Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2779 del 06/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 06/02/2020, (ud. 07/11/2019, dep. 06/02/2020), n.2779

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19348-2018 proposto da:

B.U.B., in proprio e quale rappresentante legale di F+M

CONSULTING A.G., rappresentati e difesi dagli avvocati LUCIANO

LORUSSO e RENZO VERDIANELLI e domiciliati presso la cancelleria

della Corte di Cassazione;

– ricorrenti –

contro

C.L., rappresentato e difeso dall’avvocato BARBARA DEL

SEPPIA e domiciliato presso la cancelleria della Corte di

Cassazione;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 838/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 09/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/11/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione ritualmente notificato B.U.B., in proprio e quale rappresentante legale di F+M Consulting A.G., proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 67/2005 emesso dal Tribunale di Livorno, sezione distaccata di Piombino, con il quale era stato ingiunto ai due opponenti il pagamento della somma di Euro 46.887,09 in favore di C.L., a fronte di prestazioni di assistenza e consulenza professionale svolte dall’ingiungente in favore degli ingiunti in relazione alla compravendita di un immobile sito in territorio del Comune di Montecatini Val di Cecina, di proprietà di G.C.. Nella narrativa dell’atto di opposizione, gli odierni ricorrenti contestavano l’esistenza dell’incarico professionale, eccependo che il C. era intervenuto nella negoziazione nella sola veste di consulente del venditore G. e chiedendo la chiamata in causa di quest’ultimo in garanzia. L’ingiungente, nel costituirsi, invocava il rigetto dell’opposizione e la condanna degli opponenti ai sensi dell’art. 96 c.p.c..

La chiamata in causa veniva autorizzata dal Tribunale, ma parte opponente non provvedeva alla notifica dell’atto di evocazione in giudizio, onde veniva dichiarata decaduta dal diritto di invocare l’estensione del contraddittorio.

Con sentenza n. 65/2010 il Tribunale rigettava l’opposizione confermando il decreto opposto.

Interponevano appello gli odierni ricorrenti, allegando la nullità della decisione di prime cure perchè il giudice che aveva redatto e sottoscritto la sentenza era diverso da quello che aveva assistito allo svolgimento dell’istruttoria.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 838/2018, la Corte di Appello di Firenze rigettava il gravame.

Propongono ricorso per la cassazione di detta decisione B.U.B. e F+M Consulting A.G. affidandosi ad un unico motivo. Resiste con controricorso C.L.. La parte ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione dell’art. 174 c.p.c., dell’art. 158c.p.c., comma 3 e dell’art. 161 c.p.c. perchè la Corte di Appello avrebbe omesso di considerare che il giudice estensore della sentenza di prime cure era stato designato, in sostituzione di quello precedentemente assegnatario del fascicolo, dopo la precisazione delle conclusioni, ed era diverso dal magistrato che aveva presenziato allo svolgimento dell’istruttoria. Ad avviso dei ricorrenti, nonostante il nuovo giudice avesse rimesso la causa sul ruolo istruttorio per consentire &le parti una nuova precisazione delle conclusioni, si configurerebbe una causa di nullità della sentenza posto che la norma processuale imporrebbe l’immutabilità del giudice e quindi la necessaria coincidenza tra la l persona del magistrato che ha condotto l’istruttoria e quella dell’estensore della decisione finale.

La doglianza è palesemente infondata.

E’ pacifico che la nullità della sentenza emessa dal giudice unico si configura soltanto qualora quest’ultimo, dopo la precisazione delle conclusioni, sia stato trasferito e sostituito con altro giudice che abbia emanato la decisione e sottoscritto la relativa sentenza senza prima adottare un provvedimento cl rimessione della causa sul ruolo onde consentire alle parti una nuova precisazione delle conclusioni (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 13831 del 10/12/1999, Rv. 531985). Il principio generale, infatti, è nel senso che “La sentenza emessa da un magistrato diverso da quello che, a seguito della precisazione delle conclusioni, ha trattenuto la causa in decisione, deve ritenersi nulla, perchè deliberata da un soggetto che è rimasto estraneo alla trattazione della causa. Qualora si renda necessario procedere alla sostituzione del magistrato che ha già trattenuto la causa in decisione, non sarà sufficiente un decreto del capo dell’Ufficio che dispone la sostituzione, ma il nuovo giudice nominato dovrà convocare le parti dinanzi a sè perchè precisino nuovamente le conclusioni” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5854 del 24/03/2004, Rv.571470; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20859 del 29/09/2009, Rv.610171; cfr. anche, in tema di rinnovazione della discussione dinanzi il Giudice di Pace, Cass. Sez. 3 Sentenza n. 13061 del 14/07/2004, Rv.574555; nonchè, in relazione alla deducibilità del vizio esclusivamente come motivo di impugnazione, con esclusione in ogni caso della remissione della causa al primo giudice ai sensi dell’art. 354 c.p.c., Cass. Sez. U, Sentenza n. 26938 del 02/12/2013, Rv. 629205).

Poichè nel caso di specie il giudice nominato in sostituzione dell’originario titolare della causa ha ritualmente provveduto alla remissione del giudizio in istruttoria per consentire alle parti una nuova precisazione delle conclusioni dinanzi a sè, non si configura alcun vizio di nullità, non essendo ravvisabile nell’ambito del diritto processuale civile un principio di immutabilità del giudice del dibattimento declinato con la medesima assolutezza prevista nella procedura civile.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso per cassazione è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, va dichiarata la sussistenza, ai sensi dell’art. 13, comma 1 – quater, del Testo Unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dei presupposti processuali per l’obbligo di versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200 di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva e cassa avvocati come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile, il 7 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2020

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