Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27775 del 04/12/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/12/2020, (ud. 07/10/2020, dep. 04/12/2020), n.27775

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – rel. Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6420-2017 proposto da:

C.S. SRL, in persona dell’amministratore unico e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

FOSSO DEL TORRINO, 4/10, presso lo studio dell’avvocato CAMPILII

SABATINO, rappresentato e difeso dall’avvocato MARCELLO CORDOMA

giusta procura in calce;

– ricorrente-

contro

EQUITALIA SUD SPA, COMUNE DI ROMA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4875/2016 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 25/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/10/2020 dal Consigliere Dott. MARINA CIRESE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO che ha concluso per l’inammissibilità in subordine

il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La C.S. s.r.l. proponeva ricorso per revocazione ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 64, nei confronti delle sentenze della CTR del Lazio n. 790/14/14 e 791/14/14, rilevando di essere venuta a conoscenza di errori nella notifica degli atti di appello.

La CTR del Lazio con sentenza in data 25.7.2016 dichiarava inammissibile il ricorso per revocazione ritenendo che l’asserito difetto di notifica degli atti di appello non integrasse un errore revocatorio che si sostanzia nella errata percezione di un fatto bensì un errore di diritto censurabile ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 o 5.

Avverso detta pronuncia proponeva ricorso per cassazione articolato in un motivo la società contribuente. Le parti intimate non si costituivano.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Va ritenuta preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per difetto di specificità. Ed invero l’atto si risolve nella confusa rievocazione dei fatti processuali e nella prospettazione di una promiscua pluralità di doglianze, peraltro già articolate nelle fasi antecedenti del procedimento, senza la formulazione di censure specificamente riconducibili ad alcuna delle tassative ragioni di impugnazione per cassazione previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1. A riguardo questa Corte ha infatti già avuto modo di chiarire (vedi tra le altre Cass. n. 19959/14; n. 11603/18) che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicchè è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo – o come nella specie, senza alcuna articolazione di motivi – sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito.

Vi è poi un’ulteriore ragione di inammissibilità, dal momento che fanno qui difetto la stessa individuazione e la relativa censura alla ratio decisoria della ctr la quale, richiamando Cass. n. ord. 1/2016 (a sua volta richiamante Cass. n. 17110/10), ha ritenuto inammissibile la revocazione per l’assenza di una “espressa” (erronea) supposizione di sussistenza o insussistenza della notificazione degli atti di appello, essendo tale supposizione rimasta “implicita” nell’accoglimento nel merito degli appelli stessi; con conseguente rimedio non già nella revocazione ma nel ricorso per cassazione per violazione della legge processuale (mancata integrazione del contraddittorio). Ebbene, a fronte di questa ratio, la società ricorrente si limita a dire che “a parere dello scrivente la mancata verifica della regolarità della notificazione integra errore di fatto ricorribile ex art. 395.4” (ric. 10), che altro non è se non una ripetizione mera della tesi originaria, non già la confutazione logica e giuridica della ratio indicata.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile. Nulla a provvedere sulle spese stante la mancata costituzione delle parti intimate. Deve peraltro darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, art. 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 7 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2020

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