Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27790 del 22/11/2017


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 27790 Anno 2017
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: FUOCHI TINARELLI GIUSEPPE

ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 15815/2012 R.G. proposto da
Milvia Prima Sri,

rappresentata e difesa dall’Avv. Pietro Lolli,

elettivamente domiciliata presso l’Avv. Fabrizio Polese, in Roma via
Tacchini n. 7, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura
Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei
Portoghesi n. 12;
– controricorrente avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale
dell’Emilia Romagna n. 40/8/11, depositata il 5 maggio 2011.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 novembre
2017 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli;
RILEVATO CHE
– Milvia Prima Srl, esercente attività di locazione di immobili propri,
in relazione ad un atto di compravendita immobiliare del 9 ottobre
2004, deduce: di aver erroneamente applicato l’Iva anziché
l’imposta di registro, provvedendo ai relativi versamenti dal 15
dicembre 2004; di aver, quindi, ottemperato, a fronte dell’avviso di

Data pubblicazione: 22/11/2017

liquidazione dell’imposta di registro del 21 giugno 2007, al
pagamento richiesto; di aver chiesto, infine, il 7 settembre 2007, il
rimborso dell’Iva indebitamente corrisposta, ricevendone risposta
negativa, con le forme del silenzio-rifiuto da parte
dell’Amministrazione;
– impugnato il silenzio-rifiuto, il giudice di primo grado rigettava il

– la contribuente ricorre per cassazione con un motivo, cui resiste
l’Agenzia delle entrate con controricorso;
CONSIDERATO CHE
– va disattesa, in primo luogo, l’eccezione di inammissibilità del
ricorso per insufficiente narrazione di fatti di causa, la cui
esposizione, che deve essere “sommaria”, risulta adeguata ed
idonea a fornirne una sufficiente rappresentazione della vicenda e
dei profili processuali;

quanto all’eccepita inammissibilità dell’atto introduttivo per

tardività atteso il decorso del termine biennale ex art. 21 d.P.R. n.
633 cit., la questione attiene, in realtà, al merito della controversia
e non si traduce, in sé, in una autonoma eccezione processuale;
– l’unico motivo denuncia violazione degli artt. 19, comma 1, lett.
g, e 21, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992: Milvia Prima Sri si duole,
in sostanza, che la decorrenza del termine decadenziale sia stata
ancorata dal momento del pagamento dell’Iva e non dal momento
in cui l’Amministrazione finanziaria ha richiesto l’imposta
effettivamente dovuta;
– il motivo è infondato;
– nella vicenda in esame, infatti, il credito di rimborso nasce da una
indebita applicazione di imposta (Iva in luogo dell’imposta di
registro: art. 10, n. 8 bis, d.P.R. n. 633 del 1972, nel testo vigente
ratione temporis,

per cui sono esenti dall’Iva

“le cessioni di

fabbricati, o di porzioni di fabbricato, a destinazione abitativa,
effettuate da soggetti diversi dalle imprese costruttrici degli stessi o
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ricorso con decisione confermata dal giudice d’appello;

dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese
appaltatrici, gli interventi di cui all’articolo 31, primo comma,
lettere c), d) ed e), della legge 5 agosto 1978, n. 457, ovvero dalle
imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell’attività
esercitata la rivendita dei predetti fabbricati o delle predette
porzioni”) versata nel 2004, e, dunque, trattandosi di domanda di

633 del 1972, rimane soggetta al termine di decadenza biennale di
cui all’art. 21, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992;
– tale ultima disposizione prevede che “la domanda di restituzione,
in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere presentata
dopo due anni dal pagamento, ovvero, se posteriore, dal giorno in
cui si è verificato il presupposto per la restituzione”;
– nella specie, è incontroverso che il pagamento della prima rata
dell’Iva è stato effettuato nel 2004, mentre l’istanza di rimborso
risale al settembre 2007, sicché il termine biennale era già decorso
e la decadenza, prevista a tutela di diritti patrimoniali indisponibili
dell’ufficio, maturata (Cass. n. 11652 del 11/05/2017);
– il ricorrente, invero, deduce che, nella specie, la decorrenza non
può farsi decorrere dal pagamento ma solo dalla richiesta da parte
dell’Amministrazione finanziaria dell’imposta effettivamente dovuta,
non avendo avuto la contribuente, prima di tale momento, la
consapevolezza e la certezza giuridica dell’errore in cui era incorsa;

giova peraltro osservare che, nella concreta fattispecie, il

pagamento era indebito sin dall’origine, mentre, per contro, non ha
nessuna rilevanza l’incertezza soggettiva sul diritto al rimborso, che
è questione di mero fatto, non incidente sulla possibilità giuridica di
ripetere l’indebito e, quindi, sulla decorrenza del termine in base al
principio generale di cui all’art. 2935 c.c. (v. Cass. n. 3306 del
19/02/2004; Cass. n. 19478 del 30/09/2016);
– né rileva, in senso contrario, l’invocato precedente di cui alla
sentenza n. 6331 del 2008 in materia di imposte dirette, relativo
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rimborso non rientrante tra quelle previste dall’art. 30 del d.P.R. n.

ad una situazione, a differenza di quella in esame, di originaria
incertezza giuridica dell’effettiva imputazione dei costi, definita solo
a seguito del passaggio in giudicato del relativo giudizio (v. anche
negli stessi termini Cass. n. 3261 del 11/02/2013);
– né, infine, appare conferente il richiamato precedente della Corte
di Giustizia (Banca Antoniana Popolare Veneta Spa, in C-427/2010)

aveva “agito come un operatore economico prudente”,

aveva

“correttamente assoggettato all’IVA le operazioni di riscossione dei
contributi consortili da essa effettuate” e “correttamente versato
detta imposta all’amministrazione finanziaria, in ossequio alla
prassi seguita da tale amministrazione all’epoca della fatturazione
di dette operazioni”,
retroattivamente”

regime poi

“rimesso in discussione,

dalla stessa Amministrazione, lasciando il

soggetto passivo esposto all’azione del suo committente, condizioni
tutte che non ricorrono nella vicenda in esame attesa l’assenza di
una azione di rimborso da parté -\raventi causa e l’obbiettività ‘originaria dell’indebito (v. Cass. n. 6600 del 15/03/2013; Cass. n.
25988 del 10/12/2014);
– il ricorso va pertanto rigettato;
– le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle
spese a favore dell’Agenzia delle entrate che liquida in complessivi
euro 4.000,00, oltre spese prenotate a debito.
Deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 13 novembre 2017

(1,1

che attiene ad una situazione differente e relativa a soggetto che

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