Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27821 del 04/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/12/2020, (ud. 24/09/2020, dep. 04/12/2020), n.27821

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6516/14 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i

cui uffici è elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

n. 12;

– ricorrente –

contro

SIVISI S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del liquidatore;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria regionale della

Puglia n. 7/7/13 depositata in data 21 gennaio 2013.

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 settembre

2020 dal Consigliere Dott.ssa Condello Pasqualina Anna Piera.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. L’Agenzia delle entrate proponeva appello avverso la sentenza della Commissione provinciale di Bari che, accogliendo il ricorso della Sivisi s.r.l. in liquidazione, aveva annullato la cartella di pagamento, avente ad oggetto I.V.A., IRPEF e IRAP per l’anno d’imposta 2005, emessa da Equitalia Etr s.p.a. a seguito di controllo automatizzato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis.

2. Integrato il contraddittorio nei confronti del Concessionario per la riscossione (Equitalia Sud s.p.a.), la Commissione regionale della Puglia respingeva l’impugnazione dell’Ufficio.

Dando atto di avere esaminato tutti gli atti contenuti nel fascicolo d’ufficio, rilevava che l’Amministrazione non aveva compiuto una mera attività di liquidazione, ma aveva svolto una attività di tipo accertativo che aveva generato un risultato diverso da quanto dichiarato dalla contribuente nella dichiarazione Modello Unico per l’anno 2005 – considerato che l’Ufficio aveva disposto uno sgravio per un importo di Euro 83.525,80 – con la conseguenza che risultavano violate le norme che imponevano di avviare il contraddittorio con la contribuente e di inviarle l’avviso bonario, come previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5.

In difetto di tale adempimento, riteneva che correttamente i giudici di primo grado avevano dichiarato la nullità della cartella di pagamento.

3. Ricorre per la cassazione della suddetta decisione l’Agenzia delle entrate, con due motivi.

La società contribuente, ritualmente intimata, non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo la difesa erariale, deducendo la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis e L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 5, lamenta che la Commissione regionale ha erroneamente affermato che, nel caso di specie, l’Ufficio avrebbe svolto “attività accertativa”.

Dalle difese svolte emergeva che l’iscrizione a ruolo dei crediti di imposta, successivamente oggetto di sgravio, era corretta, perchè giustificata da un errore commesso dalla contribuente, che aveva effettuato delle compensazioni con dei codici tributi errati, relativi a crediti di imposta che non vantava; era, pertanto, evidente che aveva iscritto a ruolo imposte dichiarate come dovute o indebitamente compensate sulla scorta di quanto emergente dalla sola dichiarazione dei redditi.

Evidenzia, altresì, che è pacifica ed incontestata la circostanza che l’Ufficio avesse provveduto a trasmettere due comunicazioni d’irregolarità, inviate con due distinte raccomandate, una riguardante il modello 770 e l’altra concernente il Modello unico, e che lo sgravio, che ammontava ad Euro 34.871,58 e non ad Euro 83.525,80, atteneva solo a parte del credito di imposta iscritto a ruolo in relazione al Modello unico; per quanto concerneva le ritenute alla fonte dichiarate e non versate, le somme iscritte a ruolo erano state determinate avendo riguardo esattamente a quanto dichiarato dalla contribuente.

2. Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, sottolineando che il giudice d’appello ha omesso di valutare l’idoneità delle comunicazioni inviate alla contribuente ad integrare la comunicazione prevista dalla citata L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, pur essendo pacifico che gli avvisi erano stati regolarmente consegnati.

3. I motivi, che possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi, sono fondati.

3.1. La ricorrente, deducendo che la Commissione regionale, nel ritenere non ottemperato l’adempimento previsto dalla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, avrebbe tralasciato di prendere in considerazione ai fini della decisione le comunicazioni inoltrate alla società contribuente, prospetta in sostanza un “travisamento della prova”.

Questa Corte ha già avuto modo di precisare che la denuncia di travisamento del fatto costituisce motivo di revocazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c. ed è incompatibile con il giudizio di legittimità perchè implica la valutazione di un complesso di circostanze che comportano il rischio di una rivalutazione del fatto, non consentita al giudice di legittimità; a diversa conclusione deve, tuttavia, pervenirsi con riguardo all’ipotesi del travisamento della prova che implica, non una valutazione dei fatti, ma una constatazione o un accertamento che quella informazione probatoria, utilizzata in sentenza, è contraddetta da uno specifico atto processuale.

Evenienza che ricorre quando il ricorrente lamenta il vizio di travisamento delle risultanze processuali e chiede alla Corte di cassazione di esaminare l’atto specificamente indicato perchè si accerti che l’informazione probatoria riportata e utilizzata dal giudice per fondare la decisione sia diversa ed inconciliabile con quella contenuta nell’atto e rappresentata nel ricorso o addirittura non esista nell’atto. In tal caso, il giudice di legittimità non è quindi chiamato a valutare la prova, ma ad accertare il travisamento, ossia l’esistenza di un dato probatorio non equivoco e insuscettibile di essere interpretato in modi diversi ed alternativi (Cass., sez. 1, 25/05/2015, n. 10749; Cass., sez. 6-5, 5/11/2018, n. 28174; Cass., sez. 3, 21/01/2020, n. 1163), sussistendo una contraddittorietà tra il dato esistente in atti e quello preso in considerazione dal giudice.

3.2. Ebbene, la ricorrente, nel sottolineare che a pag. 3 dell’atto di appello era stata posta in rilievo la circostanza della trasmissione, da parte dell’Ufficio, di due comunicazioni d’irregolarità, inviate con due distinte raccomandate – in tal modo ottemperando al disposto di cui all’art. 366 del c.p.c. – evidenzia chiaramente che l’informazione probatoria risultante dalla prova travisata attiene ad un fatto decisivo, acquisito e non valutato dai giudici di merito, capace di condurre ad una diversa decisione e, quindi, ad un fatto idoneo a travolgere la struttura del percorso argomentativo del giudice di merito.

4. La sentenza va, pertanto, cassata con rinvio alla Commissione regionale della Puglia, in diversa composizione, perchè proceda a nuovo esame, oltre che alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2020

 

 

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