Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2780 del 04/02/2011

Cassazione civile sez. I, 04/02/2011, (ud. 10/12/2010, dep. 04/02/2011), n.2780

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 8229 – 2010 proposto da:

B.P. ((OMISSIS)) elettivamente domiciliato in

ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avv.

MARRA ALFONSO LUIGI, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso il decreto V.G. 1288/08 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI del

3.6.09, depositato il 16/06/2 009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE DI PALMA.

E presente il Procuratore Generale in persona del Dott. FUCCI

Costantino.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che B.P., con ricorso del 19 marzo 2010, ha impugnato per cassazione – deducendo numerosi motivi di censura -, nei confronti del Ministro dell’economia e della finanze, il decreto della Corte d’Appello di Napoli depositato in data 16 giugno 2009, con il quale la Corte d’appello, pronunciando sul ricorso del B. – volto ad ottenere l’equa riparazione dei danni non patrimoniali ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 1, -, in contraddittorio con il Ministro dell’economia e delle finanze – il quale ha concluso per la reiezione del ricorso -, ha condannato il resistente a pagare al ricorrente la somma di Euro 600,00, a titolo di equa riparazione, ed ha ritenuto che “I limiti di accoglimento della pretesa impongono la compensazione tra le parti delle spese del presente procedimento”;

che il Ministro dell’economia e delle finanze, benchè ritualmente intimato, non si è costituito nè ha svolto attività difensiva;

che, in particolare, la domanda di equa riparazione del danno non patrimoniale – richiesto nella misura di Euro 4.000,00 per l’irragionevole durata del processo presupposto – proposta con ricorso del 28 febbraio 2008, era fondata sui seguenti fatti: a) il B., asseritamente creditore di differenze reitributive e previdenziali, aveva proposto – con ricorso del 3 luglio 19 97 – la relativa domanda dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Campania; b) il Tribunale adito aveva deciso la causa con sentenza del 16 maggio 2007; c) precedentemente, con ricorso del 2006, il B. aveva già adito la Corte di Napoli per il riconoscimento dell’indennizzo dal 1997 al 2006 e la Corte adita, con decreto del 28 marzo 2006, gli aveva riconosciuto l’indennizzo per il periodo di irragionevole durata del processo presupposto (dal 3 luglio 2000 al 16 gennaio 2006), all’epoca ancora pendente; d) con il ricorso del 2 8 febbraio 2008, il T. aveva invocato l’ulteriore indennizzo per il periodo dal 16 gennaio 2006 al 16 maggio 2007;

che la Corte d’Appello di Napoli, con il suddetto decreto impugnato – richiamato il proprio precedente decreto -, ha determinato l’ulteriore periodo eccedente la ragionevole durata in un anno e quattro mesi ed ha liquidato a titolo di equa riparazione per danno non patrimoniale la somma di Euro 600,00, calcolata in così ridotta misura per la mancata presentazione dell’istanza di prelievo e per la natura collettiva del ricorso introduttivo del processo presupposto.

Considerato che con i motivi di censura – i quali possono essere esaminati per gruppi di questioni -, vengono denunciati come illegittimi: a) l’applicazione di un parametro di liquidazione dell’indennizzo ingiustificatamente inferiore a quello indicato dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, nonostante l’omessa presentazione dell’istanza di prelievo; b) la compensazione delle spese del giudizio di merito;

che la censura sub a) è manifestamente fondata, perchè i Giudici a quibus si sono discostati dal consolidato orientamento di questa Corte che, sussistendo il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, e fermo restando il periodo di tre anni di ragionevole durata per il giudizio di primo grado, considera equo, in linea di massima, l’indennizzo di Euro 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ciascuno dei successivi anni;

