Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27810 del 22/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 27810 Anno 2017
Presidente: D’ANTONIO ENRICA
Relatore: CAVALLARO LUIGI

ORDINANZA
sul ricorso 8486-2012 proposto da:
LANZILLOTTA LUCIA, LANZILLOTTA FILIPPO, LANZILLOTTA
LEONARDO, in qualità di eredi di LANZILLOTTA NICOLA,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CONFALONIERI 1,
presso lo studio dell’avvocato CARLO CIPRIANI, che li
rappresenta

e

difende

all’avvocato

unitamente

FRANCESCO PANNARALE, giusta delega in atti;
– ricorrenti –

2017
3366

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
C.F. 80078750587, in persona del suo Presidente e
legale rappresentante pro tempore,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

Data pubblicazione: 22/11/2017

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto rappresentato e
difeso dagli avvocati MAURO RICCI, CLEMENTINA PULLI,
EMANUELA CAPANNOLO, giusta delega in atti;
– controricorrente nonchè contro

80415740580,

in

persona del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA,
VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’ AVVOCATURA GENERALE
DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– resistente –

avverso la sentenza n. 5316/2011 della CORTE D’APPELLO
di BARI, depositata il 03/10/2011 R.G.N. 2618/2009.

MINISTERO ECONOMIA FINANZE C.F.

RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata il 3.10.2011, la Corte d’appello di Bari ha
confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la domanda
di Nicola Lanzillotta volta a conseguire l’indennità di accompagnamento;
che avverso tale pronuncia gli eredi di Nicola Lanzillotta hanno proposto

con memoria;
che l’INPS ha resistito con controricorso, mentre l’Avvocatura dello Stato
ha depositato atto di costituzione senza svolgere ulteriore attività
difensiva;
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con l’unico motivo di censura, parte ricorrente lamenta vizio di
motivazione per avere la Corte di merito disatteso le risultanze della
consulenza tecnica disposta in sede di gravame, che aveva riconosciuto
la sussistenza a carico del de cuius delle condizioni invalidanti utili ai fini
del riconoscimento del beneficio fatto valere in giudizio, sul rilievo che
non fossero emersi fatti obiettivi di rilievo rispetto a quelli accertati in
prime cure, nonostante che in appello fossero stati depositati copia di
cartella clinica relativa al ricovero del de cuius in data 10.1.2008, in cui
si attestava che egli non deambulava autonomamente, e un certificato
dell’Azienda Sanitaria Locale di Bari, che gli prescriveva un
deambulatore su quattro ruote con appoggio antibrachiale;
che, ai fini

della concessione del

beneficio dell’indennità di

accompagnamento, l’art. 1, I. n. 18/1980, richiede la contestuale
presenza di una situazione di invalidità totale e, alternativamente,
dell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un
accompagnatore oppure dell’incapacità di compiere gli atti quotidiani
della vita con necessità di assistenza continua (cfr. da ult. Cass. n.
15882 del 2015), di talché in tanto si può al riguardo invocare l’omesso
e/o insufficiente e/o contraddittorio esame di un fatto decisivo in quanto
il fatto possieda l’attitudine a caratterizzare come permanente
l’incapacità di deambulare e/o di compiere gli atti quotidiani della vita;
che dal tenore del ricorso non è dato comprendere se la non
deambulazione fosse stata constatata all’atto del ricovero o era
persistita all’atto delle dimissioni, né si specifica quanto tale ricovero
sarebbe durato, mentre del certificato dell’Azienda Sanitaria Locale, di

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ricorso per cassazione, deducendo un unico motivo di censura illustrato

cui peraltro nemmeno si chiarisce in quale luogo del fascicolo
processuale e/o di parte si troverebbe, non è dato sapere quando
sarebbe stato rilasciato e in virtù di quale accertamento obiettivo;
che codesta lacunosa esposizione della censura rende il motivo
inammissibile per difetto di specificità, costituendo principio consolidato

cassazione, che intenda dolersi dell’omessa od erronea valutazione di un
documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere, imposto
dall’art. 366, comma 1°, n. 6, c.p.c., di produrlo agli atti, indicando
esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di
parte si trovi il documento in questione e di indicarne il contenuto,
trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso (cfr. da ult. Cass. n. 19048
del 2016);
che a diverse conclusioni non è dato pervenire nemmeno considerando il
tenore del Protocollo di intesa sottoscritto dal Primo Presidente di questa
Corte e dal Presidente del Consiglio Nazionale Forense in data
17.12.2015, secondo il quale «il rispetto del principio di autosufficienza
non comporta un onere di trascrizione integrale nel ricorso o nel
controricorso di atti o documenti ai quali negli stessi venga fatto
riferimento», dal momento che, indipendentemente dalla

vexata

quaestio circa la rilevanza giuridica dei protocolli in materia processuale,
il difetto dianzi riscontrato attiene alla mancanza di specificità del fatto il
cui omesso esame è stato dedotto come avente rilievo decisivo ai fini del
giudizio e lo stesso Protocollo cit. non manca naturalmente di precisare
che «ciascun motivo di ricorso [deve] rispond[ere] ai criteri di specificità
imposti dal codice di rito»;
che il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, provvedendosi come
da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della
soccombenza;
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla
rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore di parte
controricorrente, che si liquidano in C 2.200,00, di cui C 2.000,00 per
compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di
legge.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 19.7.2017.

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nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui il ricorrente per

IL PRESIDENTE
Enr D’ATnio

Il Funzionario Giudiziario
Dott.ssa Dotiater—,

C

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