Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27804 del 22/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 27804 Anno 2017
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: DE FELICE ALFONSINA

ORDINANZA

sul ricorso 25158-2012 proposto da:
DI BERNARDO IDA C.F. DBRDIA67S54L103A, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 139, presso lo
studio dell’avvocato MARIO FRANCHI, rappresentata e

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ANTONIO

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contro

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MINISTERO DELLA SALUTE C.F. 80184430587, in persona
del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso
dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui
Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI
PORTOGHESI 12;

Data pubblicazione: 22/11/2017

- controricorrente

avverso la sentenza n. 363/2012 della CORTE D’APPELLO
di L’AQUILA, depositata il 17/04/2012 R.G.N.

210/2011.

R.G. 25158/2012

CONSIDERATO

Che la Corte d’Appello di L’Aquila, con sentenza in data 17/04/2012, a
conferma della decisione del Tribunale di Teramo, n. 62/2011, ha negato il

confronti di Ida Di Bernardo, per riscontro della completa remissione della
malattia.
Che Corte territoriale ha ritenuto l’assenza di danno permanente, in
quanto, la menomazione subita, indicata dall’appellata in un deficit psico relazionale, non rientra tra quelle indicate nella tabella A allegata al d.P.R.
n.834/1981.
Che avverso tale decisione interpone ricorso Ida Di Bernardo con due
censure, cui resiste con tempestivo controricorso il Ministero della Salute.

RITENUTO

Che la prima censura contesta omessa motivazione in merito all’esclusione
dell’appartenenza della menomazione permanente da deficit psico-relazionale
all’ottava categoria della Tabella A, allegata al d.P.R. n.834/1981.
Che la seconda censura deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 11
del d.P.R. n.864/1981 e dell’art. 115 del codice di rito, in quanto, la normativa
sulla classificazione delle lesioni e delle infermità prevede che le patologie non
tabellate debbano ascriversi alle categorie che comprendono infermità
equivalenti e che, pertanto, vi sarebbero stati tutti i presupposti per ascrivere
la patologia lamentata all’ottava categoria da parte dei giudici del merito, i
quali, di contro, si sarebbero limitati a recepire,, le risultanze della CTU, che
aveva dato prevalenza ai risultati analitici delle transaminasi, accertamenti
ritenuti riduttivi rispetto alle conseguenze subite dall’appellante.
Che le due censure, esaminate congiuntamente per inferenza, sono
inammissibili.

diritto all’indennizzo per epatite contratta in seguito a emotrasfusione, nei

Che la Corte Territoriale ha negato il diritto all’indennizzo della ricorrente,
sul presupposto che il pregiudizio lamentato, fosse incompatibile con la nozione
di danno irreversibile elaborata dalla giurisprudenza di questa Corte. Che esso
è dalla stessa, inquadrato “…in un’infermità classificata in una delle otto
categorie di cui alla tabella B annessa al testo Unico d.P.R. n. 915/1978, come
sostituita dalla tabella A, allegata al d.P.R. n.834/1981, rientrando nella

Cost.), e con il diritto a misure di assistenza sociale (art. 38 Cost.), la
previsione di una soglia minima d’indennizzabilità del danno permanente alla
salute, nel caso di trattamenti sanitari non prescritti dalla legge o da
provvedimenti dell’autorità sanitaria” (Sez. Un. n.8064/2010).
Che la sentenza gravata, stante l’acquisita rilevanza solo di sintomi e
pregiudizi in atto, ai sensi dell’orientamento giurisprudenziale richiamato, ha
rilevato la mancanza dei presupposti per accordare il beneficio richiesto,
avendo, la CTU, al termine della terapia antivirale, accertata la completa
negatività delle analisi e la totale remissione della malattia.
Che deve ritenersi del tutto generica la doglianza di parte ricorrente,
secondo cui, qualora il Consulente avesse considerato a base della diagnosi,
anche altri esami, avrebbero potuto evidenziarsi le reali condizioni dell’organo
epatico. Che, in base alla nuova previsione dell’art. 366, co. 1, n.6 cod. proc.
civ., come novellato dal d.lgs. n.40/2006, è inammissibile il ricorso per
cassazione che non contenga la specifica indicazione degli atti e dei documenti
posti a suo fondamento e non specifichi in quale sede processuale il
documento, pur individuato in ricorso, risulti prodotto (Sez. Un. n.28547/2008;
Sez. Un. n.7161/2010).
Che pertanto, essendo inammissibili entrambe le censure, il ricorso va
rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

2

discrezionalità del legislatore, compatibile con il principio di solidarietà (art.2

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento, nei
confronti del Ministero della Salute, delle spese del giudizio di legittimità, che
liquida in Euro 1500 per compensi professionali, oltre le spese prenotate a

Così deciso nell’Adunanza Camerale del 18/07/2017

debito.

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