Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27816 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/10/2019, (ud. 12/06/2019, dep. 30/10/2019), n.27816

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. FICHERA Giusep – rel. Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26269/2015 R.G. proposto da:

Z.G. (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso dall’avv.

Vincenzo Petralia, elettivamente domiciliato presso il suo studio,

in Catania via Verona 62.

– ricorrente –

contro

Riscossione Sicilia s.p.a. (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv.

Alessandro Furci, elettivamente domiciliata presso lo studio della

sig.ra Antonia De Angelis, in Roma via Portuense 104.

– controricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate (C.F. (OMISSIS)), in persona del direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello

Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici in Roma via

dei Portoghesi 12.

– controricorrente e ricorrente in via incidentale –

avverso la sentenza n. 2827/18/2014 della Commissione Tributaria

Regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, depositata il

giorno 25 settembre 2014.

Sentita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 12

giugno 2019 dal Consigliere Dott. Fichera Giuseppe.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Z.G. impugnò due intimazioni di pagamento notificate da Serit Sicilia s.p.a., relative ai carichi portati da cartelle di pagamento per l’IVA non versata dal contribuente.

Avverso la sentenza di primo grado che accolse integralmente l’impugnazione, l’Agenzia delle Entrate propose due separati appelli; la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, con sentenza depositata il giorno 25 settembre 2014, rilevato che uno dei gravami proposto dall’Agenzia delle Entrate era stato rinunciato dall’appellante, accolse l’altro, dichiarando inammissibile il ricorso del contribuente perchè proposto senza avere impugnato le cartelle di pagamento in precedenza notificate dal concessionario della riscossione.

Avverso la detta sentenza, Z.G. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui rispondono con controricorso Riscossione Sicilia s.p.a. – già Serit Sicilia s.p.a. – e l’Agenzia delle Entrate, che ha altresì proposto ricorso incidentale condizionato affidato ad un unico mezzo.

Il ricorrente principale ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, occorre rilevare la tardività della memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c. depositata dal ricorrente, in quanto essendo stata inviata a mezzo posta, rileva la data della sua ricezione da parte della cancelleria (5 giugno 2019), e non quella della spedizione, essendo inapplicabile analogicamente l’art. 134 disp. att. c.p.c., comma 5, il quale consente di dare per avvenuto il deposito nel giorno della spedizione esclusivamente con riferimento al ricorso ed al controricorso (Cass. 27/11/2018, n. 30592).

2. Con il primo motivo deduce Z.G. la violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 53 e 60 in quanto la commissione tributaria regionale erroneamente non ha dichiarato inammissibili entrambi i gravami proposti dall’Agenzia delle Entrate; il primo perchè ex lege sostituito dal secondo e quest’ultimo poichè espressamente rinunciato dall’appellante.

3. Con il secondo motivo si duole della violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 51 e dell’art. 327 c.p.c., poichè il giudice di merito ha ritenuto che l’appellante potesse liberamente rinunciare ad uno dei due gravami proposti, anche dopo lo spirare del termine per proporre appello avverso la sentenza di primo grado.

4. Con il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 306 c.p.c., atteso che la commissione tributaria regionale ha ritenuto validamente rinunciato il secondo appello, nonostante l’atto di rinuncia non fosse stato mai notificato alla parte appellata.

4.1. I primi tre motivi, connessi per l’oggetto e meritevoli di trattazione congiunta, sono tutti manifestamente infondati.

Come osservato dalla controricorrente, a differenza di quanto affermato dal ricorrente il secondo appello – quello iscritto al n. 4782/2010 r.g. – risulta definito con un decreto presidenziale di estinzione, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 44, u.c., che non venne impugnato da alcuno; dunque, non vi è luogo per discutere dell’ammissibilità o meno del primo appello piuttosto che del secondo, per l’assorbente considerazione che la commissione tributaria – nella sentenza qui impugnata – ha preso in esame l’unico gravame formulato dall’Agenzia delle Entrate ancora pendente (quello iscritto al n. 4739/2010 r.g.).

Va ricordato poi, per completezza di ragionamento, che in forza del principio generale del processo civile della consumazione del potere di impugnazione, una volta che la parte abbia esercitato tale potere, essa esaurisce la facoltà di critica della decisione che lo pregiudica, senza che possa proporre una successiva impugnazione, salvo che la prima impugnazione sia invalida, non sia stata ancora dichiarata inammissibile o improcedibile e venga rispettato il termine di decadenza previsto dalla legge (Cass. 29/09/2017, n. 22929; Cass. 29/11/2016, n. 24332).

Dunque, tra due appelli proposti dall’amministrazione finanziaria l’uno successivamente all’altro, è certamente il secondo e non il primo (id est quello che ha dato luogo alla sentenza impugnata), che avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile dal giudice di merito, ove non fosse stato comunque rinunciato dall’appellante, come è avvenuto nel caso concreto.

4.2. Inammissibile, infine, per difetto di qualsivoglia interesse, la doglianza avverso il provvedimento impugnato, nella parte in cui ha preso atto dell’avvenuta rinuncia dell’appellante al distinto ricorso iscritto al n. 4782/2010 r.g., trattandosi peraltro di un giudizio come ricordato prima – ormai definito dal decreto presidenziale che ne ha dichiarato l’estinzione, qui ovviamente non più censurabile.

5. Con il quarto mezzo lamenta violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, atteso che il giudice di merito ha ritenuto ammissibile l’eccezione dell’Agenzia delle Entrate formulata per la prima volta nel giudizio di appello, concernente l’inammissibilità del ricorso originario del contribuente.

5.1. Il motivo è manifestamente infondato.

Va ricordato, anzitutto, che in tema di contenzioso tributario, è consolidato l’orientamento di questa Corte, a tenore del quale l’inammissibilità del ricorso introduttivo è sempre rilevabile di ufficio dal giudice in ogni stato e grado del giudizio (Cass. 31/03/2011, n. 7410; Cass. 30/12/2010, n. 26391).

Dunque, la commissione tributaria regionale avrebbe potuto, anche in difetto di espressa eccezione dell’appellante, rilevare l’inammissibilità del ricorso originario, a fronte della mancata tempestiva impugnazione delle cartelle di pagamento che costituivano l’atto presupposto di quello impugnato dal contribuente.

Va osservato, peraltro, come esattamente rilevato anche dalla odierna controricorrente, che l’Agenzia delle Entrate già nella memoria di costituzione in primo grado aveva formalmente eccepito l’inammissibilità del ricorso del contribuente, perchè le relative cartelle di pagamento non erano state impugnate nel termine di rito decorrente dalla loro avvenuta notifica; dunque, nessuna eccezione nuova può dirsi formulata con l’atto di appello di cui discute.

6. Il ricorso incidentale condizionato proposto dall’Agenzia delle Entrate resta assorbito.

7. Le spese seguono la soccombenza. Sussistono i presupposti per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Respinge il ricorso principale, assorbito l’incidentale. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna delle controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida per ciascuna di esse in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese generali al 15% ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 12 giugno 2019.

Depositato in cancelleria il 30 ottobre 2019

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