Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2782 del 02/02/2017


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Cassazione civile, sez. II, 02/02/2017, (ud. 11/10/2016, dep.02/02/2017),  n. 2782

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3238-2013 proposto da:

IMMOBILIARE ALBERGO FUNICOLARE MIRALAGO SRL, (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio

dell’avvocato LUIGI MANZI, rappresentato difeso dall’avvocato WALTER

PUTATURO;

– ricorrente –

contro

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZA PROLI

PASQUALE 3, presso lo studio dell’avvocato VIVIANA FELLAH,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO FERRI;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI LANZO D’INTELVI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2129/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 13/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/10/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato CALDERARA Gianluca con delega depositata in udienza

dell’Avvocato PUTATURO Walter difensore del ricorrente che si

riporta agli atti depositati;

udito l’Avvocato FERRI Marco, difensore del resistente che si riporta

agli atti depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 20 marzo 2007 B.G., proprietario di un immobile adibito ad attività di ristorazione e bar, con annessi terreno e area cortiliva, in comune di (OMISSIS), conveniva davanti al Tribunale di Como, Sez. Dist. di Menaggio, la società Immobiliare Albergo Funicolare Miralago srl, proprietaria di un immobile confinante con la sua proprietà, sostenendo che la società convenuta aveva realizzato una costruzione in violazione della convenzione conclusa tra le parti il 13 aprile 1971, in sede di conciliazione giudiziale, con la quale era stato costituito in suo favore uno ius non aedificandi sull’area di proprietà della stessa convenuta.

Egli chiedeva, pertanto, la condanna della società convenuta a rimettere in pristino lo stato dei luoghi o, in subordine, a risarcire i danni.

Si costituiva la Immobiliare Albergo Funicolare Miralago srl, la quale contestava la domanda e, sostenendo che la contestata costruzione rientrava in un Programma Integrato di Intervento approvato dall’amministrazione comunale, chiamava in causa il Comune di (OMISSIS), per esserne garantita.

Il Comune di (OMISSIS) si costituiva, eccependo il difetto di giurisdizione dell’autorità giudiziaria adita.

Il Tribunale di Como, Sez. Dist. di Menaggio, con sentenza parziale n. 68/08, dichiarava il difetto di giurisdizione nei confronti dell’amministrazione convenuta e successivamente, con sentenza n. 113/10, accoglieva integralmente la domanda dell’attore di demolizione del costruito e di riduzione in pristino dello stato dei luoghi, mentre rigettava l’ulteriore domanda di risarcimento del danno.

L’Immobiliare Albergo Funicolare Miralago srl appellava tanto la sentenza n. 68/08 quanto la sentenza n. 113/10.

La Corte di Appello di Milano, riunite le cause, nel contraddittorio delle parti, rigettava l’appello contro la sentenza n. 68/08 ed accoglieva in parte quello contro la sentenza n. 113/10, disponendo la condanna della società appellante a demolire i soli manufatti indicati in colore giallo e rosso nella tavola (OMISSIS) allegata alla CTU depositata il 26 novembre 2008.

L’Immobiliare Albergo Funicolare Miralago srl ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo.

B.G. ha resistito con controricorso, mentre il Comune di (OMISSIS) non ha svolto difese.

La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 11.10.16, per la quale tanto la ricorrente quanto il contro ricorrente hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c. e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con un unico motivo la società ricorrente contesta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, in cui la corte territoriale sarebbe incorsa ascrivendole una violazione dello ius non aedificandi di controparte “nella misura rilevata dal CTU e non in quella, minore e/o addirittura inesistente, prospettata dalla difesa dell’Albergo (OMISSIS)” sulla base delle risultanze della tavola n. 4 della sua consulenza di parte (pag. 7 del ricorso).

Il motivo va disatteso.

Le doglianze mosse dalla ricorrente, infatti, consistono in una serie di contestazioni al ragionamento sviluppato nella consulenza tecnica di ufficio, sostanzialmente recepita nella sentenza gravata, che si risolvono nella mera contrapposizione dell’apprezzamento delle risultanze istruttorie operato dalla ricorrente, sulla scorta delle osservazioni del suo consulente di parte, all’apprezzamento delle risultanze istruttorie operato dal giudice territoriale, sulla scorta della consulenza tecnica di ufficio.

La statuizione della sentenza gravata secondo cui “solo i fabbricati o le porzioni di fabbricato insistenti sull’area identificata con reticolo sul colore viola nella planimetria sub (OMISSIS) allegata all’accordo del 13.04.1971 (sostanzialmente quelli colorati in giallo e rosso nella tav. (OMISSIS) della CTU) risultano costruiti ex novo in violazione del vincolo di inedificazione privatistico” (pag. 21 della sentenza) si fonda, infatti, su una motivazione immune da vizi logici e da lacune argomentative.

