Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27817 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/10/2019, (ud. 27/06/2019, dep. 30/10/2019), n.27817

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10854/2014 R.G. proposto da:

Dexia Crediop s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale G. Mazzini n. 11

presso lo studio degli avv.ti Gabriele Escalar e Vittorio Giordano,

che la rappresentano e difendono giusta procura a margine del

ricorso

– ricorrente –

Contro

Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 250/21/13 della Commissione tributaria

regionale di Roma 21, depositata in data 22 ottobre 2013;

letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale Ettore

Pedicini che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 giugno

2019 dal Consigliere Paolo Fraulini.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Commissione tributaria regionale per il Lazio in Roma ha confermato la sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto da Dexia Crediop s.p.a. avverso il silenzio-rifiuto serbato l’31rt

dall’Amministrazione sull’istanza di rimborso Iva e Irap relativo all’anno di imposta 2008.

2. Ha rilevato il giudice di appello che la previsione dell’indeducibilità nella misura del 3% del totale degli interessi passivi e degli oneri assimilabili di cui al D.L. n. 112 del 2008, art. 82, comma 1, convertito dalla L. n. 133 del 2008, perfettamente legittima e non incorre in sospetta incostituzionalità, potendo la capacità contributiva essere stabilita dal legislatore sulla base di parametri oggettivi, purchè non arbitrari, circostanza estranea al caso di specie.

3. Per la cassazione della citata sentenza Dexia Crediop s.p.a. ricorre con tre motivi, resistiti dall’Agenzia delle Entrate con controricorso.

4. Le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso lamenta:

a. Primo motivo: “Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 53 Cost. nonchè dell’art. 96, comma 5-bis del TUIR, e del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 82, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62” deducendo l’incostituzionalità della normativa invocata, in quanto comporterebbe il prelievo dell’Ires su una ricchezza inesistente, con un presupposto impositìvo difforme da quello individuato dalla normativa istitutiva del tributo, generante una disparità irragionevole nel trattamento di banche e industrie e comunque una plurima imposizione degli interessi passivi sostenuti.

b. Secondo motivo: “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446, art. 6, comma 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62”, deducendo l’illegittimità costituzionale della normativa invocata in quanto l’imposta non terrebbe conto della effettiva capacità contributiva del soggetto passivo.

c. Terzo motivo: “Nullità della sentenza per omessa pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62” deducendo l’omissione di pronuncia in relazione alla domanda di restituzione delle somme indebitamente versate per effetto della mancata deduzione del 3 per cento dei differenziali negativi derivanti dai contratti di copertura del rischio di variazione dei tassi di interesse.

2. L’Agenzia delle Entrate argomenta l’inammissibilità del ricorso, di cui chiede comunque il rigetto.

3. Il ricorso va respinto.

4. I primi due motivi, che per la loro sostanziale identità possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati. Ed invero le questioni di costituzionalità ivi sollevate appaiono manifestamente infondate ove si consideri che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 156 del 2001 ha chiarito che, la capacità contributiva può essere desunta da qualsiasi indice, discrezionalmente scelto dal legislatore, che sia rivelatore di ricchezza e non solamente dal reddito individuale. Nel caso dell’IRAP, non irrazionalmente il legislatore ha individuato quale nuovo indice di capacità contributiva, diverso da quelli utilizzati ai fini di ogni altra imposta, il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate. Ne consegue che non è fondata, con riferimento all’art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 2,4,8 e 11, nella parte in cui fissano i presupposti d’imposta e determinano la base imponibile dell’IRAP. Con tali presupposti va rilevato che il legislatore, allorquando ha identificato una fonte di ricchezza nella potenzialità economica dei soggetti bancari, fissando un limite alla deducibilità degli interessi passivi a fini Ires, e conseguenzialmente a fini Irap, ha inteso proprio identificare, nell’ambito della propria discrezionalità, non sconfinante in arbitrio e perciò non incostituzionale (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15341 del 6/6/2019, in fattispecie analoga, sicchè non v’è alcuna esigenza di rimettere nuovamente la questione alla pubblica udienza, come chiesto dalla ricorrente nella memoria), un indice di ricchezza, connesso alle attività finanziate con il ricorso al credito da parte dei soggetti bancari. Ne consegue l’estensione dell’indeducibilità anche alle diverse forme di finanziamento per l’esercizio dell’attività bancaria, ivi compreso il ricorso a strumenti finanziari per la copertura del rischio di mancato rimborso, è del tutto coerente con la legittimità della limitazione, trattandosi di specificazioni di un medesimo obbligo, come questa Corte ha già avuto modo di argomentare in tema di identificazione della base imponibile a fini Irap (Sez. 5, Sentenza n. 30149 del 15/12/2017). Quanto, infine, alla pretesa disparità di trattamento tra soggetti bancari e industriali, la stessa si palesa manifestamente infondata, per la diversità dei presupposti su cui si basa la tassazione dei soggetti industriali rispetto a quelli bancari, per i quali ultimi vigono come è noto una serie di norme prudenziali a garanzia dell’attività di rilevanza pubblica dell’attività da essi svolta, sicchè il tertium comparationis è manifestamente incongruo.

5. Il terzo motivo di ricorso è infondato. Invero, dalla lettura della sentenza impugnata, si evince con chiarezza che la questione della formulazione della domanda inerente all’estensione della indeducibilità degli interessi passivi anche alle forme accessorie di garanzia – tra cui i derivati di copertura – è stata percepita dai giudici di secondo grado, che l’hanno espressamente indicata a pagina 2 della sentenza come oggetto di motivo di appello. E a tale domanda i giudici di secondo grado hanno fornito risposta, laddove a pag. 4 della sentenza hanno argomentato che la normativa sospettata di incostituzionalità si applicasse invece del tutto legittimamente anche agli oneri accessori assimilabili agli interessi passivi sull’indebitamento. Ne consegue che il denunciato vizio di nullità della sentenza per infrapetizione non sussiste.

6. La soccombenza regola le spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna Dexia Crediop s.p.a. al pagamento, in favore della Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 40.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 27 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019

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