Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27791 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. trib., 30/10/2019, (ud. 09/05/2019, dep. 30/10/2019), n.27791

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 13865 del ruolo generale dell’anno 2017,

proposto da:

Agenzia delle dogane e dei monopoli, in persona del direttore pro

tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello

Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei

Portoghesi, n. 12, si domicilia.

– ricorrente –

contro

s.p.a. SKF Industrie, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentato e difeso, giusta procura speciale in calce al

controricorso, dagli avvocati Massimo Basilavecchia e Massimo Fabio,

elettivamente domiciliatosi presso lo studio del secondo in Roma,

alla via Adelaide Ristori, n. 38.

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Piemonte, depositata in data 8 marzo 2017, n. 413/17;

udita la relazione svolta alla pubblica udienza del 9 maggio 2019 dal

consigliere Angelina-Maria Perrino;

sentita la Procura generale, in persona del sostituto procuratore

generale Immacolata Zeno, che ha concluso per il rigetto del

ricorso;

uditi l’avvocato dello Stato Anna Collabolletta per l’Agenzia e

l’avv. Fabio Massimo per la società.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Emerge dalla narrativa della sentenza che la contribuente utilizza energia elettrica nell’ambito delle proprie attività produttive e che ha versato le somme rispettivamente indicate in atti a titolo di addizionale provinciale sull’energia elettrica, a norma del D.L. n. 511 del 1988, art. 6, comma 1, lett. e), come convertito dalla L. n. 20 del 1989, in seguito abrogata.

Successivamente, espone il giudice d’appello, la società ha presentato all’Agenzia delle dogane distinte istanze di rimborso, assumendone a fondamento il contrasto della norma sull’addizionale con la Dir. n. 2008/118/Ce, art. 1, paragrafo 2, e ricevendone altrettanti dinieghi.

La contribuente ha quindi impugnato i dinieghi, e ne ha ottenuto l’annullamento dalla Commissione tributaria provinciale di Torino.

Quella regionale del Piemonte ha poi respinto l’appello proposto dall’Agenzia. A tal fine, ha anzitutto riconosciuto la legittimazione della società a proporre le istanze di rimborso, in considerazione del fatto che la società, benchè consumatrice finale, ha comunque provveduto al pagamento non dovuto.

Inoltre, ha affermato l’incompatibilità con la normativa unionale della norma che prevede l’addizionale, perchè il relativo gettito non mira al perseguimento di finalità specifiche, e ciò indipendentemente dall’immediata applicabilità della Dir. n. 2008/118/CE. Infine, ha ritenuto irrilevante la questione sollevata dall’Agenzia dell’avvenuta traslazione dell’addizionale, desunta dal fatto che la società non ha iscritto in bilancio il credito derivante dal pagamento del tributo, sia perchè l’energia elettrica a suo avviso è estranea a queste valutazioni, sia perchè non occorre l’annotazione in bilancio, trattandosi d’imposta indiretta.

Contro questa sentenza l’Agenzia delle dogane propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a quattro motivi, cui la società replica con controricorso, che illustra con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Fondato è il primo motivo di ricorso, di rilevanza assorbente dei restanti, col quale l’Agenzia denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 14, comma 2, per l’omesso rilievo del difetto di legittimazione passiva della Skf Industrie.

Anche da ultimo le sezioni unite (con sentenza 31 dicembre 2018, n. 33687) hanno ribadito che, in tema di accise, il rapporto tributario è quello che s’instaura tra il soggetto passivo d’imposta e il fisco, laddove quello tra il fisco e il consumatore finale inciso dal tributo ha natura civilistica.

