Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27799 del 12/10/2021

Cassazione civile sez. lav., 12/10/2021, (ud. 26/05/2021, dep. 12/10/2021), n.27799

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3868-2020 proposto da:

B.S.A., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato CATERINA BOZZOLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI PADOVA, in persona

del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA,

alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. cronologico 10848/2019 del TRIBUNALE di

VENEZIA, depositato il 13/12/2019 R.G.N. 6647/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/05/2021 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. il Tribunale di Venezia, con il decreto impugnato, ha respinto il ricorso proposto da B.S.A., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimentò con il quale la competente Commissione territoriale aveva, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria;

2. il Collegio – per quanto qui ancora interessa – ha negato il riconoscimento della protezione umanitaria, confermando il giudizio di non credibilità e di genericità del racconto del ricorrente già espresso dalla Commissione territoriale; “in ogni caso – aggiunge il Tribunale – si rileva che, nella fattispecie in esame, la vicenda del ricorrente non presenta profili di vulnerabilità, né sono state allegate circostanze alla stregua delle quali poter ritenere che il ricorrente si sia allontanato da una condizione di vulnerabilità effettiva sotto il profilo specifico della violazione o dell’impedimento all’esercizio dei diritti umani inalienabili, che non consenta l’allontanamento dal territorio nazionale. Ai fini della concessione di un permesso umanitario il ricorrente, che in patria ha la propria famiglia (moglie e figli) ed aveva un’attività lavorativa, non ha poi depositato elementi di rilievo quanto all’integrazione sociale e lavorativa, tenuto conto che non è stata prodotta documentazione comprovante lo svolgimento di un’attività lavorativa sufficientemente stabile”; il Tribunale aggiunge che “va peraltro considerato che nemmeno una compiuta integrazione lavorativa in Italia, nelle more della definizione delle procedure circa la delibazione della domanda di protezione internazionale, potrebbe valere di per sé e in mancanza di un rischio specifico per l’ipotesi di rimpatrio che sia giustificato dalla vicenda personale del ricorrente e dalle condizioni del paese di origine a giustificare la protezione umanitaria”;

3. ha proposto ricorso per la cassazione del provvedimento impugnato il soccombente con unico motivo; il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” per il tramite dell’Avvocatura Generale dello Stato al solo fine di una eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 32, comma 3, in combinato disposto con l’art. 5, comma 6 T.U. in materia di immigrazione; si critica il decreto impugnato per non avere adeguatamente valutato tutta la documentazione depositata sin dal primo grado di giudizio comprovante l’integrazione lavorativa; si eccepisce che in caso analogo lo stesso Tribunale avrebbe valorizzato come unico parametro per la concessione della protezione umanitaria proprio l’integrazione lavorativa; si deduce la mancata comparazione con la situazione di provenienza;

il motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è inammissibile;

e’ inammissibile nella parte in cui chiede una rivalutazione del materiale documentale acquisito al giudizio, avendo ancora di recente le Sezioni unite di questa Corte ribadito l’inammissibilità di censure che “sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione e falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, degradano in realtà verso l’inammissibile richiesta a questa Corte di una rivalutazione dei fatti storici da cui è originata l’azione”, così travalicando “dal modello legale di denuncia di -un vizio riconducibile all’art. 360 c.p.c., perché pone a suo presupposto una diversa ricostruzione del merito degli accadimenti” (cfr. Cass. SS.UU. n. 34476 del 2019; conf. Cass. SS.UU. n. 33373 del 2019; Cass. SS.UU. n. 25950 del 2020);

ma è inammissibile anche laddove lamenta una mancata comparazione, quale prevista da Cass. n. 4455 del 2018, che invece è stata effettuata dal Tribunale, avuto riguardo anche alla situazione familiare dell’istante, sebbene con esiti diversi da quelli attesi dal ricorrente, ma tanto non individua certo l’errore di diritto così come è stato denunciato;

infine, neanche si censura adeguatamente la negazione della protezione umanitaria sulla scorta della non credibilità di quanto narrato dal richiedente asilo (assunto del Tribunale effettivamente errato in quanto difforme rispetto alla giurisprudenza di questa Corte: v. Cass. n. 10922 del 2019; Cass. n. 7985 del 2020; Cass. n. 16122 del 2020);

3. conclusivamente il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; nulla per le spese in difetto di attività difensiva dell’amministrazione intimata;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);

PQM

– La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 26 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 ottobre 2021

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