Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27830 del 22/11/2017


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 27830 Anno 2017
Presidente: AMBROSIO ANNAMARIA
Relatore: FICHERA GIUSEPPE

SENTENZA

c’ -U t e

sul ricorso iscritto al n. 15341/2012 R.G. proposto da
Sicilcassa s.p.a., in liquidazione coatta amministrativa (C.F.

03989900828), in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dall’avv. Simona Pavone, elettivamente
domiciliata presso lo studio dell’avv. Nicola Marotta in Roma, via
Michele Mercati 51.
– ricorrente contro
Proter Produzioni Tecniche Riunite s.r.I., in amministrazione
straordinaria (C.F. 01194730873), in persona del commissario
liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Umberto
Ilardo, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Vincenzo
Greco in Roma, via Federico Cesi 21.
– controricorrente –

Gg(-(1 0

L

avverso

Data pubblicazione: 22/11/2017

la sentenza della Corte d’appello di Catania n. 1694/2011,
depositata il 22 dicembre 2011.
Sentita la relazione svolta all’udienza del 28 settembre 2017 dal
Consigliere Giuseppe Fichera.
Udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Umberto De
Augustinis, che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
Uditi l’avv. Simona Pavone per la ricorrente e l’avv. Umberto Ilardo

FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Catania, con sentenza depositata il 22
dicembre 2011, accogliendo l’appello della Proter Produzioni
Tecniche Riunite s.r.I., in amministrazione straordinaria (di seguito
breviter Proter), nel giudizio di opposizione allo stato passivo della
stessa procedura proposto dalla Sicilcassa s.p.a., in liquidazione
coatta amministrativa (in prosieguo solo Sicilcassa), dichiarò
inefficace, ex art. 67, primo comma, n. 3), I.fall., l’ipoteca concessa
dalla società poi ammessa all’amministrazione straordinaria,
ammettendo la banca al concorso con il grado chirografario per i
crediti vantati in forza dei mutui fondiari erogati; compensò poi
nella misura della metà le spese del primo grado, condannando
Sicilcassa alla rifusione della restante metà di quelle ivi sostenute
da Proter e per intero delle spese dell’appello.
Ritenne il giudice di merito, anzitutto, che l’appello fosse
fondato in relazione alla decisione di primo grado che aveva
senz’altro respinto, per difetto di tempestiva indicazione degli
elementi di fatto, la domanda riconvenzionale spiccata dalla Proter
tesa ad ottenere la revocatoria dell’ipoteca volontaria;
pronunciando quindi sulla detta domanda riconvenzionale, la corte
catanese, ritenuta l’esistenza di debiti preesistenti non scaduti della
mutuataria e non dimostrata la

inscentia decoctionis

Sicilcassa, dichiarò inefficace l’ipoteca iscritta in suo favore.

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della

per la controricorrente.

Avverso la detta sentenza della corte d’appello, Sicilcassa ha
proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi; Proter ha
depositato controricorso.
Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente va dato atto che Sicilcassa ha depositato, in
data 17 ottobre 2016, un “ricorso in riassunzione ex art. 303

Catania depositato il

19 luglio 2016,

la

procedura di

amministrazione straordinaria della Proter s.r.l. è stata convertita
in fallimento, invocando in conseguenza di ciò l’adozione dei
provvedimenti necessari.
Osserva tuttavia la Corte che deve escludersi la necessità di
adottare provvedimento alcuno, in quanto per orientamento
consolidato la dichiarazione di fallimento di una delle parti non
integra una causa di interruzione del giudizio in sede di legittimità,
posto che in quest’ultimo opera il principio dell’impulso d’ufficio e
non trovano, pertanto, applicazione le comuni cause di interruzione
del processo contemplate in via generale dalla legge (Cass.
23/03/2017, n. 7477).
2. Con il primo motivo Sicilcassa deduce violazione degli artt.
112, 161, 163 e 342 c.p.c., nonché vizio di motivazione, ex art.
360, comma primo, n. 5, c.p.c., poiché la corte d’appello
erroneamente non ha rilevato la nullità dell’atto di appello proposto
da Proter per difetto di specificità, esaminando domande ed
eccezioni nuove formulate per la prima volta soltanto con la
comparsa conclusionale.
Con il secondo motivo lamenta violazione degli artt. 112 e 183,
comma quinto, c.p.c., nonché vizio di motivazione, ex art. 360,
comma primo, n. 5, c.p.c., per avere il giudice di merito ritenuto
ammissibile la domanda riconvenzionale spiccata dalla Proter, in

