Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27788 del 22/11/2017


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Civile Ord. Sez. 5 Num. 27788 Anno 2017
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: FUOCHI TINARELLI GIUSEPPE

ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 16383/2011 R.G. proposto da
Principato Giuseppe e Tabone Giuseppina Snc, rappresentata
e difesa dall’Avv. Salvatore Mangiapane, elettivamente domiciliata
presso l’Avv. Mauro Mellini, in Roma Piazza Bainsizza n. 1, giusta
procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura
Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei
Portoghesi n. 12;
– con troricorrente avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Sicilia n. 57/14/10, depositata il 17 maggio 2010.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13 novembre
2017 dal Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.
RILEVATO CHE
– la società Principato Giuseppe e Tabone Giuseppina Snc ricorre
per cassazione, con quattro motivi, avverso la decisione della CTR
in epigrafe che, confermando la sentenza di primo grado, aveva
ritenuto legittimo l’avviso di accertamento per il recupero del

Data pubblicazione: 22/11/2017

credito d’imposta per gli anni 2002 e 2003 ex art. 8, I. n. 388 del
2000 in quanto indebitamente utilizzato nel periodo di sospensione
dell’agevolazione disposta dal d.l. n. 253 del 2003, poi esteso
dall’art. 62 della I. n. 289 del 2002;
– l’Agenzia delle entrate si costituisce eccependo l’inammissibilità e
l’infondatezza del ricorso;

– il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 148 e 149 c.p.c.
e dell’art. 3, I. n. 890 del 1982, deducendo l’inesistenza della
notifica effettuata a mezzo posta per la mancanza della relata;
– il motivo è inammissibile per una pluralità di ragione, difettando
di autosufficienza atteso che, ove sia contestato un vizio della
relata di notificazione, è necessaria la trascrizione (nella specie
assente) integrale di quest’ultima (Cass. n. 5185 del 2017), e ciò
tanto più nel caso in cui, come affermato dalla CTR con
accertamento di fatto non censurato, la relata non fosse inesistente
ma semplicemente apposta nella prima pagina dell’atto, irregolarità
astrattamente idonea a configurare una nullità ma non anche una
inesistenza (v. Sez. U, n. 14916 del 2016), e, comunque, come
statuito dalla CTR, sanata dalla proposizione dell’opposizione, ratio
neppure censurata dal ricorrente;
– il secondo motivo, con cui si denuncia la violazione dell’art. 12,
comma 7, I. n. 212 del 200 per mancata osservanza del termine di
giorni 60 dalla consegna del pvc, è parimenti inammissibile attesa
l’assoluta novità della questione, di cui non vi è alcun cenno nella
sentenza impugnata senza che sia indicato in quale specifico atto
del giudizio precedente la doglianza sia stata formulata;
– il terzo motivo, con cui si denuncia l’inesistenza giuridica dell’atto
impugnato perché non integrante atto tipico in materia tributaria,
ed il quarto motivo, con cui si deduce la nullità dell’atto impugnato
per difetto di motivazione in violazione dell’art. 7, comma 1, I. n.
212 del 2000, mancata indicazione della disposizione legittimante il
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CONSIDERATO CHE

potere accertativo dell’ufficio, omessa allegazione del pvc, nonché
violazione dell’art. 68 d.lgs. n. 546 del 1992, sono inammissibili a
loro volta per una pluralità di profili;
– le doglianze, infatti, oltre che estremamente generiche e carenti
di autosufficienza, restando assente la riproduzione di qualsivoglia
elemento (pvc; avviso di accertamento) suscettibile di confortarne

(omessa allegazione del pvc; l’indicata, pur in alcun modo
sviluppata, violazione dell’art. 68 d.lgs. n. 546 del 1992), hanno
tutte sostanzialmente ad oggetto l’avviso di accertamento neppure riprodotto nel ricorso – e non, come dovrebbero, la
sentenza impugnata, le cui statuizioni sul punto (i.e. l’espressa
riconduzione dell’atto di recupero all’art. 19, comma 1, lett. h,
d.lgs. n. 546 del 1992; la completezza della motivazione dell’atto
impugnato, indicativo anche della norma violata) non sono state in
alcun modo censurate;
– il ricorso va pertanto rigettato per inammissibilità dei motivi e le
spese liquidate per soccombenza;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alla rifusione delle
spese a favore dell’Agenzia delle Entrate che liquida in complessivi
euro 2.500,00, oltre spese prenotate a debito.
Deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 13 novembre 2017

le deduzioni, e, per alcune, con un carattere di assoluta novità

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