Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27821 del 12/10/2021

Cassazione civile sez. VI, 12/10/2021, (ud. 04/05/2021, dep. 12/10/2021), n.27821

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8447-2020 proposto da:

G.G., elettivamente domiciliata presso la cancelleria

della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e

difesa dall’avvocato CARMELA CAVUOTO;

– ricorrente –

contro

INAIL, ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio dell’avvocato FAVATA EMILIA, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ROMEO LUCIANA;

– controricorrente-

avverso la sentenza n. 3327/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 19/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. BOGHETICH

ELENA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello di Napoli, confeunando la decisione di primo grado, rigettava la domanda proposta contro l’INAIL da G.G., intesa ad ottenere il riconoscimento del diritto alla costituzione di una rendita ai superstiti a seguito della morte del coniuge per carcinoma polmonare, S.C., operaio della Alfacavi/Pirelli di Airola, essendo decorso il termine di prescrizione previsto dall’art. 85 T.U. n. 1124 del 1965.

2. La Corte d’Appello confermava che la ragionevole conoscenza, da parte dei superstiti, che la malattia professionale fosse stata causa o concausa del decesso del de cuius doveva ritenersi integrata al momento del decesso del coniuge (4.9.2006) in quanto in tale momento la malattia era stata compiutamente diagnosticata, era nota la sua gravità, era noto ai superstiti se sussistessero o meno fattori causali non professionali, era possibile accertare – secondo le conoscenze scientifiche e mediche dell’epoca – il nesso eziologico tra la patologia e le condizioni di lavoro; considerata, quindi, come dies a quo della prescrizione la suddetta data, la domanda inoltrata, il 15.6.2012, all’INAIL per conseguire la rendita ai superstiti doveva ritenersi tardiva.

3. Avverso tale decisione G.G. ha proposto ricorso affidato a un motivo e l’INAIL resiste con controricorso.

4. La proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con l’unico motivo la ricorrente si duole (con esposizione liberamente discorsiva) che la Corte territoriale non abbia scrutinato le circostanze di fatto illustrate nel ricorso originario (con particolare riguardo alle condizioni di lavoro presso l’Alfa Cavi di Airola e al decesso di numerosi colleghi di lavoro del Supino), violando dunque l’art. 2697 c.c., in quanto il giudice di merito, pur partendo da un presupposto motivazionale corretto (cioè che la consapevolezza circa l’esistenza della malattia e la sua ofigitie professionale possa desumersi da un fatto noto e da eventi oggettivi ed esterni alla persona) ne ha tratto un convincimento finale errato, vistosamente superficiale in ordine alla consapevolezza del familiare sulla derivazione causale della morte del congiunto. La Corte territoriale si è limitata a richiamare la circostanza temporale dell’avvenuto decesso del Supino, mentre il coniuge ha avuto la conoscibilità della eziologia professionale del tumore del marito solo nell’anno 2012, come compiutamente articolato nell’atto d’appello, a seguito della verbalizzazione dell’indagine dell’ispettorato INAIL.

2. Il motivo, pur presentando plurimi profili di inammissibilità, è manifestamente infondato.

2.1. Il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicché è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegati né collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleata dal codice di rito (cfr. Cass. n. 19959/2014).

2.2. Inoltre, le argomentazioni svolte in ricorso sostanzialmente sollecitano, ad onta del richiamo all’art. 2697 c.c. e a diversi articoli del T.U. n. 1124 del 1965 in esso contenuti, una rivisitazione nel merito della vicenda e delle risultanze processuali affinché se ne fornisca un diverso apprezzamento; si tratta di operazione non consentita in sede di legittimità, ancor più ove si consideri che in tal modo il ricorso finisce con il riprodurre (peraltro in maniera irrituale: cfr. Cass. S.U. n. 8053/14) sostanziali censure ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, a monte non consentite dall’art. 348-ter, comma 1, nn. 4 e 5, essendosi in presenza di doppia pronuncia conforme di merito basata sulle medesime ragioni di fatto circa la ritenuta tardività della contestazione disciplinare.

3. In ogni caso, la sentenza della Corte d’appello si sottrae alle censure sollevate con il ricorso e si conforma all’orientamento assolutamente consolidato in materia (su cui da ultimo v. Cass. n. 12569 del 2020, Cass. n. 2842 del 2018) fissato già nella nota pronuncia di questa Corte di Cass. n. 5090 del 2001 secondo la quale dopo le sentenze nn. 116 del 1969 e 206 del 1998 della Corte Cost. il dies a quo di decorrenza della prescrizione deve essere individuato con riferimento ad uno o più fatti che diano certezza, ricavata anche da presunzioni semplici, della conoscenza da parte dell’assicurato (o dei suoi aventi causa) dell’esistenza dello stato morboso, dell’eziologia professionale della malattia e del raggiungimento della soglia indennizzabile.

4. La Corte territoriale, con valutazione di merito insindacabile in questa sede di legittimità, ha ritenuto che la manifestazione della malattia professionale (rilevante quale dies a quo per la decorrenza del termine prescrizionale di cui al D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 112) poteva ritenersi verificata quando la consapevolezza circa l’esistenza della malattia, la sua origine professionale e il suo grado invalidante erano desumibili da eventi oggettivi ed esterni alla persona dell’assicurato – che costituiscano fatto noto ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c. – ossia al momento del decesso del Supino.

5. Il ricorso, pertanto, va rigettato; nessun provvedimento sulle spese deve essere adottato, stante l’autodichiarazione resa ex art. 152 disp. att. c.p.c. dal ricorrente per la presente fase di legittimità.

6. Poiché il ricorso per cassazione è stato notificato in data successiva al 30 gennaio 2013, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 20012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 4 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2021

 

 

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