Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27808 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/10/2019, (ud. 11/04/2019, dep. 30/10/2019), n.27808

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22152/2015 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, ed ivi domiciliata in via dei Portoghesi, n.

12;

– ricorrente –

contro

L.R.E..

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per la

Campania, Sezione staccata di Salerno, g1352/02/2015, pronunciata il

22.01.2015, depositata in data 20.2.2015, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11 aprile

2019 dal Consigliere Dott. Fracanzani Marcello M..

Fatto

RILEVATO

La controversia origina dal silenzio rifiuto formatosi sull’istanza del contribuente, dipendente in pensione della BCI, presentata ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38 per ottenere il rimborso delle maggiori ritenute operate sull’indennità di fine rapporto considerata nella sua interezza, senza dedurre dall’imponibile i contributi da egli stesso volontariamente versati in costanza di rapporto (pari al 4%, esenti da ritenute IRPEF) e senza tener conto della equivalenza delle somme erogate con quelle percepite in sostituzione del reddito di lavoro che andavano a sostituire e che erano già tassate (per l’87%). La richiesta era fondata sull’assunto che i primi avessero natura indennitaria e non pensionistica e per questo erano soggetti a tassazione separata.

Investita della controversia, la CTP di di Salerno, pronunciava sentenza n. 206/01/2011 con cui accoglieva il ricorso del contribuente e compensava le spese del giudizio.

Interponeva appello l’Ufficio, difendendo il proprio operato e chiedendo la conferma degli atti impositivi, con vittoria delle spese dei due gradi di giudizio. Resisteva il contribuente, chiedendo la conferma della sentenza di primo grado, con vittoria delle spese di lite.

La CTR per la Campania, sezione staccata di Salerno, pronunciava sentenza di rigetto n. 1752/02/2015, compensando le spese di giudizio.

Ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate affidandosi a due motivi. Il contribuente rimane intimato.

Diritto

CONSIDERATO

Con due diversi motivi di ricorso l’Amministrazione finanziaria lamenta rispettivamente: 1) la violazione e falsa applicazione degli artt. 16 e 17 TUIR (nella versione ratione temporis vigente) nonchè del D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, comma 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il giudice di appello avrebbe fatto applicazione di una normativa astratta, non pertinente al caso di specie nel quale non si aveva riguardo ad indennità, ma a somme a titolo di prestazione pensionistica; 2) la violazione e falsa applicazione sotto altro profilo degli artt. 16 e 17 TUIR (nella versione ratione temporis vigente) nonchè dell’art. 2697, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., in quanto la sola produzione di copia degli statini stipendiali e di prospetti contributivi di parte non soddisfa l’onere di della prova.

Il Collegio ritiene di esaminare congiuntamente le censure della ricorrente, strettamente legate tra di esse ed entrambe fondate.

Aderendo all’orientamento espresso da questa Corte in controversie assimilabili a quella in esame (Cass. n. 11156/2010, e n. 29614/2011), il Collegio ritiene che la prestazione di capitale che il Fondo di previdenza complementare per il personale della Banca Commerciale Italiana abbia effettuato a conclusione del rapporto lavorativo, costituisca, ai sensi del TUIR, art. 6, comma 2, reddito della stessa categoria della “pensione integrativa”, assoggettato al medesimo regime fiscale cui sarebbe stata sottoposta la predetta forma di pensione (Cass. 04.01.2018 n. 124).

Quello che rileva, infatti, è la circostanza che la liquidazione delle somme abbia finalità pensionistiche e la successiva capitalizzazione, come nella fattispecie, è stata una mera conseguenza della avvenuta messa in liquidazione dell’ente erogatore BCI.

L’imponibile delle prestazioni erogate dai fondi di previdenza complementare per il personale degli istituti bancari, include anche i contributi versati dal dipendente, che hanno natura facoltativa, mentre sono fiscalmente esenti a norma dell’art. 48 TUIR vigente ratione temporis, solo i contributi previdenziali obbligatori, versati, cioè, in ottemperanza da disposizioni di legge (Cass.n. 1521/2017).

Nella fattispecie, invero, si è in presenza di un incrocio contributivo c.d.”chassè-croice”, che impone necessariamente di accertare le diverse quote parte di contributi obbligatori per la pensione INPS e di quelli su base volontaria riferita alla pensione integrativa.

La decisione impugnata, invero, ha omesso un tale accertamento, necessario ai fini della determinazione della spettanza o meno del rimborso chiesto dal contribuente, da svolgersi sulla scorta di tutto il materiale probatorio validamente offerto dalle parti.

Il ricorso è, quindi, fondato e merita accoglimento nei termini di cui in motivazione, con conseguente rinvio alla competente CTR, per l’accertaniento della quota parte versata a titolo di contribuzione volontaria.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater la Corte dà atto della insussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR per l’Umbria in diversa composizione, cui demanda anche la definizione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 aprile 2019.

Depositato in cancelleria il 30 ottobre 2019

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