Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27776 del 22/11/2017


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 27776 Anno 2017
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: GRECO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 457-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lq rappresenta e difende;
– ricorrenti contro

MECHANIC BUILDING FACTORY SRL in persona dell’Amm.re
Unico e legale rappresentante pro tempore, domiciliatq
in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la cancelleria della CORTE
DI CASSAZIONE, rappresentatq e difesq dall’avvocato
PIETRO COPPA giusta delega a margine;

Data pubblicazione: 22/11/2017

- controricorrenti –

avverso

la

, sentenza

n.

306/2010

della

COMM.TRIB.REGpEZ.DIST. di SIRACUSA, depositata il
02/11/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/01/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per
l’inammissibilità e in subordine il rigetto del
ricorso.

GRECO;

FATTI DT CAUSA

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione con
un motivo nei confronti della sentenza della Commissione
tributaria regionale della Sicilia che, rigettandone l’appello,
ha confermato l’annullamento dell’intimazione, notificata il 20
noveMbre 2007 alla MBF – Mechanic Building Factory srl, di
pagamento delle somme, dovute a titolo di ritenute alla fonte per
l’anno 1996, portate da una cartella che la parte assumeva non

d’appello, né l’agente della riscossione né lo stesso ufficio
avevano fornito la prova in giudizio.
La società contribuente, che promuoveva il giudizio tanto
nei confronti dell’Agenzia delle entrate che della Serit Sicilia
spa, oltre a dedurre l’inesistenza del credito
dell’amministrazione finanziaria, aveva infatti lamentato, oltre
alla decadenza dell’azione di riscossione e alla prescrizione del
presunto credito, la mancata notifica della cartella di
pagamento, atto presupposto.
Il giudice d’appello ha ritenuto che dalla fotocopia di una
relata di notifica eseguita il 1° ottobre 2002 prodotta
dall’ufficio in primo grado – assumendo fosse la copia confolme
all’originale della “relata di notifica della cartella impugnata”
-, e prodotta anche dalla Serit spa all’atto di costituirsi in
secondo grado, si ricavava trattarsi, per quanto fosse poco
chiaramente leggibile, di una cartella di pagamento recante lo
stesso numero identificativo indicato nell’intimazione impugnata.
Tuttavia, né l’ufficio né l’agente della riscossione, sui quali
incoMbeva l’onere probatorio, entrambi chiamati legittimamente in
giudizio, avevano prodotto l’atto prodromico. Non poteva pertanto
ritenersi assolto l’onere della prova con la sola produzione
della fotocopia di una relata di notifica, peraltro contestata
dall’appellata, non accompagnata dalla produzione della cartella
che si assume notificata. Tale mancata produzione precludeva, tra
l’altro, la possibilità di verificare se il carico tributario
fosse quello derivante dalla cartella esattoriale che si assume
notificata, della quale non si conosceva il contenuto.
La società contribuente resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE

2

aver mai ricevuto, e della cui notificazione, secondo il giudice

Con l’unico motivo, denunciando violazione e falsa
applicazione dell’art. 10 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art.
50 del d.P.R. n. 602 del 1973, l’amministrazione ricorrente
eccepisce il proprio difetto di legittimazione passiva, assumendo
che nella fattispecie non era configurabile un litisconsorzio
necessario, sicché doveva essere chiamato in causa esclusivamente
il concessionario, cui era direttamente ascrivibile il vizio
dell’atto, con conseguente inammissibilità del ricorso proposto

l’unico legittimato le volte che si deduca che un atto sia
viziato da errori a lui imputabili, ossia nel caso di vizi propri
della cartella o degli atti di riscossione successivi. “In
assenza di vizi propri, non potrebbe essere annullata
un’iscrizione a ruolo solo per il fatto che non è stata
notificata mediante la cartella di pagamento”.
Il ricorso è infondato.
Secondo l’insegnamento del giudice della nomofilachia,
infatti, “la cartella di pagamento svolge la funzione di portare
a conoscenza dell’interessato la pretesa tributaria iscritta nei
ruoli, entro un termine stabilito a pena di decadenza della
pretesa tributaria, ed ha un contenuto necessariamente più ampio
dell’avviso di mora, la cui notifica è prevista soltanto per il
caso in cui il contribuente, reso edotto dell’imposta dovuta, non
ne abbia eseguito spontaneamente il pagamento nei termini
indicati dalla legge. La mancata notificazione della cartella di
pagamento comporta pertanto un vizio della sequenza
procedimentale dettata dalla legge, la cui rilevanza non è
esclusa dalla possibilità, riconosciuta al contribuente dall’art.
19, comma terzo, del d.lgs. 31 diceffibre 1992, n. 546, di
esercitare il proprio diritto di difesa a seguito della
notificazione dell’avviso di mora, e che consente dunque al
contribuente di impugnare quest’ultimo atto, deducendone la
nullità per omessa notifica dell’atto presupposto o contestando,
in via alternativa, la stessa pretesa tributaria azionata nei
suoi confronti. In entrambi i casi, la legittimazione passiva
spetta all’ente titolare del credito tributario e non già al
concessionario, al quale, se è fatto destinatario
dell’impugnazione, incombe l’onere

3

di

chiamare in giudizio il

nei confronti dell’ufficio. L’agente della riscossione sarebbe

predetto ente, se non vuole rispondere dell’esito della lite, non
essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del
contraddittorio, in quanto non è configurabile nella specie un
litisconsorzio necessario” (Cass. sez. unite, 25 luglio 2007, n.
16412).
Questa Corte ha tra l’altro in proposito avuto modo di
chiarire come “in tema di disciplina della riscossione delle
imposte mediante iscrizione nei ruoli, nell’ipotesi di giudizio

della cartella, non sussiste litisconsorzio necessario tra
l’Amministrazione Finanziaria ed il Concessionario alla
riscossione, né dal lato passivo, spettando la relativa
legittimazione all’ente titolare del credito tributario con onere
del concessionario, ove destinatario dell’impugnazione, di
chiamare in giudizio il primo se non voglia rispondere delle
conseguenze della lite, né da quello attivo, dovendosi, peraltro,
riconoscere ad entrambi il diritto all’impugnazione nei diversi
gradi del processo tributario: così statuendo, la S.C. ha cassato
la sentenza impugnata, rilevando, peraltro, che, nella specie, i
vizi accertati nella decisione di primo grado in relazione alla
pretesa tributaria riguardavano sia il suo fondamento iscrizione a ruolo – sia il procedimento notificatorio della
cartella, sicché erroneamente era stata esclusa la legittimazione
dell’Amministrazione Finanziaria alla sua impugnazione” (Cass. n.
9762 del 2014). Nella specie la società contribuente con
l’impugnazione “dell’iscrizione a ruolo e dell’intimazione di
pagamento” si doleva anzitutto dell’inesistenza del credito
dell’amministrazione finanziaria, dell’illegittimità della
procedura di riscossione per la mancata notifica dell’atto
presupposto, la cartella di pagamento, della decadenza
dell’azione di riscossione della prescrizione del presunto
credito.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano
come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate

4

relativo a vizi dell’atto afferenti il procedimento di notifica

in euro 3.000 per compensi di avvocato, oltre alle spese generali
determinate forfetariamente nella misura del 15 per cento.A_
Così deciso in Roma il 27 gennaio 2017.
Il consigliere estensore

à

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