1.1.- E questa sezione (da ultimo con sentenze 24 maggio 2019, n. 14200 e 4 giugno 2019, n. 15199) ha coerentemente stabilito che:

a) obbligato al pagamento delle accise nei confronti dell’amministrazione doganale è unicamente il fornitore;

b) il fornitore può addebitare integralmente le accise pagate al consumatore finale;

c) i rapporti tra fornitore e amministrazione doganale e fornitore e consumatore finale sono autonomi e non interferiscono tra loro;

d) in ragione della menzionata autonomia, il consumatore finale, anche in caso di addebito del tributo da parte del fornitore, non ha diritto a chiedere direttamente all’Amministrazione finanziaria il rimborso delle accise indebitamente corrisposte;

e) il diritto al rimborso spetta unicamente al fornitore, che può esercitarlo nei confronti dell’amministrazione finanziaria: a) nel caso in cui non abbia addebitato l’imposta al consumatore finale,

entro due anni dalla data del pagamento; b) nel caso in cui il consumatore finale abbia esercitato vittoriosamente nei suoi confronti azione di ripetizione di indebito, entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza;

f) nel caso di addebito delle accise al consumatore finale (come anche delle relative addizionali), quest’ultimo può esercitare l’azione civilistica di ripetizione di indebito direttamente nei confronti del fornitore, salvo chiedere eccezionalmente il rimborso anche nei confronti dell’amministrazione finanziaria allorquando alleghi che l’azione esperibile nei confronti del fornitore si riveli oltremodo gravosa (come accade, ad esempio, nell’ipotesi di fallimento del fornitore).

2.- Il consumatore subisce difatti la traslazione dell’onere corrispondente all’imposta a titolo di maggiorazione del prezzo di vendita, sicchè qualora egli agisca nei confronti del fornitore, per far valere l’illegittimità di detta maggiorazione del prezzo e ottenere il rimborso del corrispondente ammontare, non rileva l’indagine sulla legittimità della pretesa fiscale dell’amministrazione nei confronti del fornitore: è su costui che incombe l’onere, nel distinto rapporto con l’amministrazione finanziaria, di individuare i consumi assoggettati a imposta e di segnalare quelli che ne sono esclusi per non essere ricompresi nella fattispecie impositiva.

2.1.- Nella controversia privatistica che abbia ad oggetto la richiesta di rimborso di una imposta che si assume sia stata indebitamente pretesa dalla controparte, peraltro, il giudice ordinario competente ha sempre il potere di sindacare in via incidentale la legittimità dell’atto impositivo ove sia presupposto e di disapplicarlo, oppure di disporre la sospensione del giudizio, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., in caso di contemporanea pendenza del giudizio tributario (Cass., sez. un., 28 gennaio 2011, n. 2064; sez. un., 1 febbraio 2016, nn. 1837 e 1838).

3.- Il meccanismo costruito su due piani, tributario quanto al rimborso chiesto dal soggetto passivo al fisco, civilistico, con riferimento all’azione di ripetizione promossa dal consumatore nei confronti del fornitore, è conforme al diritto unionale. Nè l’azione di ripetizione intrapresa dal consumatore finale nei confronti del proprio fornitore incontra, come vorrebbe la società, insormontabili ostacoli nel fatto che l’indebito scaturisca dalla contrarietà della disposizione nazionale rispetto al diritto unionale, che sarebbe quindi invocato in una controversia fra privati.

3.1.- La Corte di giustizia ha già più volte sottolineato che, in mancanza di disciplina dell’Unione in materia di domande di rimborso delle imposte, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i requisiti al ricorrere dei quali tali domande possono essere presentate, purchè essi rispettino i principi di equivalenza e di effettività, vale a dire non siano meno favorevoli di quelli che riguardano reclami analoghi basati su norme di natura interna e non siano congegnati in modo da rendere praticamente impossibile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (Corte giust. 15 marzo 2007, causa C-35/05, Reemtsma Cigarettenfabriken, punto 37; Corte giust. 27 aprile 2017, causa C-564/15, Tibor Farkas, punto 50; Corte giust. 11 aprile 2019, causa C-691/17, PORR Epitesi Kft)