In particolare, giova rilevare come la Corte distrettuale abbia espressamente esaminato le doglianze mosse dalla società ricorrente all’utilizzo della planimetria allegata sub 3 alla convenzione del 13 aprile 1971 ai fini della valutazione della consistenza del preesistente edificio ed abbia motivatamente disatteso tali doglianze; la Corte territoriale ha fatto propri i rilievi formulati dal CTU, alla cui stregua la suddetta planimetria doveva ritenersi pienamente attendibile perchè, pur essendo stata redatta oltre trent’anni prima, rappresentava la conformazione dei luoghi in maniera “pressochè corrispondente coi rilievi attuali, effettuati con strumenti di precisione” e dava conto dei medesimi caposaldi utilizzati nel rilievo del CTU “certi e presenti oggi come allora”, come il vecchio edificio della funicolare, il fabbricato a monte dell’albergo, quello ove è posta la proprietà del B. e l’edificio all’imbocco del piazzale. La Corte territoriale ha altresì sottolineato come, sempre sulla scorta delle osservazioni del CTU, dovessero giudicarsi irrilevanti le piccole differenze riscontrate nella suddetta tavola rispetto al rilievo celerimetrico, trattandosi di differenze imputabili ad alcune piccole deformazioni, probabilmente derivanti da imperfette fotocopiature.

Ancora, la Corte ambrosiana ha precisato che la planimetria sub 3 allegata all’accordo del 1971 era stata sottoscritta dalle parti ed era da considerare particolarmente attendibile, diversamente dal “verbale di verifica ed asseverazione della consistenza dei fabbricati esistenti” prodotto dalla società ricorrente, che era un atto di parte compiuto in contraddittorio con un tecnico del Comune, ma non con il controinteressato.

A fronte di tale apparato motivazionale, il motivo di ricorso risulta appuntarsi contro le conclusioni a cui è approdato il libero convincimento del giudice di merito e non contro eventuali vizi del percorso formativo di tale convincimento; essa cioè si risolve in una istanza di revisione, da parte della Corte di cassazione, delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito. La censura risulta dunque inammissibile, perchè, come questa Corte ha più volte affermato (cfr. sent. n. 7972/07), nel giudizio di cassazione la deduzione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 non consente alla parte di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata,contrapponendo alla stessa una sua diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito: le censure poste a fondamento del ricorso non possono pertanto risolversi nella sollecitazione di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito, o investire la ricostruzione della fattispecie concreta, o riflettere un apprezzamento dei fatti e delle prove difforme da quello dato dal giudice di merito.

Al riguardo va altresì ricordato che questa Corte ha già chiarito, per un verso, che il motivo di ricorso con cui – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo anteriore alla riforma del 2012 (applicabile nel presente giudizio) – si denuncia la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, deve specificamente indicare il “fatto” controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purchè controverso e decisivo (sent. n. 2805/11); per altro verso, che, in tema di prova, spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonchè la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (sent. n. 16499/09).

Nè, infine, merita accoglimento il rilievo della ricorrente secondo cui il verbale di verifica ed asseverazione della consistenza dei preesistenti fabbricati redatto in contraddittorio tra un tecnico del Comune ed il progettista dell’albergo della società ricorrente, arch. Bo.An., godrebbe di efficacia probatoria privilegiata e, pertanto, avrebbe errato la Corte d’appello a considerarlo una prova “debole”, recessiva davanti al rilievo di cui alla tavola sottoscritta dalle parti ed allegato alla convenzione del 13.4.1971; per un verso, infatti, il ricorrente non indica in forza di quale disposizione normativa il tecnico comunale che ha redatto tale verbale dovrebbe ritenersi autorizzato ad attribuirgli pubblica fede (cfr., per l’esclusione della efficacia probatoria privilegiata dello stato di consistenza redatto dai tecnici comunali nell’ambito della procedura espropriativa, ai sensi della L. n. 2359 del 1865, art. 71, Cass. 8020/00); per altro verso, la Corte territoriale ha esaminato tale verbale, ma lo ha motivatamente ritenuto inidoneo ad inficiare l’attendibilità, ai fini della soluzione della controversia, della planimetria sub 3, risultando quest’ultima sottoscritta dalle parti.

Il ricorso va dunque, in definitiva, rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la società ricorrente a rifondere al contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.500, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, D.Lgs. n. 546 del 1992 si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Si dà atto che la sentenza è stata redatta con la collaborazione dell’Assistente di Studio Dott. C.D..

Così deciso in Roma, il 11 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2017

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