motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76 e del D.Lgs. n. 347 del 1990, art. 17. Per non avere la Commissione Tributaria Regionale rilevato l’intervenuta decadenza dall’azione accertativa dell’amministrazione finanziaria (superamento dei tre anni dalla registrazione dell’atto) la quale era in grado di rilevare la mancanza del presupposto della agevolazione invocata (inedificabilità dei terreni) già dalla registrazione dell’atto di compravendita.

Ciò perchè in esso le parti richiamavano “la convenzione edilizia stipulata con il Comune di Lonigo in data odierna n. 36625/6211 di repertorio e raccolta del notaio Dott. G.d.L.”, dando gli acquirenti altresì atto “di essere a perfetta conoscenza di tutte le clausole contenute nella convenzione di lottizzazione stipulata dal Comune di Lonigo in data 25 maggio 2005 e trascritta, accettandone i relativi effetti formali e sostanziali”. In successiva clausola contrattuale le parti chiedevano quindi l’applicazione dell’imposta di registro all’1% “trattandosi di area su cui gravano le convenzioni edilizie stipulate con il Comune di Lonigo sopra citate, e comunque trattandosi di trasferimento che ha per oggetto beni immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati regolarmente approvati ai sensi della normativa statale o regionale e/o beni immobili compresi in piani di lottizzazione (…) la cui utilizzazione edificatoria avverrà entro cinque anni da oggi ai sensi e per gli effetti della L. n. 448 del 2001, art. 33, comma 3, precisando che le convenzioni edilizie sono quelle sopra citate”.

Orbene, come risultava dal certificato di destinazione urbanistica prodotto in giudizio e dalla relazione al piano di lottizzazione (parte integrante e sostanziale anche della convenzione urbanistica del 25 maggio 2005, come detto richiamata nell’atto di compravendita in questione) i due terreni compravenduti dovevano in realtà ritenersi fin dall’inizio privi di capacità edificatoria perchè individuati dallo strumento urbanistico con destinazione a verde privato e standard.

Su tale presupposto, l’affermazione di voler fruire dell’agevolazione in questione mediante l’utilizzazione edificatoria nel quinquennio doveva risultare irrealizzabile, al pari di un mendacio originario, già al momento della registrazione dell’atto e, dunque, senza necessità di verificare l’effettiva utilizzazione edificatoria all’esito del quinquennio di legge.

p. 2.2 Il motivo è infondato.

Va premesso che questa corte di legittimità ha più volte ribadito (tra le altre, Cass. n. 27080/16; n. 20265/18; n. 2275/17) il principio già espresso dalle SSUU con la sentenza n. 1196/00, la quale – in una fattispecie di disconoscimento dell’agevolazione ‘prima casà – ha avuto modo di affermare in via generale che, in assenza di una specifica disciplina (come nel caso di recupero da parte dell’ufficio dell’imposta di registro, avente natura complementare, per ragioni differenti dalla rettifica di valore del bene) il termine di decadenza stabilito dalla legge (nella specie triennale, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 76, comma 2) non può che farsi decorrere, stante l’operatività anche in materia delle comuni norme dell’ordinamento (artt. 2964 c.c. e ss.), a partire dal momento in cui sussista il potere di compiere o tenere l’atto od il comportamento accertativo.

E’ su tale presupposto che le SSUU hanno poi preso in esame le diverse ipotesi in cui le parti attestino, in atto, l’esistenza di presupposti agevolativi in realtà inesistenti (mendacio originario), ovvero in cui la falsa dichiarazione riguardi un proposito dichiaratamente destinato ad essere solo successivamente realizzato (mendacio per evento sopravvenuto).

A seconda dei casi, il termine di decadenza dell’amministrazione finanziaria deve farsi differentemente decorrere – in applicazione del suddetto principio generale – dalla registrazione dell’atto stesso, ovvero dalla rilevabilità dell’evento sopravvenuto costituito dalla mancata realizzazione del proposito preannunciato.

Hanno aggiunto le SSUU che: “Il mendacio originario sul progetto abitativo è equiparabile alle altre ipotesi dinanzi considerate, implicando l’immediata insorgenza del potere dell’ufficio di disconoscere i benefici e richiedere l’ulteriore imposta dovuta (con gli accessori). Tale potere, invece, nel caso di mendacio per evento sopraggiunto, nasce e può essere esercitato solo dall’evento stesso, il cui verificarsi viene così a coincidere con il giorno iniziale della decadenza”, osservando quindi che “l’individuazione nella singola controversia di detto giorno iniziale resta disciplinata, in assenza di previsioni derogative, dalle comuni norme sull’onere di allegazione e prova (art. 2697 c.c.)”.

Orbene, è proprio in forza di questo orientamento – estendibile anche alla agevolazione ai sensi della L. n. 388 del 2000, ex art. 33, comma 3, appunto perchè basato su un principio generale dell’ordinamento – che la sentenza della Commissione Tributaria Regionale qui censurata risulta corretta.

Indipendentemente dalla non condivisibilità di talune affermazioni puramente collaterali e non costituenti il nucleo della ragione decisoria (obiter dicta), resta il fatto che il giudice di appello ha appurato – dando di ciò congrua motivazione – che l’amministrazione finanziaria non era affatto in condizione di rilevare la mancanza dei presupposti agevolativi fin dalla registrazione dell’atto di trasferimento.

E ciò perchè sulla base di quanto risultante dall’atto stesso in sede di riscossione dell’imposta principale, emergeva che il trasferimento aveva ad oggetto “beni immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati, comunque denominati, regolarmente approvati ai sensi della normativa statale o regionale” e/o “beni immobili compresi in piani di lottizzazione (…) La cui utilizzazione edificatoria avverrà entro cinque anni da oggi, ai sensi e per gli effetti della L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3 e della L. n. 448 del 2001, precisando che le convenzioni edilizie sono quelle sopra citate”. Osserva inoltre il giudice di merito come, a sostegno di queste affermazioni contrattuali, fosse stato allegato all’atto di compravendita il certificato di destinazione urbanistica 1 aprile 2005 del Comune di Lonigo “dal quale risulta che la destinazione urbanistica del terreno in questione è: (…) Zona tipo ‘Dl’- artigianali ed industriali di espansione”.

Dalle risultanze contrattuali, dunque, non emergeva alcun mendacio originario quanto, se mai, la dichiarazione circa un proposito di sfruttamento edificatorio del suolo entro cinque anni, conformemente a quanto richiesto dalla legge agevolativa.

E, secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza di legittimità sopra richiamata, era proprio dalla percepibilità della mancata realizzazione di tale proposito (vale a dire, dall’inutile spirare del quinquennio) che l’amministrazione finanziaria poteva trarre elemento di esercizio del potere-dovere di disconoscimento dell’agevolazione dapprima accordata, e recupero della maggiore imposta.

La verifica fattuale svolta sul punto dal giudice di merito non appare dunque qui censurabile, nè le conclusioni alle quali essa ha portato possono dirsi in contrasto con la legge, secondo quanto vorrebbe l’unica doglianza mossa dai ricorrenti.

Il ricorso è respinto, con condanna di questi ultimi alla rifusione delle spese di lite secondo soccombenza.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3500,00, oltre spese prenotate a debito;

– v.to il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

– dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2020

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