Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27794 del 22/11/2017


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Civile Ord. Sez. L Num. 27794 Anno 2017
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: MANCINO ROSSANA

ORDINANZA
sul ricorso 3961-2012 proposto da:
JERMANIS REDENTA C.F. JRMRNT35T64Z118Q,

in qualità di

erede di JERMANIS BENCIC DRAGICA,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 20, presso lo
studio dell’avvocato GINA TRALICCI, che la rappresenta
e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2017
2846

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F.
80078750587,

in persona del Presidente e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

tt”

Data pubblicazione: 22/11/2017

Avvocati SERGIO PREDEN, GIUSEPPINA GIANNICO, ANTONELLA
:FATTERI, LUIGI CALIULO, giusta delega in atti;
– controricorrente

8974/2010 della CORTE D’APPELLO

di ROMA, depositata il 05/02/2011 R.G.N.

9200/2008.

avverso la sentenza n.

R.G.3961/2012

RILEVATO

1. che, con sentenza in data 5 febbraio 2011, la Corte di Appello di Roma,
rigettando il gravame avverso la sentenza del Tribunale della stessa
sede – che aveva dichiarato inammissibile la domanda volta ad ottenere
interessi e rivalutazione monetaria sulla prestazione previdenziale

ricorrente (documentata solo in lingua croata e non tradotta) – ha
ritenuto assorbente l’accertamento dell’attualità della pretesa,
dichiarato prescritto il credito per accessori azionato oltre il termine
decennale dalla richiesta del gennaio 1995, seguita da altra
comunicazione di messa in mora nel novembre 2005, e non rilevante,
come riconoscimento di debito, la nota dell’INPS in data 29 maggio
1997;

2. che avverso tale sentenza Jermanis Redenta, quale erede di Bencic
Dragica, ha proposto ricorso affidato ad un motivo, al quale ha opposto
difese l’INPS, con controricorso;

3.

che sono state depositate memorie da entrambe le parti;

CONSIDERATO

4.

che, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt.2733-1988
cod.civ. e 112 cod.proc.civ., la parte ricorrente critica la sentenza
impugnata perché sarebbe incorsa in errore nella valutazione della
documentazione richiamata ai fini della dichiarazione confessoria
dell’INPS (in data 29 maggio 1997) in ordine all’esistenza di un atto
interruttivo, e alla relativa efficacia interruttiva della prescrizione del
credito azionato;

5.

che ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;

6.

che l’indagine volta a stabilire se una dichiarazione della parte
costituisca o meno confessione – e, cioè, ammissione di fatti sfavorevoli
al dichiarante e favorevoli all’altra parte – si risolve in un apprezzamento
di fatto non censurabile in sede di legittimità se fondato su di una

1

erogata in ritardo, in difetto di prova idonea della qualità di erede della

motivazione immune da vizi logici (v., fra le tante, Cass. 4 aprile 2009,
n. 5330) e, nella specie, peraltro, non risulta devoluto alla Corte di
legittimità un vizio motivazionale;

che, come chiarito dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte, il
vizio di violazione di norme di diritto consiste nella deduzione di
un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della
fattispecie normativa astratta e, quindi, implica necessariamente un
problema interpretativo della stessa;

che, viceversa, l’allegazione di una errata ricostruzione della fattispecie
concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta
interpretazione della norma ed inerisce alla tipica valutazione del giudice
di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto
del vizio di motivazione e nei limiti fissati dalla normativa processuale
succedutasi nel tempo;

9.

che il discrimine tra le due censure è segnato dal fatto che solo la
denuncia del vizio di motivazione è mediata dalla contestata valutazione
delle risultanze di causa (Cass. 26.3.2010 n. 7394 e negli stessi termini
Cass. 10.7.2015 n. 14468);

10. che l’applicazione, nella specie, dei principi di diritto sopra richiamati
porta a rigettare il ricorso, con il quale la parte ricorrente, denunciando
formalmente violazione di norme di legge ed

error in procedendo,

censura la valutazione delle risultanze probatorie effettuata dalla Corte
territoriale, alla quale contrappone, peraltro, un’errata valutazione della
domanda;

11. che l’interpretazione della domanda compete al giudice di merito ed é
immune da censure, in sede di legittimità, ad eccezione dell’ipotesi in
cui esista un vizio motivazionale nell’ interpretazione dell’atto, vizio nel
ricorso all’esame non dedotto;

12. che le spese vengono regolate come da dispositivo e seguono la
soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento
delle spese processuali, liquidate in euro 200,00 per esborsi, euro

8.

1.500,00 per compensi professionali, oltre quindici per cento spese
generali e altri accessori di legge.

Così deciso nella Adunanza camerale del 21 giugno 2017

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