Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27799 del 22/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 27799 Anno 2017
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: DE FELICE ALFONSINA

ORDINANZA

sul ricorso 18040-2012 proposto da:
AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE DI PESCARA, in
persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUNIO BAZZONI
3, presso lo studio dell’avvocato DANIELE VAGNOZZI,
rappresentata e difesa dall’avvocato GIULIO CERCEO,
giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2017
3028

ARGENTINI ANTONIO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA TACTTQ CA,
UMPANI,

in atti;

pte,22Q lo qrudin rinll’avvocato CARMINE

che lo rappzcuP-n-A

(4 di/enUe

UlUdirO

Data pubblicazione: 22/11/2017

- controricorrente –

avverso

la

sentenza n.

D’APPELLO di L’AQUILA,

1239/2011

della CORTE

depositata il 22/12/2011

R.G.N. 307/2011;

Il P.M. ha depositato conclusioni scritte.

R.G., 18040/2012

CONSIDERATO

Che con sentenza in data 23/01/2012 la Corte d’Appello di L’Aquila, a
conferma della sentenza del Tribunale di Pescara n.202/2011 ha dichiarato il

ricadente territorialmente nell’AUSL di Pescara, a percepire la retribuzione
maturata per il tempo utilizzato per la vestizione/svestizione della divisa
aziendale e per dare/ricevere le consegne all’uscita e all’entrata dal proprio
turno di lavoro, trattandosi di adempimenti connessi a un’effettiva e diligente
prestazione, meritevoli pertanto di compenso economico.
Che avverso tale decisione interpone ricorso in Cassazione l’AUSL di
Pescara con un unico motivo, cui oppone tempestivo controricorso Antonio
Argentini.

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RITENUTO

Che

nell’unica censura l’Ausl ricorrente deduce violazione e falsa

applicazione dell’art. 1 d.lgs. n.66/2003, del c.c.n.l. per il comparto sanità
2001, integrativo del c.c.n.l. del 1999, nonché del c.c. integrativo aziendale del
2003, dell’art. 2194, co.2 cod. civ., dell’art. 2697 cod. civ. e di ogni norma e
principio in materia di onere della prova; deduce altresì il vizio di omessa e
carente motivazione in relazione all’art. 360, n.5 del codice di rito.
Che quanto alla retribuibilità dei tempi per la vestizione/svestizione la
motivazione della sentenza gravata si porrebbe in palese contrasto con le
norme richiamate, in quanto, tale attività rientrerebbe nella diligenza
preparatoria, intesa nei limiti della normalità socio culturale che a essa la
giurisprudenza riconnette. Che nel caso in esame le norme contrattuali fanno
obbligo al lavoratore di indossare non già da casa, per evidenti motivi d’igiene
e sanità pubblica, ma prima e dopo l’uscita dai relativi reparti, camice e
mascherina protettiva e che pertanto, non risulta essere stato provato che su

diritto di Antonio Argentini, infermiere presso il Presidio Ospedaliero di Popoli

taleadempimento l’azienda abbia svolto mai un controllo, né che il lavoratore

fósse obbligato a indossare la divisa prima della timbratura del cartellino; che

dunque, l’attività in oggetto potrebbe tutt’al più configurarsi quale
adempimento di un obbligo di diligenza preparatoria.
Che quanto al secondo punto oggetto della sentenza, concernente il
passaggio di turno al fine di assicurare la continuità terapeutica ai pazienti,

annotazioni in cartella (c.d. scheda infermieristica), ove sono puntualmente
riportate le pratiche eseguite e da eseguire; che, inoltre, il contratto
integrativo aziendale prevede la rotazione dei lavoratori entro un