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c.p.c.”, in seno al quale allega che con decreto del Tribunale di

violazione del sistema delle preclusioni processuali in ordine ai fatti
costitutivi rilevanti della stessa.
Con il terzo motivo deduce violazione dell’art. 67, comma
primo, n. 3) I.fall., nonché vizio di motivazione, ex art. 360, comma
primo, n. 5, c.p.c., avendo il giudice d’appello ritenuto i debiti della
Proter nei confronti della Sicilcassa preesistenti e non scaduti, pure
in difetto di idonea prova, ed erroneamente affermato che la banca

Con il quarto motivo lamenta violazione degli artt. 2808, 2809,
2838 e 2855 c.c., degli artt. 115, 116 e 132, n. 4) c.p.c., nonché
vizio di motivazione, ex art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c., poiché
la corte d’appello, una volta accertato che la garanzia era stata
costituita anche per debiti contestualmente creati, avrebbe dovuto
escludere la revocabilità della stessa limitatamente ai detti debiti.
Con il quinto mezzo eccepisce la violazione dell’art. 91 c.p.c.,
nonché vizio di motivazione, ex art. 360, comma primo, n. 5,
c.p.c., lamentando l’erronea parziale compensazione tra le parti
delle spese del primo grado e la condanna al pagamento di quelle
sostenute dalla Proter in appello.
3. Il primo motivo è infondato.
Com’è noto, secondo il consolidato orientamento di questa
Corte, nel giudizio di appello – che non è un novum iudicium – la
cognizione del giudice resta circoscritta alle questioni dedotte
dall’appellante attraverso specifici motivi e tale specificità esige che
alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano
contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il
fondamento logico-giuridico delle prime, non essendo le statuizioni
di una sentenza separabili dalle argomentazioni che le sorreggono.
Ne consegue che, nell’atto di appello, ossia nell’atto che,
fissando i limiti della controversia in sede di gravame consuma il
diritto potestativo di impugnazione, alla parte volitiva deve sempre
accompagnarsi, a pena di inammissibilità del gravame, rilevabile

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non avesse dimostrato la propria inscientia decoctionis.

d’ufficio e non sanabile per effetto dell’attività difensiva della
controparte, una parte argomentativa che confuti e contrasti le
ragioni addotte dal primo giudice, al qual fine non è sufficiente che
l’atto di appello consenta di individuare le statuizioni
concretamente impugnate, ma è altresì necessario, pur quando la
sentenza di primo grado sia censurata nella sua interezza, che le
ragioni sulle quali si fonda il gravame siano esposte con sufficiente

sentenza impugnata (Cass. 27/09/2016, n. 18932; Cass.
27/01/2014, n. 1651; Cass. 13/04/2010, n. 8771; Cass.
18/04/2007, n. 9244).
Nella vicenda in esame la mera lettura dell’atto di appello
formulato dalla Proter, consente di addivenire alla conclusione che
le ragioni di doglianza dell’appellante siano state esposte in
maniera sufficientemente specifica, dovendosi escludere che
attraverso la comparsa conclusionale siano stati in qualche modo
integrati gli originari motivi o addirittura proposti di nuovi; del resto
dalla lettura della sentenza di appello non risulta che la stessa
Sicilcassa ebbe mai a dolersi, nel corso del giudizio, di una
presunta inammissibilità del gravame proposto.
4. Il secondo motivo è infondato.
Va premesso che l’art. 183 c.p.c., nel testo, applicabile ratione
temporis, introdotto dalla legge 26 novembre 1990, n. 353, prima
della novella risalente al d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con
modificazioni dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, al quarto comma,
consentiva all’attore, entro la prima udienza di trattazione, di
proporre le eccezioni e le domande che siano conseguenza della
domanda riconvenzionale o delle eccezioni formulate dal
convenuto, mentre permetteva alle parti, nel termine di cui al
successivo quinto comma, solo la precisazione e la modificazione
delle domande, eccezioni e conclusioni già proposte, ma non la
proposizione di ulteriori e diverse eccezioni e domande.

