Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27780 del 04/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/12/2020, (ud. 07/07/2020, dep. 04/12/2020), n.27780

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

Dott. GALATI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1223/2014 R.G. proposto da

FUNGHIDEA S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa dall’Avv. Mariastella Cusano, con domicilio

eletto in Roma, via De Carolis 77, presso lo studio dell’Avv. Diego

Maria Santoro, giusta comparsa di costituzione nuovo difensore

datata 5 marzo 2020;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio,

n. 155/21/2013 depositata il 29 maggio 2013, non notificata.

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 7 luglio 2020

dal consigliere Pierpaolo Gori.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza n. 155/21/13 depositata in data 29 maggio 2013 la Commissione tributaria regionale del Lazio dichiarava inammissibile l’appello principale di Funghidea S.r.l. e accoglieva l’appello incidentale dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza n. 64/2/12 della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva solo parzialmente accolto il ricorso della contribuente avverso l’avviso di accertamento per IVA, IRES e IRAP 2006, contenente riprese ad imposta a titolo di costi indeducibili, omessa contabilizzazione di componenti positivi e maggior reddito di impresa accertato.

– La CTP disattendeva le difese della società, tranne quelle relative alla contestazione della divergenza tra l’importo degli acquisti di merci risultanti dal conto economico e quello risultante dal totale degli acquisti scaturito dalla stampa dei saldi di magazzino. La CTR riteneva inammissibile l’appello principale per difetto di specificità dello stesso. L’accoglimento dell’incidentale era conseguenza, anche ai fini delle riprese per imposte dirette, del rifiuto da parte della contribuente di esibire in sede di ispezione o verifica, o della dichiarazione di non possedere la documentazione, con l’effetto di impedire che questa potesse essere presa in considerazione a suo favore in sede amministrativa o contenziosa.

– Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la contribuente deducendo tre motivi e depositando comparsa di costituzione di nuovo difensore. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– In data 7 luglio 2020 si tiene l’adunanza camerale nell’aula d’udienza della sezione V civile del palazzo della Corte di Cassazione alla presenza dei magistrati pres. del collegio Angelina-Maria Perrino, cons. Paolo Catallozzi, cons. Vincenzo Galati e con la presenza in collegamento remoto attraverso la piattaforma Microsoft Teams – individuata con decreto dirigenziale adottato ai sensi del D.L. n. 18 del 2020, art. 83, convertito in L. n. 24 del 2020 dal direttore generale per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia e pubblicato sul portale dei servizi telematici in data 20 marzo 2020 dei magistrati cons. Roberto Succio e cons. Pierpaolo Gori, ai quali è assicurata la disponibilità agli atti attraverso la medesima piattaforma.

– Con il primo motivo di ricorso – dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ma di contenuto riconducibile al paradigma del n. 4 della previsione processuale da ultimo citata in quanto contiene la denuncia di un vizio motivazionale assoluto -, la società ricorrente deduce l’assoluta carenza di motivazione su un punto decisivo della controversia, per aver la CTR dichiarato inammissibile l’appello principale per difetto di specificità in modo astratto, senza enunciare in alcun modo quali fossero gli specifici difetti del ricorso in appello.

– Il motivo non può trovare ingresso in quanto la ratio decidendi è succinta ma chiaramente espressa nel passaggio della sentenza censurata oggetto del motivo, e consiste nella ritenuta inammissibilità dell’impugnazione per genericità dei motivi a sostegno dell’appello e, per consolidata interpretazione della Corte, ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, dell’appello, ha l’onere di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto a quel giudice, e deve riportarne il contenuto dell’appello nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità (Cass. sez. 5 -, Ordinanza n. 22880 del 29/09/2017, Rv. 645637 – 01). Tale onere non è stato assolto dalla contribuente alle pagg. 3 e 4 del ricorso.

– Con il secondo motivo – articolato in subordine ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la ricorrente lamenta la violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, in quanto “anche senza specificare che il vizio denunciato (nell’appello principale) è quello di palese erroneità delle argomentazioni e, quindi, di falsa applicazione di legge, si evince chiaramente dal ricorso sia la parte della sentenza di primo grado oggetto di impugnazione, sia i motivi per cui tale parte è oggetto di appello” (cfr. p. 5 ricorso).

– Con il terzo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la contribuente deduce la violazione di legge in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, per interpretazione contrastante con l’indirizzo della Corte di cassazione, nella parte in cui la CTR afferma non essere “consentito che il ricorso in appello contenga una richiesta di riforma della sentenza impugnata sulla base di una non specifica doglianza di erroneità in fatto e in diritto della stessa oppure un rinvio tout court alle difese approntate in primo grado”.

– Premesso che il capo della sentenza in cui l’appello incidentale viene accolto non è stato censurato dal ricorso, i motivi secondo e terzo possono essere affrontati congiuntamente in quanto formulati in modo analogo e, in accoglimento dell’eccezione preliminare articolata in controricorso, vanno dichiarati inammissibili.

– La Corte reitera che “L’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso.” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 20405 del 20/09/2006; conformi Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21621 del 16/10/2007 e, in materia tributaria, Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 22880 del 29/09/2017).

– Inoltre, se è vero che la Corte di cassazione, allorquando debba accertare se il giudice di merito sia incorso in “error in procedendo” è anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa, non è meno vero che, non essendo il predetto vizio rilevabile “ex officio”, la Corte non può ricercare e verificare autonomamente i documenti interessati dall’accertamento, ed è necessario che la parte ricorrente non solo indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame, ma anche che illustri la corretta soluzione rispetto a quella erronea praticata dai giudici di merito (cfr. Cass. Sez. U -, Sentenza n. 20181 del 2019 reiterata in parte motiva da ultimo da Cass. Sez. U, Sentenza n. 157 del 2020).

– Va quindi considerato che l’effetto devolutivo dell’appello non esclude la necessità della specificità dello stesso, dal momento che le argomentazioni adottate dal giudice di primo grado devono essere contrastate, al fine di assolvere l’onere di impugnazione specifica imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, quantomeno attraverso un dissenso che investa la decisione nella sua interezza e, comunque, dall’atto di gravame, interpretato nel suo complesso, le ragioni di censura devono essere ricavabili, seppur per implicito, in termini inequivoci (Cass., Sez. 5 -, Sentenza n. 32954 del 20/12/2018 (Rv. 652142 01).

– Orbene, nè nel secondo nè nel terzo motivo di ricorso, entrambi diretti a censurare la statuizione della CTR di inammissibilità dell’appello principale per difetto di specificità, la ricorrente riporta alcun brano dell’atto di appello o di altro atto difensivo o della sentenza di primo grado, nè riporta adeguatamente il loro contenuto attraverso un riassunto al fine di dimostrare la specificità delle proprie difese in appello in relazione alla decisione di primo grado, e così utilmente aggredire l’accertamento in fatto dell’assenza di tale requisito operata dal giudice d’appello. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza, non integrabile da parte della Corte.

– Le spese di lite, regolate secondo soccombenza, sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione alla controricorrente delle spese di lite, liquidate in Euro 5.600,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2020

 

 

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