Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27830 del 04/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/12/2020, (ud. 07/10/2020, dep. 04/12/2020), n.27830

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6782-2017 proposto da:

C.P., con domicilio eletto in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato CARLO NUNZIANTE CESARO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6630/2016 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

SEZ. DIST. di SALERNO, depositata il 11/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/10/2020 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO.

 

Fatto

RITENUTO

Che:

1. Il notaio C.P. proponeva ricorso avverso l’avviso di liquidazione notificato il 9 marzo 2012 con cui l’agenzia delle entrate aveva recuperato a tassazione l’imposta le imposte di donazione, ipotecaria e catastale in misura proporzionale in relazione all’atto di istituzione del trust del 21 dicembre 2011 con il quale Ca.Pi., nella qualità di settlor, aveva conferito in detto trust beni di sua proprietà nominando trustee il padre Ca.An. al fine di assicurare ai propri familiari il mantenimento del tenore di vita conservando l’integrità del patrimonio ed aveva istituito quale beneficiario finale se stesso e, qualora egli non avesse potuto o voluto accettare, i suoi figli. Assumeva il ricorrente che in relazione al negozio stipulato era dovuta la sola imposta fissa. La commissione tributaria provinciale di Salerno accoglieva il ricorso. Proposto appello da parte dell’agenzia delle entrate, la commissione tributaria regionale della Campania, sezione distaccata di Salerno, lo accoglievo sul rilievo che la pretesa fiscale era fondata poichè il presupposto della medesima imposta introdotta dal D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2, comma 47, convertito dalla L. 23 novembre 2006, n. 286, era costituito dalla mera costituzione di un vincolo di destinazione su beni per il che l’atto di che trattasi andava assoggettato alla medesima imposta gravante sulle successioni e donazioni.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione il notaio C.P. affidato ad un motivo. L’agenzia delle entrate si è costituita in giudizio con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con l’unico motivo di ricorso il ricorrente dedunce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.L. n. 262 del 2006, art. 2. Sostiene che il presupposto impositivo riferito alla norma di cui all’art. 2, comma 47, cit. va ravvisato solo nel caso in cui con la costituzione del trust si realizzi contestualmente un effetto traslativo dei diritti dal settlor al trustee.

2. Osserva il collegio che si rinvengono nella giurisprudenza di questa Corte due orientamenti. Secondo il primo di essi l’apposizione di un vincolo patrimoniale, pur non determinando il trasferimento di beni ad un beneficiario e l’arricchimento di quest’ultimo, nondimeno è fonte di costituzione di un vincolo di destinazione, sicchè resta assoggettato all’imposta prevista dal D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2, comma 47, convertito dalla L. 23 novembre 2006, n. 286. Ciò in quanto la portata innovativa dell’art. 2, comma 47 cit., secondo cui “E’ istituita l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54”, deve intendersi nel senso che, accanto al tradizionale presupposto impositivo costituito dal trasferimento della proprietà mortis causa o per atto tra vivi, è stato introdotto un autonomo ulteriore presupposto della medesima imposta costituito dalla mera costituzione di un vincolo di destinazione su beni per il che detti atti vanno assoggettati alla medesima imposta gravante sulle successioni e donazioni (Cass. n. 3735 del 24/02/2015; n. 4482 del 7/03/2016; n. 5322 del 18/03/2015; n. 3886 del 25/02/2015; n. 3737 del 24/02/2015; n. 3735 del 24/02/2015). Tale orientamento è basato sull’interpretazione letterale del D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, che stabilisce che è “istituita l’imposta sulle successioni e donazioni” tra l’altro anche “sulla costituzione dei vincoli di destinazione” secondo quelle che erano già le disposizioni dell’abrogato D.Lgs. n. 346 cit. e che sarebbe da leggersi nel senso che oltre alla reintroduzione dell’imposta sulle liberalità sarebbe stata anche ex novo introdotta una nuova autonoma generale imposta “sulla costituzione dei vincoli di destinazione.

Si è andato consolidando in seguito un orientamento di segno opposto secondo cui non può condividersi l’interpretazione letterale del D.L. n. 262, art. 2, comma 47 e ss., nel senso testè riportato osservandosi che l’unica imposta espressamente istituita è stata la reintrodotta imposta sulle successioni e sulle donazioni alla quale per ulteriore espressa disposizione debbono andare anche assoggettati i “vincoli di destinazione”, con la conseguenza che il presupposto dell’imposta rimane quello stabilito dal D.Lgs. n. 346 cit., art. 1, del reale trasferimento di beni o diritti e quindi del reale arricchimento dei beneficiari.

La ratio legis del D.L. n. 262 cit., art. 2, comma 47 e ss., va dunque ravvisata nella volontà di evitare che un’interpretazione restrittiva della istituita nuova legge sulle successioni e donazioni disciplinata mediante richiamo al già abrogato D.Lgs. n. 346 cit. potesse dar luogo alla esenzione da imposizione in caso di reale trasferimento di beni e diritti ai beneficiari quando gli stessi fossero stati contemporaneamente assoggettati a vincoli di destinazione. Tale interpretazione, peraltro, è conforme al principio della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost. realizzandosi il presupposto impositivo in capo al contribuente solo al momento della acquisizione di ricchezza.

Ed è stato riconosciuto che tra gli atti di “costituzione di vincoli di destinazione” di cui all’art. 2, comma 47, cit. rientra anche il trust. Dunque è stato affermato che la costituzione del vincolo di destinazione di cui al D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, conv. in L. n. 286 del 2006, non costituisce autonomo presupposto impositivo, essendo necessario un effettivo trasferimento di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale. Conseguentemente è stato ritenuto che nel caso di trust cd. autodichiarato, ove disponente e trustee coincidono, non ricorre il presupposto del reale arricchimento mediante effettivo trasferimento di beni e diritti, in quanto il disponente beneficerà i suoi discendenti o se stesso, se ancora in vita, al momento della scadenza Cass. n. 8082 del 23/04/2020; n. 16699 del 21/06/2019; n. 19167 del 17/07/2019; n. 31445 del 05/12/2018; n. 21614 del 26/10/2016).

Questo collegio intende dare continuità, condividendone l’assunto, al secondo orientamento di più recente formazione, i cui principi appaiono applicabili anche al caso di specie ove beneficiario finale del trust è lo stesso disponente non realizzandosi, dunque, trasferimento alcuno del diritto di proprietà sui beni conferiti nel trust. L’imposta, invero, non è dovuta al momento della costituzione dell’atto istitutivo o di dotazione patrimoniale, fiscalmente neutri in quanto meramente attuativi degli scopi di segregazione ed apposizione del vincolo, bensì in seguito all’eventuale trasferimento finale del bene a soggetto diverso dal disponente, in quanto solo quest’ultimo costituisce un effettivo indice di ricchezza ai sensi dell’art. 53 Cost..

3. Il ricorso va dunque accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 2, e il ricorso originario del contribuente va accolto. Le spese dell’intero giudizio si compensano in considerazione dei contrastanti orientamenti giurisprudenziali.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario del contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2020

 

 

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