Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27808 del 22/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 27808 Anno 2017
Presidente: D’ANTONIO ENRICA
Relatore: BERRINO UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso 10029-2012 proposto da:
INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO
GLI INFORTUNI SUL LAVORO C.F. 01165400589, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo
studio

dell’avvocato

LUCIANA

ROMEO,

che

lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato TERESA
OTTOLINI, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2017
contro

3344

SCAMARDELLA ANTONIO;
– intimato-

avverso

la

sentenza n.

5683/2011

della

CORTE

Data pubblicazione: 22/11/2017

D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 18/11/2011 R.G.N.
4195/2008;

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

Rilevato
che la Corte d’appello di Napoli (sentenza pubblicata il 18.11.2011) ha
rigettato l’impugnazione dell’INAIL avverso la sentenza del giudice del lavoro
del Tribunale della stessa sede – che l’aveva condannato a corrispondere a
Scamardella Antonio la rendita per inabilità permanente nella misura del 25%

l’appellante alle spese del grado;
che la Corte partenopea ha spiegato che lo Scamardella si era inserito nel
procedimento di revisione della rendita proposto dall’Inali ed aveva dimostrato
di aver diritto all’aumento della stessa in conseguenza dell’aggravamento dei
postumi invalidanti per effetto dei quali aveva inizialmente goduto della
rendita del 22%;
che, secondo la Corte di merito, nella fattispecie non trovavano applicazione i
limiti temporali in materia di revisione della rendita di cui all’art. 83 del Testo
Unico n. 1124 del 1965, in quanto il relativo accertamento non si era ancora
esaurito e, pertanto, i postumi invalidanti non potevano ritenersi consolidati;
che per la cassazione della sentenza ricorre l’Inail con due motivi;
che Scamardella Antonio rimane solo intimato;

C P-i

c.?

considerato
che col primo motivo, dedotto per violazione dell’art. 83 del d.P.R. 30.6.1965,
n. 1124, l’Inail sostiene che la Corte di merito è incorsa in errore nel momento
in cui non ha considerato che nella fattispecie i postumi invalidanti
dell’infortunio sul lavoro occorso allo Scamardella il 18.1.1995 si erano
stabilizzati alla data del 18.1.2005 e, pertanto, il giudice del gravame avrebbe
dovuto rigettare la domanda dell’assicurato, una volta appurato che la maggior
percentuale di danno permanente era stata accertata in primo grado dal
consulente d’ufficio solo in coincidenza dell’esame radiografico del mese di
febbraio del 2007, quindi ben oltre il decennio di cui alla citata norma ai fini
del consolidamento dei postumi dell’infortunio;
che col secondo motivo, proposto per vizio di motivazione ex art. 360 n. 5
c.p.c., l’Inail censura l’impugnata sentenza laddove si è affermato che
l’assicurato poteva inserirsi nel procedimento di revisione della rendita sorto su
iniziativa dell’istituto onde poter ottenere non solo il mantenimento

1

a decorrere dall’1.3.2007 – confermando la gravata decisione e condannando

dell’originaria misura della provvidenza, ma anche per conseguirne il
riconoscimento dell’aggravamento, senza spiegare, tuttavia, in maniera
sufficiente, l’iter logico-giuridico di detta decisione ed omettendo di
considerare gli univoci insegnamenti giurisprudenziali in materia di
presunzione della stabilizzazione dei postumi invalidanti a distanza di oltre un

