Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27796 del 22/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 27796 Anno 2017
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso 20428-2012 proposto da:
goePOSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA VIALI:

studio dell’avvocato

MAZZINI

134,

presso lo

LUIGI FIORILLO, che

la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
2017

AQUILANO GIULIANO;
– intimato –

2874

avverso la sentenza definitiva n. 94/2012 della CORTE
D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 09/03/2012 R.G.N.
335/2007;

Data pubblicazione: 22/11/2017

avverso la sentenza non definitiva n. 712/2011 della
CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 16/09/2011

R.G.N. 335/2007.

RG 20428/2012
RILEVATO
che con sentenza definitiva in data 9 marzo 2012, la Corte d’appello di Bologna, in
parziale accoglimento dell’appello proposto da Poste Italiane s.p.a., condannava la
società alla corresponsione, in favore di Giuliano Aquilano, dell’indennità prevista

retribuzione globale di fatto, oltre accessori di legge: avendo, con sentenza non
definitiva 16 settembre 2011, respinto nel resto l’appello avverso la sentenza di primo
grado, che aveva dichiarato la nullità del termine apposto al contratto di lavoro
subordinato stipulato, ai sensi dell’art. 8 CCNL 26 novembre 1994 per incremento
dell’attività lavorativa non sopperibile con il normale organico, per il periodo 1 – 31
ottobre 1997 e la sussistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato dal 30 settembre 1997;

che avverso tal4 sentenz£ Poste Italiane s.p.a. proponeva ricorso con cinque motivi,
mentre il lavoratore intimato non svolgeva difese;

CONSIDERATO
che la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1372, primo
comma, 1175, 1375, 2697, 1427, 1431 c.c., 100 c.p.c., per la sufficienza dell’inerzia
del lavoratore, di durata quinquennale, ad integrare acquiescenza alla cessazione del
rapporto, con erronea attribuzione alla datrice dell’onere probatorio dei relativi
presupposti (primo motivo); omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul
fatto controverso e decisivo della mancata prova (neppure ammessa nonostante la
sua deduzione) delle esigenze indicate nel (primo) contratto a termine ai sensi
dell’art. 8 CCNL 26 novembre 1994, erroneamente rappresentate in quelle eccezionali
di ristrutturazione, anziché di incremento dell’attività lavorativa cui impossibile
sopperire con il normale organico, in base ad autorizzazione dell’Ispettorato
Provinciale di Bologna (secondo motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 1
d.l. 876/1977 conv. in I. 18/1978, 8bis I. 79/1983, 23 I. 56/1987 e 8 CCNL 26
novembre 1994, per erronea esclusione della prova di effettiva esistenza della causale
del contratto a termine (di incremento dell’attività lavorativa cui impossibile sopperire

dall’art. 32, quinto comma I. 183/2010, in misura di dieci mensilità dell’ultima

RG

8/2012

con il normale organico), risultante dall’autorizzazione dell’Ispettorato Provinciale di
Bologna, incontestata dal lavoratore, avendo la Corte territoriale ravvisato
ultrapetizione del Tribunale in ordine alla ritenuta mancata prova dell’autorizzazione
stessa, nonostante il difetto di eccezione sul punto (terzo motivo); insufficiente e

poteri istruttori officiosi ad integrazione del quadro probatorio ritenuto carente, per la
mancata ammissione dei capitoli di prova orale dedotti (quarto motivo); violazione e
falsa applicazione dell’art. 32 I. 183/2010, per erronea liquidazione dell’indennità in
misura di dieci, anziché di 2,5 mensilità, non avendo il lavoratore provato l’assenza di
altri rapporti di lavoro nell’intervallo temporale di inerzia dalla cessazione del rapporto
all’iniziativa giudiziale, né di aver percepito somme a titolo retributivo (quinto
motivo);

che ritiene il collegio che il primo motivo sia infondato, per l’inidoneità del solo decorso
del tempo, in assenza di circostanze significative di una chiara e certa volontà comune
delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo (Cass.
28 gennaio 2014, n. 1780; Cass. 1 luglio 2015, n. 13535; Cass. 22 dicembre 2015, n.
25844);

che comunque si tratta di una valutazione del significato e della portata del complesso
di elementi di fatto di competenza del giudice di merito (Cass. 13 febbraio 2015, n.
2906), le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistano
vizi logici o errori di diritto (Cass. 4 agosto 2011, n. 16932: con principio affermato ai
fini dell’art. 360bis, primo comma 1 c.p.c.): come appunto nel caso di specie (per le
ragioni esposte a pg. 4 della sentenza non definitiva);

che anche il secondo, il terzo ed il quarto motivo, congiuntamente esaminabili per
ragioni di stretta connessione, sono infondati;

che occorre premettere che l’art. 23 I. 56/1987 rappresenta uno sviluppo fortemente
innovativo del modello dei contratti a termine “autorizzati”, per i quali l’autorizzazione
costituiva il presupposto necessario per la valida apposizione del termine di durata
(già introdotto nell’ordinamento dal d.l. 876/1977, conv. in I. 18/1978 e quindi dal d.l.
17/1983, conv. con mod. dalla I. 79/1983), mediante l’attribuzione ad un organo

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contraddittoria motivazione sul fatto controverso e decisivo del mancato ricorso ai