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grado di specificità da correlare, peraltro, con la motivazione della

Peraltro, come di recente affermato dalle Sezioni Unite di
questa Corte, la “modificazione” della domanda ammessa ex art.
183 c.p.c., può riguardare anche uno o entrambi gli elementi
oggettivi della stessa (petitum e causa petendi), sempre che la
domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda
sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini
la compromissione delle potenzialità difensive della controparte,

15/06/2015, n. 12310).
Ne consegue la sicura ammissibilità della modifica, fino al
deposito della memoria ex art. 183, ultimo comma, c.p.c.
dell’originaria domanda formulata anche in relazione ad uno o più
dei c.d. “fatti principali”, cioè di quei fatti costitutivi, modificativi,
impeditivi o estintivi della pretesa dedotta in giudizio; restano
invece precluse quelle modificazioni della domanda e delle
eccezioni già proposte, che intervengano successivamente alla
scadenza dei termini per il deposito delle memorie ex art. 183
c.p.c., quando esse possano determinare in concreto, attraverso
l’allegazione di nuovi fatti principali, una modifica del petitum o
della causa petendi.
Al contrario, per i c.d. “fatti secondari”, vale a dire per tutti
quegli elementi fattuali dedotti in funzione di prova determinante di
una circostanza principale, essendo all’evidenza inidonei a
modificare il petitum o la causa petendi, non valgono le cennate
preclusioni, potendo fare ingresso nel processo fino alla scadenza
dei termini previsti per le istanze istruttorie e, dunque, nel regime
previgente alla riforma del 2005, almeno fino al deposito delle
memorie ex art. 184, primo comma, c.p.c.
Nella vicenda che ci occupa, allora, come correttamente rilevato
dalla corte d’appello, Proter articolò la domanda riconvenzionale
nella comparsa di risposta in maniera sufficientemente chiara,
deducendo sia il petitum (la declaratoria di inefficacia dell’ipoteca

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ovvero l’allungamento dei tempi processuali (Cass. s.u.

posta a fondamento dell’invocato rango privilegiato), sia la causa
petendi con l’indicazione dei fatti principali costituivi della pretesa
(cioè la revocabilità delle garanzie concesse per debiti preesistenti
non scaduti in forza dell’art. 67, comma primo, n. 3), I.fall., ovvero,
con la consapevolezza del pregiudizio alle ragioni dei creditori, ai
sensi dell’art. 2901 c.c.).
Devono invece ritenersi alla stregua di fatti secondari, tesi a

riconvenzionale per dimostrare la fondatezza della domanda
soltanto con la memoria ex art. 184 c.p.c. (tutti sostanzialmente
tesi a provare, da un lato, la presenza di debiti preesistenti non
scaduti e, dall’altro, l’elemento soggettivo nella revocatoria
ordinaria), come tali di certo idonei a contribuire alla formazione
del thema probandum ma non ad integrare il thema decidendum,
restando così sottratti alle preclusioni di cui al ridetto art. 183,
ultimo comma, c.p.c.
5. Il terzo e il quarto motivo, da esaminare congiuntamente
attesa l’evidente connessione, sono entrambi privi di fondamento.
Avuto riguardo all’eccezione sollevata nella memoria ex art.
378 c.p.c. dalla Sicilcassa, va anzitutto escluso che sui fatti oggetto
dell’odierno processo sia intervenuto giudicato esterno favorevole
alla predetta, per effetto del passaggio in cosa giudicata di altra
sentenza resa dalla corte d’appello di Catania, per la decisiva ed
assorbente considerazione che la detta decisione – come affermato
dalla medesima ricorrente -, risulta essere stata pronunciata tra la
Sicilcassa e altro soggetto giuridico (la FIN.IT . s.p.a.) diverso dalla
odierna controricorrente.
Orbene, la corte d’appello ha ritenuto revocabile ex art. 67,
comma primo, n 3), I.fall. – nel testo applicabile ratione temporis
precedente alla riforma introdotta dal cennato d.l. 14 marzo 2005,
n. 35 – il rogito concluso in data 1.3.1995, in forza del quale la
Proter in bonis concesse ipoteca volontaria sui propri beni in favore