che i due motivi possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di
evidente connessione;
che gli stessi sono fondati in quanto, trattandosi di infortunio sul lavoro
risalente al 18.1.1995, occorre considerare che nel caso di specie al momento
del riconoscimento dell’aggravamento era comunque trascorso un decennio
dalla data dell’infortunio occorso allo Scamardella;
che, invero, l’inabilità permanente maggiorata al 25% era stata riconosciuta a
quest’ultimo solo a decorrere dall’1.3.2007, vale a dire da epoca successiva al
periodo di dieci anni previsto dalla norma di cui all’art. 83 del T.U. n.
1124/1965 ai fini della presunzione di consolidamento dei postumi invalidanti;
che, pertanto, all’atto del riconoscimento del predetto aggravamento si era già
avverata la presunzione legale assoluta di immodificabilità dei postumi
invalidanti causalmente collegati all’evento protetto, per cui la Corte d’appello
non avrebbe potuto confermare l’accoglimento della domanda dell’assicurato;
che, infatti, questa Corte si è già pronunziata in siffatta materia (Cass. sez.
lav. n. 19589 del 16.9.2010) statuendo che “il periodo di dieci anni dalla data
dell’infortunio durante il quale l’infortunato dichiarato guarito senza postumi
permanenti o con postumi inferiori al minimo indennizzabile può, a norma
dell’art. 83, ottavo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 (T.U. infortuni
sul lavoro e malattie professionali), chiedere la liquidazione di rendita se, a
seguito di aggravamento, i detti postumi abbiano raggiunto la soglia di
indennizzabilità, costituisce l’esclusivo periodo di osservazione entro il quale si
può tenere conto dei mutamenti dello stato di inabilità del soggetto assicurato,
determinandosi dopo il suo decorso una presunzione legale assoluta di
immodificabilità dei postumi del fatto lesivo. Pertanto, solo se la variazione
dello stato di inabilità conseguente all’infortunio si sia verificata entro il
decennio sorge l’eventuale diritto alla corresponsione della rendita, da

2
W5

decennio dall’infortunio che li ha generati;

esercitare nel termine triennale di prescrizione di cui al successivo art. 112
dello stesso d.P.R., decorrente dal momento dell’intervenuta variazione e non
già dalla scadenza del decennioi;’
che si è, altresì, precisato (Cass. Sez. L, n. 20009 del 22/9/2010) che “il
termine per l’esercizio del diritto alla revisione della rendita INAIL stabilito

rispettivamente, per gli infortuni e le malattie professionali) non è di
prescrizione o di decadenza, ma opera sul piano sostanziale, incidendo
sull’esistenza stessa del diritto, in quanto individua l’ambito temporale entro il
quale assumono rilevanza le successive modificazioni, “in pejus” o “in melius”,
delle condizioni fisiche del titolare incidenti sull’attitudine al lavoro, collegando
la legge al decorso del tempo una presunzione assoluta di definitiva
stabilizzazione delle condizioni fisiche. Ne consegue che, lo spirare di detti
termini non preclude la proposizione della domanda di revisione, purché
esercitata entro il termine di prescrizione triennale dalla scadenza del periodo
di revisione, fermo restando che l’aggravamento o il miglioramento devono
essersi verificati entro il decennio o il quindicennio dalla costituzione della
rendita ”(in senso conf. v. anche Cass. Sez. Lav. n. 20994 del 12/10/2010,
n. 3870 del 17/2/2011, n. 20897 del 5/10/2007, n. 16056 del 17/8/2004);
che, pertanto, il ricorso va accolto e l’impugnata sentenza va cassata;
che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere
decisa nel merito, ex art. 384, co. 2°, c.p.c., col rigetto dell’originaria
domanda proposta da Scamardella Antonio;
che in considerazione della particolare natura della questione si reputa equo
disporre la compensazione integrale delle spese del doppio grado del giudizio
di merito, mentre quelle del presente giudizio di legittimità seguono la
soccombenza dell’odierno intimato e vanno liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel
merito, rigetta la domanda. Compensa le spese del doppio grado del giudizio
di merito e condanna Scamardella Antonio al pagamento delle spese del
presente giudizio nella misura di € 1800,00, di cui € 1600,00 per compensi
professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

3

dagli artt. 83 e 137 del d.P.R. n. 1124 del 1965 (di dieci o quindici anni,

Così deciso in Roma il 19 luglio 2017

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