range

temporale di trenta minuti, secondo la formula organizzativa c.d.
dell’avvicendamento dinamico di squadra, così da consentire che nel tempo
necessario al passaggio di consegne, i reparti non siano lasciati mai
completamente sguarniti.
Che, laddove si renda necessario un prolungamento, oltre il proprio turno,
e la formula flessibile dell’avvicendamento non si riveli sufficiente, entrerebbe
in soccorso l’altra tecnica dell’autorizzazione postuma dell’orario reso oltre il
turno prestabilito da parte del coordinatore del reparto, onde permettere al
turnista successivo di assumere informazioni e prescrizioni da chi l’ha
preceduto, nel caso in cui ciò sia richiesto dalla gravità del caso.
Che l’unica censura è infondata.
Che sotto ambedue i profili controversi, sia quello concernente il cambio
abito sia quello relativo al cambio turno, entrano in gioco comportamenti
integrativi e strumentali all’adempimento dell’obbligazione principale, i quali
nondimeno appaiono funzionali ai fini del corretto espletamento dei doveri
deontologici della presa in carico del paziente e della continuità assistenziale.
Che quanto al tempo per la vestizione/svestizione, la giurisprudenza di
questa Corte, che lo considera tempo di lavoro ove qualificato da
eterodirezione, in difetto della quale l’atto rientra nell’obbligo di diligenza
preparatoria e non dà titolo ad autonomo corrispettivo (Cass. n.9215/2012),
non è invocabile nel caso in esame, in quanto, non essendo detta attività

2

l’Ausl ricorrente ritiene che quest’esigenza possa dirsi soddisfatta dalle

svolta nell’interesse dell’azienda bensì dell’igiene pubblica, essa deve ritenersi
icitamente autorizzata da parte dell’AUSL.
Che

la Corte territoriale ha correttamente affermato il diritto alla

retribuzione soltanto per il tempo effettivo eventualmente di volta in volta
utilizzato dal lavoratore; che pertanto il punto qualificante della controversa
materia diventa verificare se i tempi di vestizione/svestizione siano stati

Che la sentenza gravata, nel sostenere il diritto alla retribuzione per il

tempo di vestizione/svestizione del personale infermieristico ha affermato che
nel caso di specie “…l’incombente ancorché correlato alla fase preparatoria,
non è rimesso alla libertà del lavoratore, tanto che il datore può rifiutarne la
prestazione senza di esso”, e pertanto, non essendo stato accertato che tale
attività si fosse svolta entro l’orario di lavoro, il tema della non retribuzione
non si pone in quanto non ha costituito oggetto di prova nell’ambito del
giudizio di merito, a nulla rilevando in tal caso il riferimento all’esercizio del
potere di eterodirezione datoriale, invocato da questa Corte per fattispecie
tutt’affatto diversa, non adattabile al caso in esame;
Che per quanto riguarda il lavoro all’interno delle strutture sanitarie, nel

silenzio della contrattazione collettiva integrativa, il tempo di
vestizione/svestizione dà diritto alla retribuzione, essendo detto obbligo
imposto dalle superiori esigenze di sicurezza e igiene riguardanti sia la gestione
del servizio pubblico sia la stessa incolumità del personale addetto; che,
tuttavia, la declaratoria di tale diritto è subordinata all’accertamento di quanto
di volta in volta è in concreto avvenuto.
Che quanto al cambio di consegne nel passaggio di turno, adempimento,

anch’esso necessariamente connesso alle peculiarità del servizio sanitario,
risponde al vero – come sostiene il controricorrente – che la Corte territoriale,
col non reputare soddisfatta l’esigenza della presa in carico del paziente, né dal
sistema di turnazione flessibile, né dalla prassi delle annotazioni sulla scheda
infermieristica, mero scambio cartaceo riguardante la terapia somministrata, e
con l’affermare che, “… in quanto riferibile ai tempi di una diligente effettiva
prestazione di lavoro”, per la funzione che è chiamata ad assolvere, 4o-seamb10

3

utilizzati fuori o all’interno dell’orario di lavoro.

lo scambio di consegne va considerato, di per sé stesso, meritevole
ricompensa economica, ha inteso imprimere a tale attività una nuova
rilevanza, accrescendo la dignità giuridica della regola deontologica della
continuità assistenziale.
Essendo, pertanto, infondata l’unica censura, il ricorso va rigettatom

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La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento nei
confronti del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida
in Euro 4.000 per compensi professionali, oltre alle spese forfettarie nella
misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori
di legge.

Così deciso nell’Udienza Camerale del 28/06/2017

Il Presidente
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