Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27784 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. II, 30/10/2019, (ud. 14/02/2019, dep. 30/10/2019), n.27784

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8533-2018 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

M.S., M.A., M.L.,

M.G., M.R., MA.SI., in proprio e nella qualità

di eredi di MA.AN., rappresentati e difesi dall’avvocato

GIANPAOLO BUONO;

– controricorrenti –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il

29/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/02/2019 dal Consigliere CHIARA BESSO MARCHEIS.

Fatto

PREMESSO

CHE:

1. Con ricorso del 14/3/2012 M.G., L., Si., S., R. e A., in proprio e in qualità di eredi di Ma.An., proponevano ricorso alla Corte di appello di Roma per ottenere la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento dell’equa riparazione per irragionevole durata del processo L. n. 89 del 2001, ex art. 1-bis in relazione al procedimento r.g.n. 5194/79 in cui il loro dante causa, deceduto nel corso del giudizio, era stato convenuto da R.D., L., M., A. e G. per l’eliminazione di alcune opere abusive realizzate su lastrico solare.

La Corte di appello, rilevato che il processo era stato interrotto a causa della morte di Ma.An. il (OMISSIS) e riassunto dagli eredi il (OMISSIS), con decreto n. 8329 del 29/9/2017 riconosceva l’irragionevole durata del processo per il solo periodo intercorrente tra la data di proposizione della domanda (26/3/1979) e la morte del dante causa dei ricorrenti ((OMISSIS)), vale a dire circa 29 anni, da cui detrarre il periodo di ragionevole durata, valutato in tre anni. Per questo motivo, riconosceva il diritto all’indennizzo per irragionevole durata ai ricorrenti esclusivamente in qualità di eredi di Ma.An. e pro quota hereditaria, liquidandolo a titolo di danno non patrimoniale nella somma di Euro 13.000; nulla riconosceva invece ai ricorrenti iure proprio, essendo decorsi dal momento della riassunzione a quello della proposizione del ricorso ex L. n. 89 del 2001 poco più di tre anni.

2. Contro il decreto ricorre per cassazione il Ministero della Giustizia.

Resistono con controricorso M.G., L., Si., S., R. e A..

Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

I. Il ricorso è articolato in tre motivi.

a) Il primo motivo lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2,artt. 75 e 112 c.p.c., L. n. 89 del 2001, art. 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere la Corte di appello pronunciato in ordine all’eccepita tardività del ricorso ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 4 tardività dovuta al fatto che il dies a quo L. n. 89 del 2001, ex art. 4 decorrerebbe dalla data di formale interruzione del giudizio presupposto ovvero dalla data di costituzione degli eredi.

Il motivo è infondato. Anzitutto la Corte d’appello si è pronunciata sull’eccezione di tardività (cfr. p. 4 del provvedimento, ove si afferma “che l’azione risulta essere stata ritualmente proposta), eccezione che è comunque infondata alla luce dell’orientamento di questa Corte, secondo cui “il diritto dell’erede di agire in tale qualità, dopo la morte del dante causa, si prospetta come mera possibilità di esercitare quel diritto, senza, quindi, che si possa ricollegare alla morte della parte alcun effetto giuridico incidente sul termine di proponibilità della domanda” (così Cass. 20564/2010, cfr. pure Cass. 28486/2013).

b) Il secondo motivo denuncia, in via alternativa e subordinata, motivazione apparente con riferimento al parametro costituzionale ex art. 111 Cost. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per essere la Corte di appello giunta all’addebito di 26 anni di durata non ragionevole in base ad una “operazione ermeneutica condotta secondo criteri di astratto automatismo”.

Il motivo è infondato, in quanto la Corte di appello ha specificamente argomentato circa la durata irragionevole del processo (v. p. 4 del provvedimento impugnato), con motivazione che pertanto rispetta il parametro costituzionale di cui all’art. 111 Cost..

c) Il terzo motivo, sempre in via alternativa e subordinata, lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per essere il decreto impugnato totalmente omissivo in ordine alla valutazione dei parametri rilevanti ai fini indennitari.

Il motivo è infondato, in quanto la Corte di appello (v. p. 5 del provvedimento impugnato), dopo aver richiamato la presunzione della immanenza del danno non patrimoniale, ha valutato i parametri rilevanti per la sua quantificazione (in particolare, la “non rilevante entità della c.d. posta in gioco”).

II. Il ricorso va quindi rigettato.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore dei controricorrenti che liquida in Euro 1.700, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione seconda civile, il 14 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019

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