Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2783 del 02/02/2017


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Cassazione civile, sez. II, 02/02/2017, (ud. 19/10/2016, dep.02/02/2017),  n. 2783

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al n.r.g. 13567/12) proposto da:

M.E.D. (c.f.: (OMISSIS)) già titolare della cessata

impresa individuale SINFORD rappresentata e difesa dall’avv. Luigi

Parenti e con domicilio eletto presso lo studio del predetto in

Roma, viale Delle Milizie n. 114, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

S.a.s. SIGMA SISTEMI di L.G. & C. (p.IVA (OMISSIS)) in

persona del legale rappresentante pro tempore L.G.;

rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Angelo Colli ed

elettivamente domiciliata in Roma, alla via Della Farnesina n. 269,

presso lo studio dell’avv. Giuseppe Bandinu, in forza di procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 292/2011 della Corte di Appello di Cagliari –

sezione distaccata di Sassari – deliberata e pubblicata il 18 aprile

2011; non notificata;

Udita la relazione di causa, svolta all’udienza del 19 ottobre 2016

dal Consigliere dr. Bruno Bianchini;

uditi gli avv.ti Alessandro Travia, munito di delega dell’avv. Luigi

Parenti, per la ricorrente, e Giuseppe Bandinu, con delega dell’avv.

Giovanni Angelo Colli, per il controricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dr. Capasso Lucio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – La sas Sigilla Sistemi di G.L. & C. (d’ora in poi indicata come: società Sigilla) citò innanzi al Tribunale di Nuoro la impresa individuale Sinford di E.M. (bine et binde: “impresa Sinford”) per sentirla condannare al pagamento di Lire 52.888.160 quale residuo corrispettivo per l’esecuzione di opere di sistemazione di un impianto elettrico e per l’installazione di apparecchiature di una sala di videoconferenze in Sorgono. Nella dichiarata contumacia della M., la domanda venne accolta e la convenuta condannata al pagamento di Euro 27.314,45.

La M. propose appello deducendo di non aver avuto mai conoscenza della pendenza del giudizio in quanto la notifica della citazione – che doveva per ciò ritenersi nulla – era stata operata in luogo – via (OMISSIS) – ove non aveva la propria residenza e dove neppure aveva sede l’impresa individuale; nel merito sostenne: di non aver mai intrattenuto rapporti con la società Sigma nella qualità di titolare della impresa Sinford; di non aver mai commissionato i lavori oggetto di pretesa di pagamento e che gli stessi erano stati eseguiti da altra società che aveva rilasciato anche le attestazioni di conformità degli impianti. Dal momento che non era stato prodotto il contratto d’opera che avrebbe originato il credito azionato, la Corte di Appello di Cagliari – Sezione distaccata di Sassari – fece eseguire una consulenza per il computo delle opere e, all’esito della stessa, condannò la M. al pagamento della minor somma di Euro 20.918,78.

Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la M., dando atto della cessazione dell’impresa individuale Sinford, facendo valere due motivi di annullamento; la società Sigilla ha svolto controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 1 – Con il primo motivo parte ricorrente censura l’erronea applicazione dell’art. 140 c.p.c. assumendo che il luogo di tentata notificazione – via (OMISSIS) – non sarebbe neppure esistito in Sorgono e che, comunque, colà da tempo non vi sarebbe stata nè la sede dell’attività imprenditoriale nè la propria residenza, entrambe trasferite a (OMISSIS). L’allegazione di fatto sfugge alla valutazione di legittimità della Corte e, per il resto, si sostanzia non già in una censura riguardante i confini applicativi della norma sulle notifiche bensì in una verifica dei suoi presupposti di fatto, positivamente affermati come sussistenti (quanto a toponomastica e rispondenza al vero) dalla Corte distrettuale.

p. 1.a – Sostiene poi la ricorrente che non sarebbe stato prodotto l’avviso di spedizione della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario, constatata la mancata presenza del destinatario, dava atto al predetto di aver depositato presso la casa comunale il plico in raccomandazione: la deduzione però urta con la constatazione che la controricorrente a fol ottavo del proprio atto difensivo, ha espressamente indicato gli estremi di tale seconda raccomandata, assumendone la presenza in atti – nonchè con l’osservazione che la dichiarazione di contumacia presupponeva che fossero state accertate, da parte del Tribunale, tutte le condizioni di legge; il rilievo comunque appare inammissibile perchè, non avendo formato oggetto di esame da parte della Corte territoriale, costituirebbe un’ eccezione sollevata per la prima volta nel giudizio di legittimità; in caso contrario parte ricorrente avrebbe dovuto indicare se ed in quale momento del processo di secondo grado avesse avanzato tale tesi difensiva.

p. 2 – Con il secondo motivo vengono denunciate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1325 e 1418 cod. civ. contestandosi che dagli elementi in atti la Corte territoriale avesse potuto trarre il convincimento della esistenza di un accordo tra essa ricorrente, quale titolare della impresa Sinfor, e la società Sigma: a tal scopo chiede un completo riesame di tutte le emergenze processuali

p. 2.a – Il mezzo è inammissibile perchè tale novellata delibazione avrebbe potuto essere chiesta solo se si fosse denunciato un vizio di motivazione e, soprattutto, se si fosse riportato il contenuto dell’appello al fine di verificare la tempestività delle deduzioni di fatto rispetto al motivo di ricorso; in ogni caso il sollecitato nuovo apprezzamento delle circostanze di fatto sarebbe inibito alla Corte per la struttura stessa del giudizio di legittimità.

p. 3. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 5.700 di cui 200 per esborsi.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione seconda della Corte di Cassazione, il 19 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2017

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