che questa Corte, inoltre, ha già più volte affermato il principio secondo cui, in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, la lesione del diritto alla definizione del processo in un termine ragionevole, di cui all’art. 6, paragrafo 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, va riscontrata, anche per le cause davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo intercorso dall’instaurazione del relativo procedimento, senza che una tale decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza dell’istanza di prelievo od alla ritardata presentazione di essa, secondo cui l’innovazione, introdotta dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2, convertito in legge con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, art. 1, comma 1, (per il quale la domanda non è proponibile se nel giudizio davanti al giudice amministrativo, in cui si assume essersi verificata la violazione, non sia stata presentata l’istanza di prelievo ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51), non può incidere sugli atti anteriormente compiuti, i cui effetti, in mancanza di una disciplina transitoria o di esplicite previsioni contrarie, restano regolati, secondo il fondamentale principio tempus regit actum, dalla norma sotto il cui imperio siano stati posti in essere, e secondo cui – tuttavia – la mancata o ritardata presentazione dell’istanza di prelievo può incidere, entro i limiti dell’equità, sulla determinazione dell’entità dell’indennizzo, con riferimento all’art. 2056 c.c., richiamato dalla L. n. 89 del 2001, art. 2, (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 28507 del 2005, pronunciata a sezioni unite, 24901 del 2008, 14753 del 2010);

che tale orientamento giurisprudenziale ha ottenuto sostanziale avallo dalla Corte EDU (decisione 2 giugno 2009, Daddi contro Italia) la quale, con due recentissime decisioni (del 16 marzo 2010, Volta et autres contro Italia; 6 aprile 2010, Falco et autres contro Italia), ha ritenuto che potessero essere liquidate, a titolo di indennizzo per il danno non patrimoniale da eccessiva durata del processo, in relazione ai singoli casi ed alle loro peculiarità, somme complessive d’importo notevolmente inferiore a quella di mille Euro annue normalmente liquidate, con valutazione di detto danno che consentono al giudice italiano di procedere, in relazione alle particolarità della fattispecie, a liquidazioni dell’indennizzo più riduttive rispetto a quelle precedentemente ritenute congrue (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 14753 del 2010 cit.);

che la censura sub b) è assorbita;

che, pertanto, il decreto impugnato deve essere annullato in relazione alla censura accolta;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2;

che, nella specie – caratterizzata dalla richiesta di integrazione dell’indennizzo già liquidato e dalla mancata presentazione dell’istanza di prelievo -, sulla base dei criteri adottati da questa Corte e dianzi richiamati, il diritto all’equa riparazione per il danno non patrimoniale di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 2, va equitativamente determinato in Euro 1.400,00 per l’ulteriore anno e quattro mesi circa di irragionevole ritardo, oltre gli interessi a decorrere dalla proposizione della domanda di equa riparazione e fino al saldo;

che, conseguentemente, le spese processuali del giudizio a quo debbono essere nuovamente liquidate – sulla base delle tabelle A, paragrafo 4, e B, paragrafo 1, allegate al Decreto del Ministro della giustizia 8 aprile 2004, n. 127, relative ai procedimenti contenziosi, previa compensazione per la metà, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso -, per l’intero, in complessivi Euro 780,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 280,00 per diritti ed Euro 450,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosene antistatario;

che le spese del presente grado di giudizio compensate per la metà, in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso – seguono la residua soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo la causa nel merito, condanna il Ministro dell’economia e delle finanze al pagamento al ricorrente della somma dì Euro 1.400,00, oltre gli interessi dalla domanda, condannandolo altresì al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese del giudizio, che determina, per il giudizio di merito, nella, metà dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 780,00, di cui Euro 50,00 per esborsi, Euro 280,00 per diritti ed Euro 450,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dell’avv. Alfonso Luigi Marra, dichiaratosene antistatario, e, per il giudizio di legittimità, nella metà dell’intero, intero liquidato in complessivi Euro 500,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge, da distrarsi in favore dello stesso avv. Marra, dichiaratosene antistatario.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Struttura centralizzata per l’esame preliminare dei ricorsi civili, il 10 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2011

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