_ RO 20428/2012
pubblico (Ispettorato del lavoro) del potere autorizzativo all’esito di un accertamento
preventivo degli elementi della fattispecie normativa (Cass. 14 settembre 2006, n.
19689);

che esso demanda alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare (oltre le
1 I. 230/1962 e succ. mod. nonché

dall’art. 8bis d.l. 17/1983 cit.) nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata
del rapporto di lavoro: sicché configura una vera e propria “delega in bianco” a favore
dei sindacati, i quali, pertanto, senza essere vincolati alla individuazione di figure di
contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge, possono
legittimare il ricorso al contratto di lavoro a termine per causali di carattere
“oggettivo” ed anche, alla stregua di esigenze riscontrabili a livello nazionale o locale,
per ragioni di tipo meramente “soggettivo”, consentendo l’assunzione di speciali
categorie di lavoratori, costituendo anche in questo caso l’esame congiunto delle parti
sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i suddetti lavoratori e
per una efficace salvaguardia dei loro diritti (Cass. 16 novembre 2010, n. 23119: con
principio affermato ai fini dell’art. 360bis, primo comma 1 c.p.c.; e analogamente:
Cass. 15 ottobre 2011, n. 21355);

che l’attribuzione dall’art. 23 I. 56/1987 alla contrattazione collettiva del potere di
definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla I. 230/1962
discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali
sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace
salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della
percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo
indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche
di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive
di lavoro o soggettive dei lavoratori (Cass. 7 marzo 2005, n. 4862);

che in ciò si è realizzata l’opera di adeguamento alla realtà socio – economica del
legislatore in materia, che ha consentito, dapprima nei settori del turismo e del
commercio, l’assunzione di personale a termine nei casi di intensificazione, in
determinati periodi dell’anno, dell’attività produttiva cui non sia possibile far fronte con

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fattispecie tassativamente previste dall’art.

428/2012
il normale organico, previo accertamento del verificarsi di tali situazioni da parte
dell’Ispettorato del lavoro e sentite le organizzazioni sindacali (art. 1 d.l. 876/1977,
conv. in I. 18/1978) e quindi (art.8bis d.l. 17/1983, conv. in I. 79/1983) ha esteso
l’anzidetta disposizione a tutti i settori economici (Cass. 3 agosto 1998, n. 7615; Cass.

che la Corte territoriale, ben consapevole dei suenunciati principi di diritto (richiamati
dal penultimo capoverso di pg. 5 al penultimo di pg. 6 della sentenza non definitiva) e
delle conseguenze della collocazione del contratto a termine in data anteriore al 30
aprile 1998 (Cass. 31 dicembre 2009, n. 28293), ha tuttavia escluso la legittimità
dell’assunzione a termine, non già sotto il profilo della formale rispondenza
dell’esigenza eccezionale di assunzione al regime normativo applicabile, bensì sotto
quello diverso della carenza di prova della concreta assegnazione del lavoratore a
copertura delle esigenze formalmente enunciate (per le chiare e argomentate ragioni
esposte a pg. 7 della sentenza non definitiva);
che rispetto a tale profilo appaiono francamente irrilevanti la formale attestazione
contenuta nell’autorizzazione amministrativa acquisita e specificamente richiamata nel
contratto di lavoro (documenti integralmente trascritti) e le censure di non corretta
individuazione delle esigenze eccezionali per le quali è stato concluso il contratto a
termine, in quanto la Corte territoriale ha comunque chiaramente rilevato la
contestazione del lavoratore e l’inidoneità alla loro confutazione della deduzione
probatoria della società datrice (tra l’altro, nella trascrizione a pgg. 18 e 19 del ricorso,
addirittura riguardante, per evidente refuso, diversi regime giuridico applicabile,
esigenze, in quanto sostitutive di personale assente dall’Il ottobre 2005 al 31 gennaio
2006 e contesto di ufficio, presso il Polo Logistico Territoriale Campania);
che è infine inammissibile il profilo di censura di omesso esercizio dei poteri istruttori
officiosi giudiziali, ad integrazione del carente quadro probatorio, in quanto nella
discrezionalità del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità (Cass. 29
ottobre 2010, n. 22196) e comunque non surrogatorio dell’onere probatorio delle parti
(Cass. 24 marzo 2004, n. 5908);

4

21 luglio 2000, n. 9617);

q 0428/2012
che il quinto motivo è inammissibile, per incensurabilità, in sede di legittimità se non
per motivazione assente illogica o contraddittoria (invece più che adeguata nel caso di
specie, per le ragioni esposte a pg. 3 della sentenza definitiva), della determinazione,
tra il minimo e il massimo, della misura dell’indennità prevista dall’art. 32 I. 183/2010,

analogamente alla valutazione per la determinazione dell’indennità risarcitoria prevista
dall’art. 8 I. 604/1966 (Cass. 8 giugno 2006, n. 13380), espressamente richiamato
dalla prima disposizione nei suoi criteri di liquidazione;

che il ricorso deve essere rigettato, senza alcun provvedimento sulle spese, non
avendo svolto difese il lavoratore intimato vittorioso;

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso nella Adunanza camerale del 22 giugno 2017
Il Presidente
(dott. Vittorio Nobile)
b.u-oar:d

IL

ELLIERE

spettante al giudice di merito (Cass. 22 gennaio 2014, n. 1320): del tutto

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