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dimostrare i fatti principali, quelli allegati dall’attrice in

della Sicilcassa, trattandosi di garanzia costituita nel biennio
anteriore alla dichiarazione dello stato di insolvenza della debitrice.
Al riguardo, va osservato che nel caso di atti costitutivi di
garanzie reali, ai sensi dell’originaria disciplina della legge
fallimentare del ’42, la revocatoria delle ipoteche iscritte nel biennio
anteriore alla dichiarazione di fallimento, restava consentita purché
esse fossero state costituite “per debiti preesistenti non scaduti”;

quando invece si fosse trattato di “debiti scaduti”, ai sensi dell’art.
67, primo comma, n 4), I.fall., l’inefficacia restava astretta soltanto
alle garanzie rilasciate entro l’arco temporale di un anno
precedente la dichiarazione di fallimento, come pure nel caso di
debiti “contestualmente creati”, per i quali veniva meno, altresì, ai
sensi dell’art. 67, comma secondo, !Sali., la presunzione di
conoscenza dello stato di insolvenza in capo al beneficiario della
garanzia.
Ora, la distinzione, ancora oggi presente nella legge
fallimentare

riformata,

fra

debiti

“preesistenti”

e

debiti

“contestuali”, ai fini della diversa disciplina stabilita,
rispettivamente, nel primo e nel secondo comma dell’art. 67 I.fall.,
trova la sua ratio nel dato di comune esperienza in forza del quale
la richiesta di una garanzia per un debito contestuale rientra nella
normale prudenza e non costituisce indice di quella conoscenza
dello stato di insolvenza, sulla quale si fonda invece la presunzione
di frode posta dal primo comma del citato art. 67 I.fall. (così già
Cass. 27/01/1968, n. 264).
Come bene ha osservato la corte d’appello, nella vicenda che ci
occupa l’ipoteca oggetto di lite fu costituita a garanzia delle
esposizioni debitorie analiticamente elencate nella convenzione
interbancaria stipulata il 9.2.1995 tra un pool di banche (compresa
la Sicilcassa) e le società che costituivano il c.d. gruppo Costanzo tra le quali rientrava anche la Proter -, in forza della quale venne
prevista non solo l’erogazione in favore delle società del detto

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I

gruppo di nuove linee di credito – riconducibili nell’ambito dei debiti
contestualmente creati – ma anche il “consolidamento” delle
esposizioni debitorie già in essere per mutui e scoperti di conto
corrente, mediante la cristallizzazione del saldo debitorio
complessivo alla data del 30.9.1994 – oltre interessi calcolati a
decorrere dal 1.1.1994 -, e l’espressa previsione di un termine
ultimo per il rimborso del detto saldo consolidato, oltre interessi

Dunque, non v’è da dubitare che accanto a debiti
“contestualmente creati”, nella convenzione del 9.2.1995 vennero
ricompresi anche debiti preesistenti e, tuttavia, per patto espresso,
non ancora scaduti

(rectius

esigibili) alla data della stipula

dell’ipoteca impugnata, essendo stata prevista una precisa
dilazione dei tempi del programmato rimborso, alla stregua di
quello che può definirsi un vero e proprio pactum de non petendo.
La circostanza che l’ipoteca iscritta fosse riferita anche ad
eventuali debiti scaduti ed immediatamente esigibili, ovvero
contestualmente creati, non esclude allora che quella medesima
garanzia sia stata accesa anche per debiti preesistenti, ancorché al
momento della sua costituzione non più immediatamente esigibili,
essendo stati assoggettati alle descritte operazioni di
“consolidamento”.
Né può dirsi che l’esistenza di una pluralità di debiti aventi
diversa natura – taluni scaduti, altri non scaduti, altri ancora
contestuali – garantiti dalla medesima garanzia reale, costituisca
ostacolo alla sua revocabilità ai sensi del richiamato comma primo,
n. 3), dell’art. 67 I.fall., ove ne ricorrano le condizioni anche con
riferimento ad uno solo dei debiti garantiti, perché com’è noto la
garanzia opera per intero con riguardo a ciascuno dei debiti per cui
è costituita (Cass. 25/01/2008, n. 1745).
In altre parole, una volta che l’atto astrattamente
pregiudizievole (nella specie consistente nella costituzione di

9 di 12

convenzionali, entro la data del 31.12.1999.

