Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27819 del 22/11/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 27819 Anno 2017
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: FALASCHI MILENA

ORDINANZA
sul ricorso 11223-2015 proposto da:
RINALDIS CARI\ IELO, elettivamente domiciliato in RO I\ IA,
PIAZZA CAVOUR, presso la Cancelleria della CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONIO
GIORDANO e VALERIA GRASSO;

– ricorrente contro

Data pubblicazione: 22/11/2017

LA IACONA SALVATORE, elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAVOUR, presso la Cancelleria della CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LIBERO
ARMILLOTTA;

controricorrente

avverso la sentenza n. 6860/2014 del TRIBUNALE di TORINO,
depositata il 21/10/2014;

mAr

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del

19/05/2017

dal Consigliere Dott. MILENA

FALASCHI.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Carmelo Rinaldis chiedendo la restituzione della somma di curo 3.060,00
asseritamente versata in eccesso rispetto al dovuto a titolo di compenso per
l’espletamento di un incarico di progettazione e di realizzazione di interventi

edilizi su un immobile di sua proprietà.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del convenuto, che si riservava di
agire in altra sede per chiedere il pagamento di ulteriori somme dovutegli, il
giudice adito rigettava la domanda attorea.
In virtù di rituale impugnazione interposta dal La Iacona, il Tribunale di
Torino, nella resistenza

dell’appellato,

in accoglimento del gravame,

condannava il Rinaldis a restituire all’appellante la somma di euro 2.726,00.
Per la cassazione della sentenza di appello del Tribunale di Torino ricorre
ling. Rinaldis sulla base di un unico motivo, cui resiste con controricorso il La
Iacona.
Ritenuto che il ricorso potesse essere respinto, con la conseguente definibilità
nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375, comma 1, n. 5),
c.p.c., su proposta del relatore, regolarmente comunicata ai difensori delle
parti, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.
Parte ricorrente ha anche curato il deposito di memoria illustrativa.

Atteso che:
l’unico motivo di ricorso (col quale è dedotto l’omesso esame circa un fatto

decisivo per il giudizio, per non aver il Tribunale considerato che nel
disciplinare d’incarico non risultavano contemplati i “rilievi dello stato dei
Ric. 2015 n. 11223 sez. M2 – ud. 19-05-2017
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Salvatore La Iacona evocava, dinanzi al Giudice di pace di Moncalieri ling.

luoghi” e gli “incontri con i confinanti”) è inammissibile, in quanto sottopone

alla Corte — nella sostanza — profili relativi al merito della valutazione delle
prove, che, rilevando sotto il profilo della motivazione, sono insindacabili in
sede di legittimità.
Infatti essendo stata la decisione impugnata depositata dopo 1’11 settembre

del d.l. 22 giugno 2012 n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012 n. 134, che, come
affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, «deve essere interpretata, alla
luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al
“minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.
Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si
tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente
all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della
sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto
materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile
tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed
obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice
difetto di “sufficienza” della motivazione» (Cass. Sez. Un. n. 8053 del 2014).
La nuova formulazione dell’art.

360, n. 5, c.p.c.,

ha introdotto

nell’ordinamento «un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo
all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza
risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito
oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se
esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne
consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo
comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, c.p.c., il ricorrente deve indicare il
“fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale,
da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto
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2012, l’art. 360, n. 5, c.p.c. va applicato nella riformulazione operata dall’art. 54

di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che
l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso
esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato
comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non
abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie» Cass. Sez.Un. n. 8053 del

Nella specie, nel mentre deve senz’altro escludersi la configurabilità della
motivazione apparente, deve del pari rilevarsi che la censura non evidenzia un
fatto storico non preso in esame dalla decisione impugnata, giacchè il giudice
del gravame, prendendo espressamente in considerazione i fatti denunciati
con il presente motivo, ha, con argomentazioni congrue dal punto di vista
logico, ricompreso il “rilievo dello stato dei luoghi” e l’ “attività conciliativa”
svolti dall’ing. De Rinaldis nell’ambito dell’attività di progettazione già
compensata con l’importo di euro 1.000,00, evidenziando altresì, con

riferimento alla seconda attività, che difettava una espressa pattuizione tra le
parti e che il tipo di impegno richiesto (tre riunioni per una durata di tempo
non specificata) deponeva nel senso della mancanza di autonomia della stessa.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è
rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17,
della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha
aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R 30
maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per la stessa impugnazione.

Ric. 2015 n. 11223 sez. M2 – ud. 19-05-2017
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2014, cit.).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali del giudizio di

oltre alle spese forfettarie e agli accessori come per legge.
sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito
dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del
comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2^ Sezione Civile, il 19
maggio 2017.

legittimità che liquida in complessivi 1.200,00, di cui E. 200,00 per esborsi,

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