Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27805 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/10/2019, (ud. 11/04/2019, dep. 30/10/2019), n.27805

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9123/2014 R.G. proposto da:

Z.M., con l’avv. Vittorio Picchiarotti, con domicilio in

Roma, Circonvallazione Trionfale n. 7, presso lo studio dell’avv.

Antonio Lombardo;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, ed ivi domiciliata in via dei Portoghesi, n.

12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per il

Lazio n. 461/38/13, pronunciata il 06/11/2013 e depositata in data

12/11/2013, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’11 aprile

2019 dal Consigliere Dott. Fracanzani Marcello M..

Fatto

RILEVATO

Per l’anno di imposta 2005 l’Amministrazione finanziaria, a seguito procedura di controllo della documentazione contabile della Euro Blu srl, accertava per l’anno 2005 maggiori ricavi e maggiore volume di affari ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2 e D.P.R. n. 622 del 1972, artt. 40 e 41-bis, determinando maggiori imposte e sanzioni e notificando conseguente avviso di accertamento.

Sulla scorta di quest’ultimo, poi, l’Agenzia delle Entrate notificava al socio Z.M. altro avviso di accertamento in rettifica della sua dichiarazione ai sensi del D.P.R. n. 699 del 1973, art. 41-bis, che veniva impugnato dal contribuente.

La CTP di Roma accoglieva il ricorso, ritenendo non documentalmente provata l’anti-economicità rilevata dall’Ufficio, quale rivelatrice di evasione o elusione.

L’amministrazione Finanziaria proponeva appello, difendendo il proprio operato e sostenendo che l’accertamento di un maggior reddito fondato sullo scostamento ingiustificato delle c.d. medie di ricavo sui beni ceduti, praticate in un determinato settore, era fondato su presunzioni gravi, precise e concordanti, che comportavano un’inversione dell’onere della prova, non assolto dal contribuente, per il che la CTR pronunciava la sentenza di accoglimento n. 461/38/13.

Avverso tale pronuncia ricorre per cassazione Z.M., affidandosi a due motivi di ricorso, cui resiste l’Amministrazione finanziaria con controricorso.

In prossimità dell’udienza parte contribuente deposita memoria, corredata da documenti, con la quale afferma di aver aderito e adempiuto alla definizione agevolata (c.d. rottamazione delle cartelle), per cui chiede sia dichiarata la cessazione della materia del contendere, con integrale compensazione delle spese.

Diritto

CONSIDERATO

1. Con il primo e secondo motivo di ricorso il ricorrente lamenta rispettivamente la violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3 e la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa il punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., n. 5, e, in dettaglio la nullità dell’atto impugnato per la mancanza del suo presupposto di legittimità per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 41-bis.

2. Con memoria depositata il 29.03.2019 il ricorrente ha, invece, chiesto dichiararsi la cessazione della materia e la compensazione integrale delle spese del giudizio. Con tale istanza, rinuncia al ricorso a seguito della adesione (e adempimento) alla definizione agevolata di cui del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, art. 6, conv. con modif. dalla L. 1 dicembre 2016, n. 225, cui il Collegio ritiene di dare preminente rilievo.

In proposito questa Corte ha già chiarito che essa è idonea a determinare l’estinzione del giudizio, che può conseguire quando la rinuncia sia stata comunicata alla controparte, pur in assenza di formale accettazione (Cass. 26/02/2015 n. 3971; S.U. 25/03/2013 n. 7378; 05/05/2011 n. 9857).

Sulla regolazione delle spese del giudizio, il Collegio ritiene di aderire e fare anche qui applicazione del principio di diritto espresso nella sentenza 27/04/2018 n. 10198, secondo cui “In tema di definizione agevolata del D.L. n. 193 del 2016, ex art. 6, conv. con modif. nella L. n. 225 del 2016, la rinuncia al giudizio da parte del contribuente ai sensi del comma 2 della menzionata disposizione costituisce un’eccezione alla previsione di cui all’art. 391 c.c., comma 2, ed implica la necessaria compensazione delle spese di lite”.

La condanna del ricorrente alle spese, infatti, si pone in aperto contrasto con la stessa ratio legis sottesa alla definizione agevolata, laddove si chiede al contribuente, ai fini dell’operatività della stessa, una rinuncia ai giudizi pendenti, e finirebbe per avere un effettuo dissuasivo ad aderire alla stessa, in ragione della previsione di ulteriori oneri rispetto a quelli già contemplati dalla legge. Sicchè, ove anche l’Amministrazione finanziaria non accetti la rinuncia, deve essere disposta la compensazione delle spese.

2. In conclusione, va dichiarata l’estinzione del giudizio con compensazione delle spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater la Corte dà atto della insussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte, dichiara estinto il giudizio per cessata materia del contendere D.L. n. 193 del 2016, ex art. 6, comma 2 e compensa le spese di lite.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 aprile 2019.

Depositato in cancelleria il 30 ottobre 2019

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