Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27781 del 30/10/2019

Cassazione civile sez. II, 30/10/2019, (ud. 14/02/2019, dep. 30/10/2019), n.27781

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 609-2018 proposto da:

F.F., rappresentato e difeso dall’avvocato MARIO ROSSI

DENZA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso il decreto n 2847/2017 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositato il 09/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/02/2019 dal Consigliere CHIARA BESSO MARCHEIS.

Fatto

PREMESSO

CHE:

1. Con ricorso del 12/3/2012 F.F. proponeva ricorso alla Corte di appello di Perugia per ottenere la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento dell’equa riparazione per irragionevole durata del processo L. n. 89 del 2001, ex art. 1-bis in relazione al procedimento di equa riparazione promosso dal medesimo ricorrente dinanzi alla Corte di appello di Roma (r.g.n. 62421/09).

La Corte, con decreto n. 2847 del 9/5/2017, accoglieva il ricorso, quantificando il ritardo in un anno e tre mesi e liquidando la somma di Euro 650 in favore del ricorrente.

2. Contro il decreto ricorre per cassazione F.F.. L’intimato Ministero della Giustizia non ha proposto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

I. Il ricorso è articolato in un unico motivo con cui si contesta violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, art. 6, par. 1, della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, art. 112 c.p.c. e art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omesso esame su un punto decisivo del giudizio prospettato dalle parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Il ricorrente si duole del fatto che la Corte di appello, nel calcolare la durata del presupposto procedimento di equa riparazione r.g.n. 62421/2009 svoltosi innanzi la Corte di appello di Roma, non abbia considerato che in corso di causa è stata depositata memoria L. n. 89 del 2001, ex art. 3, comma 5 (precedente formulazione), con cui si dava atto che nel giudizio presupposto era stato depositato il decreto decisorio in data 28/5/2013 e che avverso tale decreto era stato proposto ricorso in cassazione, ricorso definito con la sentenza n. 14384 del 9/7/2015, con cui la Corte ha rigettato il ricorso. Per tale motivo, sostiene il ricorrente che l’entità del tempo irragionevole fosse da calcolarsi in quattro anni e mezzo, con conseguente necessità di procedere alla rideterminazione tanto dell’importo liquidato a titolo di risarcimento del danno quanto di quello liquidato a titolo di spese e competenze legali per la prima fase di giudizio.

Il motivo è fondato. Come ha affermato questa Corte, “in tema di irragionevole durata del processo, il ricorrente che si avvalga della facoltà di agire per l’equa riparazione prima della definizione del giudizio presupposto – come consentito dal testo originario della L. n. 89 del 2001, art. 4 – ha l’onere di proporre e coltivare la domanda per ogni profilo di danno già maturato, attesi i principi di unicità, concentrazione e infrazionabilità” (Cass. 15803/2016). L’equa riparazione è infatti – come sottolinea Cass. 15803/2016 un’obbligazione ex lege derivante da una responsabilità per fatto lecito, che richiede importanti coperture finanziarie, così che è interesse dello Stato concentrare il giudizio e la conseguente liquidazione del danno anche quando la parte privata abbia optato per la proposizione della domanda durante il corso della causa presupposta. D’altro canto, in tema di risarcimento dei danni, il principio generale della immodificabilità della domanda originariamente proposta è derogabile nel caso di danni c.d. incrementali, ossia quando il danno originariamente dedotto in giudizio si sia ulteriormente incrementato nel corso dello stesso, ferma l’identità del fatto generatore (cfr., al riguardo, da ultimo Cass. 25631/2018).

II. Il ricorso va quindi accolto, il provvedimento impugnato deve essere cassato e la causa rinviata alla Corte d’appello di Perugia che, in diversa composizione, deciderà attenendosi al principio di diritto sopra precisato; la Corte d’appello provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Perugia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione seconda civile, il 14 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2019

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