Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27807 del 22/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 27807 Anno 2017
Presidente: D’ANTONIO ENRICA
Relatore: BERRINO UMBERTO

ORDINANZA
sul ricorso 10084-2012 proposto da:
LANDOLFO ANGELA, elettivamente domiciliata in ROMA,
CORSO DEL RINASCIMENTO 11, presso lo studio
dell’avvocato AMINA L’ABBATE, rappresentata e difesa
dall’avvocato VALENTINA SARNO, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO
2017
3342

GLI INFORTUNI SUL LAVORO C.F. 01165400589, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo
studio dell’avvocato LUCIANA ROMEO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCIA

Data pubblicazione: 22/11/2017

PUGLISI, giusta delega in atti;
– controricorrente nonchè contro

ASL LECCE;
– intimata –

D’APPELLO di LECCE, depositata il 26/10/2011 R.G.N.
80/2008.

avverso la sentenza n. 2358/2011 della CORTE

Rilevato
che la Corte d’appello di Lecce (sentenza 21.3.2011) ha rigettato
l’impugnazione proposta da Angela Landolfo avverso la sentenza del giudice
del lavoro del Tribunale della stessa sede che le aveva respinto la domanda
volta alla condanna dell’Inail al riconoscimento in suo favore dell’indennizzo

che la Corte territoriale ha spiegato che l’appello era infondato in quanto
all’esito della consulenza d’ufficio espletata in secondo grado era stato
possibile accertare che non vi era stato un aggravamento del grado di
invalidità permanente del 10% già riconosciuto dall’Inali;
che per la cassazione della sentenza ricorre Angela Landolfo con un solo
motivo;
che l’Inail resiste con controricorso;
considerato
che con un solo motivo la ricorrente denunzia l’omessa o insufficiente
motivazione in ordine alla conferma dell’accertamento in sede amministrativa
in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., nonché la violazione dell’art. 112 c.p.c.,
oltre che la contraddittorietà della motivazione e l’omessa applicazione o
violazione delle tabelle Inail di cui al DM 12/7/2000, in relazione all’art. 360 n.
3 c.pc.;
che in pratica la ricorrente contesta la motivazione con la quale la Corte
territoriale ha confermato l’esito del procedimento amministrativo in ordine
all’entità del rilevato grado di invalidità ed imputa allo stesso organo
giudicante di essersi limitato a richiamare le valutazioni medico-legali espresse
dal consulente d’ufficio nel corso del giudizio d’appello;
che, invece, secondo il presente assunto difensivo, la Corte d’appello avrebbe
dovuto esplicitare in modo analitico in quali termini aveva tenuto conto del
sistema tabellare normativo vigente in materia e spiegare, per ciascuna
patologia conseguente all’infortunio sul lavoro, la percentuale assegnata in
base alle predette tabelle;
che, secondo la Landolfo, in sede di osservazioni alla consulenza d’ufficio il
perito di parte aveva tenuto dei criteri tabellari vigenti, pervenendo alla

per danno biologico conseguente ad infortunio sul lavoro;

diversa conclusione della sussistenza di un grado di invalidità da infortunio sul
lavoro del 15%;
che il motivo è infondato, avendo la Corte territoriale spiegato con congrua
motivazione che il perito d’ufficio di secondo grado, nel confermare il grado di
invalidità permanente del 10% già riscontrato in sede amministrativa, si era

visita personale dell’appellante, vale a dire su dati obiettivi;
che la stessa Corte ha, altresì, evidenziato che, a fronte delle ineccepibili
valutazioni di ordine tecnico-scientifico eseguite dal consulente d’ufficio,
l’appellante si era limitata a formulare osservazioni critiche alquanto
generiche, apparendo le stesse come la semplice riproposizione di questioni
già esaminate e vagliate dal consulente d’ufficio;
che la Corte d’appello ha anche chiarito che la ricorrente non aveva nemmeno
addotto nuovi e probanti elementi obiettivi, tali da poter inficiare la validità
delle risultanze peritali d’ufficio;
che questa Corte ha già avuto occasione di ribadire (Cass. Sez. 6 – L,
Ordinanza n. 1652 del 3.2.2012) che “nel giudizio in materia d’invalidità il
vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia
prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, è ravvisabile
in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui
fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali,
secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una
corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero
dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del
convincimento del giudice, e ciò anche con riguardo alla data di decorrenza
della richiesta prestazione”;
che nella fattispecie, a fronte della congrua motivazione espressa dalla Corte
territoriale in merito alle condivise conclusioni peritali medico-legali, ritenute
corrette sul piano tecnico-scientifico, ed in presenza della rilevata genericità
delle censure mosse a tal riguardo dalla ricorrente, quest’ultima si limita a
contrapporre, nel presente giudizio, la valutazione espressa dal proprio
consulente di parte a quella formulata dal consulente d’ufficio e a dolersi in
modo generico della mancata indicazione dei criteri tabellari adottati dal perito

basato sulla documentazione sanitaria allegata, oltre che su di un’accurata

d’ufficio senza specificare, da parte sua, la fonte dell’asserita devianza dai
canoni della scienza medica;
che, pertanto, il ricorso finisce per tradursi in un mero tentativo di rivisitazione
del giudizio espresso dalla Corte di merito in ordine alla determinazione del
grado di invalidità conseguente all’infortunio sul lavoro, operazione, questa,

contestata decisione risulti adeguatamente motivata e riposi su
argomentazioni immuni da rilievi di ordine logico-giuridico;
che, in definitiva, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata, in base
al principio della soccombenza, al pagamento delle spese del presente giudizio,
liquidate come da dispositivo;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio nella misura di C 1800,00, di cui C 1600,00 per compensi
professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma il 19 luglio 2017
Il Presidente
Dr.ssa nrica D’Antonio

Il Funzionario Gi
Dott.ssa D

non consentita nel giudizio di legittimità laddove, come nella fattispecie, la

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