Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27832 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/10/2019, (ud. 10/07/2019, dep. 30/10/2019), n.27832

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20740-2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

S.A.D., elettivamente domiciliata in ROMA VIA PO

102, presso lo studio dell’avvocato PIETRO ANELLO, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3284/2014 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 16/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/07/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FEDERICI.

Fatto

RILEVATO

che:

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 3284/22/2014, depositata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 16.05.2014;

ha riferito che S.A.D. aveva presentato istanza di rimborso dei versamenti eseguiti ai fini Irap per gli anni d’imposta 2005/2009 perchè, esercitando senza autonoma organizzazione attività di medico pediatra convenzionato con il Sistema Sanitario Nazionale, contestava i presupposti di assoggettamento all’imposta. Era seguito il silenzio della Agenzia, avverso il quale la contribuente aveva presentato ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, che con sentenza n. 432/02/12 aveva rigettato la domanda. L’appello proposto dalla S. dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio era stato invece accolto con la pronuncia ora impugnata.

L’Agenzia censura la pronuncia con un unico motivo, dolendosi della violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per l’erronea interpretazione della disciplina Irap, in rapporto ai presupposti di assoggettamento all’imposta e in particolare al concetto di “autonoma organizzazione”, che il giudice d’appello avrebbe disconosciuto nonostante fosse incontestata la presenza di un lavoratore dipendente presso lo studio medico (segretaria part-time).

Ha chiesto dunque la cassazione della sentenza, con le conseguenti statuizioni.

Si è costituita la resistente, che con controricorso ha eccepito l’inammissibilità del ricorso e nel merito la sua infondatezza. Ha anche depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

la contribuente ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per l’inconferenza dell’unico motivo, che avrebbe a presupposto, nella prospettazione della Agenzia, l’esercizio da parte della contribuente della professione di medico generico, mentre nel caso concreto si tratterebbe di medico pediatra. L’eccezione va rigettata perchè, a parte che le questioni giuridiche che si pongono sull’assoggettamento ad Irap del medico convenzionato non evidenziano distinzioni tra le due categorie, afferendo sempre e comunque alla dibattuta identificazione dell’autonoma organizzazione, in ogni caso, ancorchè volesse ritenersi inconferente l’argomentazione della Agenzia, ciò comporterebbe una infondatezza del ricorso e non la sua inammissibilità.

Esaminando il merito del ricorso, l’unico motivo è infondato.

Presupposto per l’assoggettamento all’imposta è “l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla…. prestazione di servizi” (D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2), applicabile anche alle “persone fisiche, le società semplici e quelle ad esse equiparate a norma dell’art. 5, comma 3, del predetto testo unico (ndR. D.P.R. n. 917 del 1986) esercenti arti e professioni, di cui al medesimo testo unico, art. 49 comma 1” (D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 3, lett. c).

Quanto al significato di “autonoma organizzazione” già la Corte Costituzionale, con sent. n. 156 del 2001, aveva puntualizzato che l’imposta incide su un fatto economico diverso dal reddito, cioè su quel quid pluris aggiunto dalla struttura organizzativa alla attività professionale, tale da costituire un indice di capacità contributiva idonea a giustificare l’assoggettamento al tributo, il che non implica alcun limite quantitativo, di prevalenza o meno rispetto al lavoro autonomo esercitato, bensì semplicemente un giudizio di valore sulla idoneità di quella organizzazione a potenziare le possibilità produttive del professionista. La Corte di legittimità ha esplicitato la nozione di autonoma organizzazione nell’esercizio dell’attività di lavoro autonomo, riconoscendola ai fini IRAP quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui (in tal senso già cfr. Cass., sent. 3676 del 2007; Cass., sent. n. 25311 del 2014). Nel perimetrare ulteriormente l’assoggettamento ad Irap del lavoratore autonomo le Sez. U, da ultimo intervenute, hanno affermato che il requisito dell’autonoma organizzazione, previsto quale presupposto dell’imposta dall’art. 2 cit., non ricorre quando il contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un dipendente con mansioni esecutive (Sez. U, sent. n. 9451/2016).

La Corte ha anche affermato che per la soggezione ad IRAP dei proventi del professionista autonomo è necessario che la struttura organizzata di cui si avvalga sia a lui riconducibile non solo ai fini operativi, ma anche sotto il profilo organizzativo; per conseguenza non è stata ad esempio riconosciuta la soggettività passiva all’imposta dell’avvocato che, collaborando presso importanti studi legali, ne aveva utilizzato la struttura organizzativa, traendone utilità (Cass., ord. n. 4080/2017). Si è anche detto che il professionista che svolga l’attività all’interno di una struttura altrui, così difettando di autonomia organizzativa, non è assoggettato all’Irap (Cass., sent. n. 21150/2014). Con specifico riferimento alla professione di medico generico convenzionato con il SSN si è affermato che la disponibilità di uno studio, avente le caratteristiche e dotato delle attrezzature indicate nell’Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, art. 22, reso esecutivo con D.P.R. n. 270 del 2000, rientrando nell’ambito del “minimo indispensabile” per l’esercizio dell’attività professionale, ed essendo obbligatoria ai fini dell’instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per sè, in assenza di personale dipendente, il requisito dell’autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo (Cass., 22027/2017; 13405/2016).

E’ stato anche chiarito, con orientamento ormai consolidato, che non ricorre il necessario presupposto della autonoma organizzazione ove il professionista si avvalga di un cd. assistente di sedia, ossia di un infermiere generico assunto “part time”, il quale si limiti a svolgere mansioni di carattere esecutivo, o di una segretaria, figure collaborative che anche per i tempi e le modalità di impiego non sono idonee ad accrescere le potenzialità professionali del medico (ex multis, Cass., 12084/2018; 9786/2018). Peraltro incombe sull’Ufficio l’onere di dimostrare le caratteristiche della strumentazione tecnica e la portata dell’eventuale attività di collaborazione, indicando gli elementi di fatto necessari ad integrare il presupposto d’imposta (Cass., 23999/2016).

L’accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato.

Questi gli approdi ermeneutici della giurisprudenza di legittimità, nel caso di specie il giudice tributario regionale, negando la sussistenza dei presupposti d’imposta nei confronti della S., ha evidenziando, per quanto qui di interesse, che le spese per personale dipendente, sostenute dal medico pediatra convenzionato con il Sistema Nazionale Sanitario, riguardavano l’addetto “alla segreteria e pulizia dello studio, mansioni di mera esecuzione e manualità che non possono costituire affatto sintomo di organizzazione…”.

Il dato apprezzato dal giudice d’appello, in particolare la presenza di un lavoratore dipendente con mere mansioni esecutive, irrilevante ai fini della individuazione dei presupposti dell’imposta, evidenzia la correttezza del ragionamento sviluppato nella decisione e la coerenza con gli approdi cui è pervenuta la giurisprudenza ormai consolidata. Nessuna violazione o falsa applicazione della disciplina positiva in materia di Irap è dato pertanto rilevare nella motivazione censurata. Di contro la difesa della Agenzia, secondo cui la non assoggettabilità all’Irap del professionista richiede, quale necessario presupposto, l’assenza di lavoro altrui, costituisce una affermazione del tutto inesatta proprio alla luce della interpretazione data alla normativa dalla giurisprudenza.

Ritenuto che:

Il ricorso va pertanto rigettato. L’incertezza interpretativa sulla disciplina e sui presupposti di assoggettamento all’imposta, ancora evidenti all’epoca in cui l’Agenzia ha proposto il ricorso per cassazione, giustifica la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019

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