Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27811 del 22/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 27811 Anno 2017
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: AMENDOLA FABRIZIO

ORDINANZA

sul ricorso 10732-2013 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI 47, presso lo
studio dell’avvocato ANGELO PANDOLFO, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017

LEPORE FABIO;

3389

avverso

la

sentenza n.

6921/2012

intimato

della CORTE

D’APPELLO di ROMA, depositata il 18/10/2012 R.G.N.
7902/10;

Data pubblicazione: 22/11/2017

R.G. n. 10732/2013

RILEVATO

che con sentenza in data 18 ottobre 2012 la Corte di Appello di Roma, in riforma
della pronuncia di primo grado, ha dichiarato la nullità della clausola appositiva
del termine al contratto per ragioni sostitutive di personale inquadrato nell’area
operativa ed addetto al servizio di recapito presso la filiale di Benevento, polo

Poste Italiane Spa, nonché la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a
tempo indeterminato, con condanna della società al risarcimento del danno pari a
4 mensilità della retribuzione globale di fatto, oltre accessori con decorrenza dalla
scadenza del termine originariamente apposto al contratto;
che avverso tale sentenza Poste Italiane Spa ha proposto ricorso affidato a
plurimi motivi, cui non ha opposto difese il Lepore benché intimato il 18 aprile
2013;

CONSIDERATO

che il primo motivo, con cui si denuncia violazione e falsa applicazione di norme
di diritto, in particolare dell’art. 1372 c.c., nonché omessa motivazione, per avere
la Corte territoriale respinto l’eccezione di inammissibilità della domanda attorea
avanzata dalla società per intervenuta risoluzione consensuale del contratto, è
infondato per inidoneità del solo decorso del tempo, in assenza di circostanze
significative di una chiara e comune volontà delle parti contraenti di porre
definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo (tra le altre: Cass. n. 1780 del
2014; Cass. n. 13535 del 2015; Cass. n. 25844 del 2015), trattandosi comunque
di valutazione del significato e della portata del complesso di elementi di fatto di
competenza del giudice di merito (Cass. SS.UU. n. 21691 del 2016, in
motivazione, punto 57; Cass. n. 2906 del 2015) le cui conclusioni non sono
censurabili in sede di legittimità se non sussistono, come nella specie, vizi logici o
errori di diritto (Cass. n. 16932 del 2011);
che con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c.,
“motivazione omessa su un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, con

i

corrispondenza Lazio, per il periodo 2.10.2003 – 31.12.2003, tra Fabio Lepore e

R.G. n. 10732/2013

riferimento alla sussistenza delle ragioni sostitutive indicate nella causale del
contratto di assunzione a termine”;
che

il gravame non può trovare accoglimento, atteso che tende ad una

rivalutazione della quaestio facti di competenza del giudice del merito circa la
prova della sussistenza delle ragioni poste a fondamento del termine,
trascurando di considerare che la sentenza impugnata è sottoposta,
temporis,

ratione

al regime del novellato art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., così come

2014 ed il motivo in esame risulta largamente inosservante degli enunciati ivi
espressi;
che il terzo motivo, con cui si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art.
2119 c.c. “con riferimento alla insussistenza di una valida ragione giustificativa
per poter recedere dal contratto a termine”, è inammissibile per il suo carattere
di novità, non risultando affrontata la questione nella sentenza impugnata (Cass.
SS. UU. n. 2399 del 2014; Cass. n. 2730 del 2012; Cass. n. 20518 del 2008;
Cass. n. 25546 del 2006; Cass. n. 3664 del 2006; Cass. n. 6542 del 2004);
che il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 32, co. 5, I.
n. 183 del 2010, con riferimento alla quantificazione della indennità risarcitoria
onnicomprensiva nonché motivazione omessa sul medesimo fatto;
che la censura non è fondata in ragione del principio secondo cui “in tema di
contratto a termine, la determinazione, tra il minimo e il massimo, della misura
dell’indennità prevista dall’art. 32, comma 5, della legge 4 novembre 2010, n.
183 – che richiama i criteri indicati dall’art. 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604 spetta al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per
motivazione assente, illogica o contraddittoria” (per tutte: Cass. n. 7458, n. 6122
e n. 1320 del 2014), vizi motivazionali che il Collegio nella specie non riscontra;
che, conclusivamente, il ricorso deve essere respinto, senza provvedere sulle
spese in difetto di attività difensiva dell’intimato, ma, poiché il ricorso per
cassazione risulta nella specie notificato in data 18 aprile 2013 occorre dare atto
della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del
2002, come modificato dall’art. 1, co. 17, I. n. 228 del 2012;

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

9

rigorosamente interpretato dalle Sezioni Unite con le sentt. nn. 8053 e 8054 del

R.G. n. 10732/2013
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso nella Adunanza camerale del 20 luglio 2017
Il Presidente

11Funalonatio Giudiziari
Dott.ssago

Dott. Vittorio Nobile

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