Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27810 del 12/12/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 27810 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: GARRI FABRIZIA

ORDINANZA
sul ricorso 1720-2012 proposto da:
VIGLIATURO MARCELLO VGLMCL77L27D005I, elettivamente
domiciliato in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avv. SISCA SALVATORE, giusta procura
speciale in calce al ricorso;

– ricorrente contro
POSTE ITALIANE SPA 97103880585 – società con socio unico – in
persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale
rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO
LUIGI, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del
controricorso;
– C011tfOlíCOITC11te –

Data pubblicazione: 12/12/2013

avverso la sentenza n. 372/2011 della CORTE D’APPELLO di
POTENZA del 22.9.2011, depositata il 29/09/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. GIULIO

FATTO E DIRITTO

Con ricorso notificato il 21 dicembre 2011, Marcello
Vigliaturo chiede, con due motivi, la cassazione della sentenza
depositata il 29 settembre 2011 e avviata alla notifica a mezzo del
servizio postale il successivo 13 ottobre, con la quale la Corte
d’appello di Potenza, confermando la decisione di primo grado, ha
respinto le sue domande di impugnazione del licenziamento per
giusta causa, comunicatogli dalla datrice di lavoro Poste Italiane
s.p.a. con lettera del 4 agosto 2008, a seguito della contestazione
disciplinare del 7 luglio precedente, contenente l’addebito di avere
registrato in data 31 marzo 2008, alla presenza di testimoni
(carabinieri), attraverso il lettore delle presenze i badges dei
dipendenti applicati all’ufficio di cui era responsabile, “apponendo
così la marcatura in entrata dei suoi colleghi e, in tal modo,
certificando l’inizio dell’attività lavorativa dei medesimi pur
essendo gli stessi, in effetti, assenti al predetto orario”.
I motivi di ricorso attengono a:
1 — vizio di motivazione sulla valutazione della prova e
violazione dell’art. 27 Cost.;
2 — Omessa pronuncia su di un punto decisivo della
controversia. Violazione artt. 112 c.p.c. e 7 L. n. 300/70. Erronea
applicazione degli artt. 342 e 434 c.p.c.
Ric. 2012 n. 01720 sez. ML – ud. 24-10-2013
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ROMANO.

Resiste alle domande la società con rituale controricorso.
Il procedimento è regolato dagli artt. 360 e segg. c.p.c. con le
modifiche e integrazioni successive, in particolare quelle apportate
dalla legge 18 giugno 2009 n. 69.

Ed infatti col primo motivo, il ricorrente lamenta la
mancata specificazione da parte della Corte territoriale delle
ragioni di rigetto del primo motivo di appello, relativo alla
inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dallo stesso ricorrente in
sede di giudizio penale promosso “in parallelo” per truffa aggravata
e alla violazione dell’art. 27 Cost.
Quanto al primo profilo, la Corte territoriale ha viceversa
affermato che il giudice di primo grado non aveva in alcun modo
utilizzato tali dichiarazioni in sede penale, ma le risultanze
dell’ampia istruttoria testimoniale e documentale svolta,
affermazione che il ricorrente contesta solo genericamente, vale a
dire senza dedurre, per invalidare la motivazione della sentenza
impugnata con ricorso per cassazione, specifici fatti della
controversia autonomamente dotati di una forza esplicativa o
dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l’intero

Ritiene la Corte di condividere le considerazioni contenute
nella relazione depositata ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

ragionamento svolto dal giudicante e senza contestare l’istruttoria e
deducendo unicamente che il giudizio sarebbe stato fondato sugli
atti del P.M., senza mai peraltro indicare se, come e quando tali
atti siano stati acquisiti al giudizio civile.
Sotto il secondo profilo il ricorrente ribadisce che la sanzione
disciplinare non avrebbe potuto essergli irrogata in pendenza di un
processo penale per i medesimi fatti, valendo anche nel processo
Ric. 2012 n. 01720 sez. ML – ud. 24-10-2013
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civile la presunzione di innocenza fino alla condanna dell’imputato
con sentenza passata in giudicato.
A tale motivo di appello, la Corte territoriale ha correttamente
risposto che la presunzione di innocenza dell’imputato riguarda
appunto quest’ultima figura, vale a dire è regola esclusiva del
fatti disciplinarmente rilevanti nell’esercizio dei poteri datoriali,
come operato dalla società.
Infine, il ricorrente lamenta la mancata sospensione del
processo civile. Non avendo peraltro dedotto di avere
tempestivamente proposto tale richiesta nel giudizio di merito, la
relativa censura appare proposta per la prima volta in questa sede,
ove pertanto non può essere presa in esame.
Il motivo è pertanto manifestamente infondato.
Col secondo motivo, il Vigliaturo censura la sentenza, in
quanto la Corte territoriale non avrebbe in alcun modo preso in
considerazione il motivo di appello che aveva lamentato l’omesso
esame delle doglianze da lui svolte in primo grado e trascurate dal
relativo giudice, omettendo al riguardo una pronuncia.
Il motivo può ritenersi specifico solo per ciò che riguarda la
censura di tardività della contestazione disciplinare, indicata come
operata, senza alcuna giustificazione oggettiva, solo in data 7
luglio 2008, relativamente a fatti del 31 marzo precedente, censura
che il ricorrente avrebbe svolto nel ricorso introduttivo del giudizio
e quindi col motivo di appello che lamentava l’omessa pronuncia
del giudice di primo grado, motivo che i giudici dell’appello avevano ritenuto inammissibile in quanto introdotto dall’appellante con
la deduzione di mancato esame delle proprie difese e formulato con
Ric. 2012 n. 01720 sez. ML – ud. 24-10-2013
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processo penale; il che non esclude l’autonomo accertamento dei

la mera riproduzione del contenuto del ricorso introduttivo.
Anche questo motivo è manifestamente infondato.
Esso non attiene infatti al vizio di omessa pronuncia su di un
motivo di appello, ma investe la decisione della Corte territoriale
laddove ha ritenuto generico il motivo stesso, in quanto formulato
la evidenziazione dei punti suscettibili di condurre ad una decisione
favorevole per l’appellante che non sarebbero stati esaminati dal
giudice di primo grado.
Questa valutazione di inammissibilità non viene censurata per
le ragioni che la sostengono (impossibilità di individuare gli
specifici snodi delle difese non esaminati dal giudice di primo
grado), ma enucleando solo oggi una di tali doglianze originarie,
senza dimostrare in alcun modo che essa era individuabile dalla
Corte territoriale sulla base dell’atto di appello, come specifico
motivo dello stesso.
Per le considerazioni esposte il ricorso deve essere respinto.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
LA CORTE
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che si
liquidano in € 3000,00 per compensi professionali ed in € 100,00 per
esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 24 ottobre 2013
Il Presidente

con la mera riproduzione del contenuto del ricorso originario, senza

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