Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27809 del 22/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 27809 Anno 2017
Presidente: D’ANTONIO ENRICA
Relatore: CALAFIORE DANIELA

ORDINANZA

sul ricorso 10428-2012 proposto da:
I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO c.f. 01165400589 in
persona del

legale rappresentante pro tempore

elettivamente domiciliato in ROMA VIA IV NOVEMBRE 144
presso lo degli avvocati LUCIANA ROMEO, LUCIA PUGLISI
che lo rappresentano e difendono giusta delega in
atti;
– ricorrente –

2017
3363

contro

BRAVI MARCO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
FLAMINIA 141, presso lo studio dell’avvocato LUCA DI
GIANNANTONIO, che lo rappresenta e difende unitamente

Data pubblicazione: 22/11/2017

all’avvocato MARCO VASARRI, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 426/2011 della CORTE D’APPELLO

di FIRENZE, depositata il 21/04/2011 R.G.N. 949/09;

n.r.g. 10428/2012
Inail/Bravi]

RILEVATO
Che Marco Bravi, titolare di rendita di inabilità per infortunio sul lavoro
occorsogli il primo agosto 2000 nella misura del 18% con decorrenza dal sei
marzo 2003, ha chiesto il riconoscimento di un ulteriore periodo di inabilità
temporanea assoluta rispetto a quello riconosciutogli tra il mese di agosto
2000 ed il 6 marzo 2003, nonché di maggiori postumi permanenti successivi

che il Tribunale di Lucca ha accolto in parte la domanda, riconoscendo
maggiori postumi nella misura del 25% con decorrenza dal 18 novembre
2007 e l’indennità temporanea assoluta dal 7 marzo 2003 al 2 febbraio
2006 e dal 4 aprile 2007 al 18 novembre 2007, con sentenza che è stata
confermata dalla Corte d’appello di Firenze sull’implicito presupposto della
irrilevanza della circostanza che il Bravi già percepiva la rendita per inabilità
permanente dal sei marzo 2003;
che avverso tale sentenza ricorre per cassazione l’INAIL affidandosi a due
motivi di ricorso cui resiste con controricorso, illustrato da memoria, Marco
Bravi;
che il P.G. non ha presentato conclusioni;
CONSIDERATO
Che con i due motivi di ricorso, rispettivamente riferiti alla violazione del
D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 74 ed 89, nonché al vizio di motivazione, si
prospetta sostanzialmente la violazione del divieto di cumulo fra l’indennità
giornaliera per inabilità temporanea assoluta e la rendita in godimento sin
dal 6 marzo 2003, essendo stato accertata dalla c.t.u. una situazione di
inabilità temporanea assoluta addirittura sino al novembre 2007 ed in
difetto di alcuna congrua motivazione sul punto da parte della sentenza
impugnata che si era limitata a ricostruire la vicenda con uno spostamento
in avanti della decorrenza della rendita;
che il ricorso è fondato in conformità ai principi più volte espressi da questa
Corte (cfr. Cass. n. 11145/2004, Cass. n. 1380/2005, cui adde Cass.n.
8308/2006; 27676/2011 ) secondo cui, in tema di assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro, qualora si aggravino, determinando una inabilità
temporanea assoluta, gli esiti di un infortunio o di una malattia

1

a tale periodo;

n.r.g. 10428/2012
mali/Bravi]

professionale, per i quali viene già corrisposta una rendita per inabilità
permanente parziale, non sussiste il diritto ad una indennità giornaliera, non
potendo tali prestazioni cumularsi, mentre eventuali ricadute nella malattia
o riacutizzazioni degli esisti dell’infortunio, che determinino l’impossibilità
temporanea di attendere al lavoro, possono essere prese in considerazione,
ove aggravino stabilmente la condizione del lavoratore, in sede di revisione

del lavoratore predisposta in via generale dall’art. 2110 c.c. a mezzo delle
prestazioni per malattia a carico dell’INPS;
che nella specie, come si legge nella sentenza impugnata, Marco Bravi dal
sei marzo 2003 godeva di una rendita di inabilità rapportata al grado del
18% sicché non poteva cumulare tale prestazione con quella prevista dagli
artt. 66 e 68, cit. T.U. in casi di inabilità temporanea assoluta;
che d’altra parte, nel caso di specie, non sussistevano neppure le condizioni
previste dall’art. 89, cit. T.U. per far luogo alla corresponsione di una
integrazione della rendita di inabilità fino alla misura massima dell’indennità
per inabilità temporanea assoluta (cd. integrazione della rendita), posto
che, ai sensi della suddetta disposizione di legge, tale integrazione può
essere riconosciuta solo nel caso in cui, dopo la costituzione della rendita,
l’infortunato debba sottoporsi a speciali cure mediche e chirurgiche disposte
dall’INAIL in quanto ritenute utili per la restaurazione della capacità
lavorativa, condizioni, queste, che non si riscontrano nel caso in esame;
che, infine, anche il secondo motivo è fondato giacché la Corte d’appello di
Firenze, al fine di aggirare la conseguenza del divieto di cumulo tra rendita
ed indennità temporanea richiamato dall’Inali in appello, ha sbrigativamente
alluso ad un contenuto della domanda implicitamente esteso sino a
contestare la legittimità della decorrenza della rendita già fruita;
che, tuttavia, la motivazione sul punto è vistosamente in contrasto con le
stesse premesse in fatto riportate in sentenza e, dunque, è viziata in quanto
ha omesso di considerare il fatto controverso e decisivo per la controversia
che una rendita era già in erogazione sin dal marzo 2003, con la
conseguenza che al più, in presenza dei denunciati aggravamenti sanitari, si

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della rendita di inabilità, D.P.R. n. 1124 del 1965, ex art. 83 salva la tutela

n.r.g. 10428/2012
mali/Bravi]

una revisione ai sensi dell’art. 83 t.u. n. 1124/1965 ma non l’indennità
temporanea;
che, correttamente, dunque è stato denunciato il vizio di cui all’art. 360 n.5
cod.proc.civ., posto che questa Corte di cassazione ha più volte precisato
che l’interpretazione della domanda spetta al giudice del merito, per cui,
ove questi abbia espressamente ritenuto che era stata avanzata, tale

ultrapetizione, atteso che il suddetto difetto non è logicamente verificabile
prima di avere accertato l’erroneità della relativa motivazione, ma detto
errore può concretizzare solo una carenza nell’interpretazione di un atto
processuale, ossia un vizio sindacabile in sede di legittimità unicamente
sotto il profilo del vizio motivazionale ( vd. Cass. 21874/2015; 2630/2014);
che, in conclusione, il ricorso va accolto e, non essendo necessario alcun
ulteriore accertamento, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto
della domanda;
che le spese dell’intero processo vanno compensate attesa la difformità
degli esiti del presente grado di legittimità rispetto a quelli dei gradi di
merito ed alle peculiarità della vicenda sanitaria.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel
merito, rigetta la domanda proposta da Marco Bravi ; dichiara compensate
le spese dell’intero processo.
Così deciso nella Adunanza camerale del 19 luglio 2017.
Il Presidente
Enri D’Ant nio

Il Funzionario Gi
Dott.s

aC

statuizione, ancorché in ipotesi erronea, non può essere censurata per

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