ipoteca volontaria), risulti intervenuto nel biennio sospetto in
presenza di una pluralità di debiti, tra i quali solo taluni preesistenti
e non esigibili da parte del creditore garantito, ne discende la sua
integrale inefficacia nei confronti della massa dei creditori
fallimentari, non essendo consentita nell’ambito del “sistema
concorsuale” una inopponibilità alla massa dell’atto che viola la par
condicio creditorum solo parziale, in relazione cioè a taluni tra i

Va allora affermato il seguente principio di diritto: “In tema di
revocatoria fallimentare, gli atti costitutivi di titoli di prelazione per
debiti preesistenti non scaduti, sono inefficaci ai sensi dell’art. 67,
comma primo, n. 3), I.fall., anche in presenza di altri debiti
preesistenti e già scaduti ovvero contestualmente creati nei
confronti del titolare della garanzia, restando l’atto pregiudizievole
comunque inopponibile alla massa dei creditori per l’intera
esposizione debitoria garantita”.
Inammissibili, infine, si mostrano tutte le doglianze avanzate da
Sicilcassa in relazione all’elemento soggettivo della dichiarata
revocatoria.
Com’è noto, in tema di revocatoria fallimentare, alla luce della
presunzione iuris tantum stabilita dall’art. 67, comma primo, I.fall.,
non spetta alla curatela dimostrare la conoscenza dello stato di
insolvenza, ma spetta al convenuto in revocatoria fornire la prova
della

inscientia decoctionis,

dimostrando la insussistenza, al

momento dell’atto, di elementi rivelatori dello stato di insolvenza,
ovvero la prova della ricorrenza di circostanze tali da indurre una
persona di normale prudenza e avvedutezza a ritenere che
l’impresa si trovasse in situazione di normale esercizio.
È chiaro poi che la effettiva mancanza di conoscenza dello stato
di insolvenza da parte del terzo contraente può essere provata
anche con indizi e fondata su elementi di fatto, purché idonei a
fornire la prova per presunzioni di tale condizione soggettiva.

10 di 12

crediti concorrenti e non ad altri.

Tuttavia la scelta degli elementi che costituiscono la base della
presunzione ed il giudizio logico con cui dagli stessi si deduce
l’esistenza del fatto ignoto costituiscono un apprezzamento di fatto
che, se adeguatamente motivato, sfugge al controllo di legittimità
(Cass. 19/02/2015, n. 3336).
Orbene, assumendo che la corte d’appello abbia motivato in
maniera insufficiente e contraddittoria gli elementi indiziari in atti,

inammissibile rivalutazione di tutte le risultanze istruttorie che
hanno condotto il giudice del gravame a ritenere, da un lato,
insuperata la presunzione di conoscenza dello stato di insolvenza in
capo alla banca e, dall’altro lato, accertata la sua piena
consapevolezza della effettiva lesività dell’atto costitutivo
dell’ipoteca rispetto alle ragioni del restante ceto creditorio.
6. Il quinto motivo è inammissibile.
Invero in tema di compensazione delle spese processuali ai
sensi dell’art. 92 c.p.c. – nel testo, qui applicabile ratione temporis,
come novellato alla legge 28 dicembre 2005, n. 263 e prima
dell’ulteriore modifica introdotta dalla legge 18 giugno 2009, n. 69
-, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che
non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono
essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi
esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la
valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia
nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di
altri “giusti motivi” (Cass. 31/03/2017, n. 8421; Cass. 19/06/2013,
n. 15317; Cass. 06/10/2011, n. 20457).
Nel caso a mano, allora, la corte d’appello nel regolare le spese
del grado di appello ha fatto applicazione del principio della
soccombenza, atteso che Proter risultava interamente vittoriosa,
con decisione che si sottrae a censure di sorta, mentre ha ritenuto
di compensare in ragione della metà le spese del primo grado, in

in realtà la ricorrente intende sollecitare a questa Corte una

ragione del parziale accoglimento dell’opposizione allo stato passivo
proposta da Sicilcassa, ponendo la restante metà di quelle
sostenute da Proter a carico della prima, rimasta evidentemente
soccombente rispetto alla riconvenzionale spiccata dalla seconda.
7. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.

controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida
in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella
misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed
agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 22 settembre 2017.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della

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