Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2781 del 06/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2781 Anno 2018
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FEDELE ILEANA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da
Cola Evaristo, rappresentato e difeso dall’avv. Marco Gallina,
domiciliato presso la Corte di cassazione
– ricorrente contro
Comune di Brescia, in persona del Sindaco

pro tempore,

rappresentato e difeso dall’avv. Francesca Moniga e dall’avv. Paolo
Rolfo, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, sito
in Roma, via Appia Nuova 96
– controricorrente avverso
la sentenza n. 101/2016 della Corte d’Appello di Brescia, depositata
in data 11 maggio 2016.

Data pubblicazione: 06/02/2018

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 6 dicembre 2017 dal Consigliere Ileana Fedele.
Rilevato che:
la Corte di appello di Brescia, in parziale accoglimento dell’appello
incidentale proposto dal Comune di Brescia, ha ridotto a quattro

ad Evaristo Cola per la dichiarata illegittimità di plurimi contratti di
somministrazione intercorsi nel periodo dal 2 febbraio 2009 al 31
dicembre 2012 fra il lavoratore, l’amministrazione comunale e la
Temporary s.p.a., respingendo l’appello proposto dal Cola, fra l’altro,
per il riconoscimento del danno da perdita del posto di lavoro;
contro tale decisione il Cola propone ricorso affidato ad un unico
motivo, cui resiste il Comune con controricorso;
è stata depositata la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis
cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti, unitamente al
decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
il Comune ha depositato memoria.
Ritenuto che:
il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata;
per quanto rileva nella presente sede, la sentenza impugnata ha
disatteso l’appello del lavoratore ed accolto parzialmente l’appello
incidentale del Comune in applicazione dei principi espressi da Cass.
Sez. U, 15/03/2016, n. 5072, utilizzando come parametro di
determinazione del danno quello previsto dall’art. 32 legge 4
novembre 2010, n. 183;
avverso tale decisione il lavoratore ha proposto un unico motivo di
ricorso, articolato come vizio di contraddittoria motivazione ed
illogicità manifesta della motivazione e/o violazione dell’art. 32,
comma 5, legge n. 183 del 2010 e dell’art. 329 cod. proc. civ., per
avere la Corte territoriale determinato la misura del risarcimento
facendo leva sulla necessità per l’amministrazione di avvalersi della

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mensilità della retribuzione globale di fatto il risarcimento spettante

somministrazione (ragione invero già esaminata e dichiarata
illegittima con la sentenza di primo grado), oltre che sull’impossibilità
per il lavoratore di confidare nell’assunzione, senza attenersi ai criteri
previsti dall’art. 32 citato;
il motivo è inammissibile, in quanto, da un lato, prospetta vizi della

sussumibili nell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., siccome
riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge
7

agosto

2012,

n.

134,

applicabile

ratione

temporis,

nell’interpretazione resa da questa Corte a Sezioni Unite (Cass. Sez.,
U, 07/04/2014, n. 8053, secondo cui è denunciabile in cassazione
solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della
motivazione in sé, e si esaurisca nella “motivazione apparente”, nel
“contrasto

irriducibile tra

affermazioni

inconciliabili” e

nella

“motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa
qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della
motivazione), dall’altro, attraverso la deduzione di una violazione di
legge (vale a dire dell’art. 32 della legge n. 183 del 2010, la cui
utilizzabilità quale parametro di liquidazione del danno non è più in
discussione), mira ad un’inammissibile rivalutazione, nel merito, della
quantificazione del risarcimento tra il minimo e il massimo (Cass.
17/03/2014, n. 6122), operata dalla Corte di appello in conformità ai
principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. U,
15/03/2016, n. 5072), tenendo conto delle circostanze del caso e, in
particolare, del comportamento e delle condizioni delle parti;
pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile;
le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo,
seguono la soccombenza;
in relazione all’esito del ricorso e considerata l’epoca di introduzione
del procedimento, ricorrono i presupposti per l’applicazione del

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motivazione (contraddittorietà ed illogicità manifesta) non più

disposto di cui all’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002,
n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre
2012, n. 228.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.

Brescia, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro
2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15
per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di
legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 6 dicembre 2017
Il Presidente

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Comune di

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