3.2.- E giustappunto in relazione alla ripetizione delle accise, la Corte di giustizia (con sentenza 20 ottobre 2011, causa C94/10, Danfoss), ha stabilito che le norme del diritto dell’Unione devono essere interpretate nel senso che uno Stato membro si può opporre a una domanda di rimborso di un’imposta indebitamente riscossa formulata dall’acquirente su cui essa è stata ripercossa, poichè non è stato detto acquirente a versarla alle autorità tributarie, purchè quest’ultimo possa, sulla base del diritto interno, esperire un’azione civilistica per la ripetizione dell’indebito nei confronti del soggetto passivo, e purchè il rimborso da parte di quest’ultimo dell’imposta indebitamente riscossa non sia praticamente impossibile o eccessivamente difficile.

4.- L’impossibilità o l’eccessiva difficoltà, peraltro, diversamente da quanto sostiene la società, non sono di per sè ravvisabili per il fatto che la natura indebita del pagamento dell’imposta discenda dalla contrarietà di una norma nazionale a una direttiva, che non può essere invocata, ai fini della disapplicazione della norma nazionale contraria, in una controversia fra privati.

Impossibilità o eccessiva difficoltà sono correlate alla situazione del soggetto passivo (nel caso in questione, dal fornitore) e non già a quella del consumatore finale; esse rilevano, nella giurisprudenza unionale, o con riguardo alle modalità procedurali e ai requisiti previsti dallo Stato membro per la presentazione delle domande di rimborso da parte del suddetto soggetto passivo (si veda Corte giust. 21 marzo 2018, causa C533/16, Volkswagen AG, relativa a un caso in cui il termine di decadenza previsto per il rimborso era scaduto, sempre per il soggetto passivo, prima della presentazione della relativa domanda); oppure quando l’insolvenza del soggetto passivo renda da parte sua il rimborso dell’iva al destinatario dei servizi impossibile o eccessivamente difficile (si vedano, in particolare, Corte giust. in causa C-691/17, cit., punto 42, nonchè Corte giust. in causa C-35/05 e in causa C-564/15).

4.1.- D’altronde, la stessa Corte di giustizia ha promosso la fissazione di termini diversi, là dove ha dichiarato che il principio di effettività è rispettato nel caso di un termine nazionale di prescrizione asseritamente più favorevole all’amministrazione finanziaria rispetto al termine di prescrizione in vigore per i privati, purchè il soggetto passivo possa effettivamente reclamare il rimborso dell’imposta di cui trattasi nei confronti della predetta amministrazione (sentenza 8 settembre 2011, cause riunite C-89/10 e C-96/10, Q-Beef e Bosschaert, punto 42; 15 dicembre 2011, causa C-427/10, Banca popolare antoniana veneta, punto 26).

4.2.- In questo contesto, la Skf Industrie non ha allegato, nè tantomeno provato che il proprio fornitore, soggetto passivo legittimato a richiedere il rimborso, versi in condizione d’insolvenza o che non abbia avuto la possibilità di chiedere il rimborso e nemmeno che non abbia proposto la relativa domanda.

4.3.- Ed è appena il caso di rilevare che il consumatore si trova in una posizione di vantaggio, poichè può fruire di un termine di prescrizione ordinario per l’azione civilistica di ripetizione dell’indebito, più ampio di quello di decadenza assegnato al soggetto passivo per il rimborso.

5.- In definitiva, la società non è legittimata a richiedere il rimborso all’erario dell’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica che assume indebitamente versata.

Ne segue l’accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti.

5.1.- La sentenza impugnata va quindi cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, il giudizio va deciso nel merito, col rigetto dell’impugnazione originariamente proposto.

Il recente consolidamento della giurisprudenza di legittimità comporta la compensazione delle spese concernenti le fasi di merito, nonchè di quelle riguardanti il giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originariamente proposte. Compensa le spese inerenti alle fasi di merito e quelle concernenti il giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019

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