Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27774 del 22/11/2017


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 27774 Anno 2017
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: GRECO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 17079-2011 proposto da:
DELLA VALLE IMMOBILIARE SRL IN LIQUIDAZIONE in persona
del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliatq
in ROMA, VIA VITTORIA COLONNA 32, presso lo studio
dell’avvocato MARIA FEDERICA OLIVIERI, che lq
rappresenta e difende giusta delega in calce;
– ricorrenti contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliatq in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che l rappresenta e difende;

Data pubblicazione: 22/11/2017

- controricorrenti avverso la sentenza n. 150/2010 della COMM.TRIB.REG.
4 Lo Ac,70t.Za.
di=5ttidia22, depositata il 28/12/2010;

1

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
v
udienza del 27/01/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO
GRECO;

riporta al ricorso;
udito per il controricorrente l’avvocato GUIZZI che si
riporta al controricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udito per il ricorrente l’Avvocato OLIVIERI che si

FATTI DI CAUSA

La srl Della Valle Immobiliare propone ricorso per
cassazione con quattro motivi nei confronti della sentenza della
Commissione tributaria regionale della Lombardia che, accogliendo
parzialmente l’appello dell’Agenzia delle entrate, nel giudizio
promosso con l’irrpugnazione della cartella di pagamento, emessa
ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, portante
iscrizioni a ruolo per mancato versamento di ritenute alla fonte

esservi stato il versamento delle ritenute, e che pertanto
l’iscrizione a ruolo doveva riguardare l’eventuale comminazione
delle sole sanzioni per ritardato versamento.
Ha pertanto riformato la sentenza di primo grado statuendo
la legittimità della cartella limitatamente alle sole sanzioni
per i versamenti, ed annullandola nel resto.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE

Col primo motivo la contribuente, denunciando violazione
degli artt. 345 cod. proc. civ. e 57 e 58 del d. lgs. n. 546 del
1992, lamenta che il documento relativo alla regolare intervenuta
notificazione del previo avviso bonario sia stato depositato solo
in appello, laddove in primo grado l’ufficio si era difeso
genericamente, chiedendo di respingere il ricorso perché
“comunque infondato e non provato”, e che la sua ammissione abbia
contravvenuto al divieto di produzione in secondo grado di tutti
quei documenti volti a dimostrare la fondatezza di domande ed
eccezioni precluse dal detto Oart. 57; col secondo si duole che
il giudice non abbia motivato sulla indispensabilità della nuova
prova in appello, come prescritto dall’art. 345 cod. proc. Civ.;
col terzo motivo assume, sotto il profilo della insufficiente
motivazione, che nessuna ritenuta sarebbe stata versata in
ritardo; col quarto motivo denuncia la contraddittorietà della
motivazione, perché il giudice d’appello avrebbe da una parte
riconosciuto la fondatezza dell’eccezione di essa contribuente
circa “il versamento delle ritenute”, ma poi non avrebbe
annullato in toto l’iscrizione a ruolo.
I primi due motivi, (li trattare congiuntamente in quanto
legati, sono infondati.

2

dovute per l’anno 2005, con interessi e sanzioni, ha accertato

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, “in
materia di produzione documentale in grado di appello nel
processo tributario, alla luce del principio di specialità
espresso dall’art. 1, coma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n.
546 – in forza del quale, nel rapporto fra norma processuale
civile ordinaria e norma processuale tributaria, prevale
quest’ultima – non trova applicazione la preclusione di cui
all’art. 345, terzo comma, cod. proc. civ. (nel testo introdotto

dall’art. 58, comma 2, del citato d.lgs., che consente alle parti
di produrre liberamente i documenti anche in sede

di gravame,

sebbene preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado” (Cass.
n. 18907 del 2011, n. 7714 del 2013, n. 655 del 2014, n. 22776
del 2015. Cass. n. 3611 del 2006 sottolinea come la distanza dal
modello del codice di rito sia vieppiù resa palese dal fatto che
l’art. 58, comma 1, consente al giudice d’appello di valutare la
possibilità di disporre “nuove prove”).
E’ appena il caso di ricordare, poi, come nel processo
tributario “il divieto di proporre nuove eccezioni in appello,
posto dall’art. 57, coma secondo, del d.lgs. 31 dicembre 1992,
n. 546, riguarda l’eccezione in senso tecnico, ossia lo strumento
processuale con cui il contribuente, in qualità di convenuto in
senso sostanziale, fa valere un fatto giuridico avente efficacia
modificativa o estintiva della pretesa fiscale, ma non limita la
possibilità dell’Amministrazione di difendersi dalle
contestazioni già dedotte in giudizio, perché le difese, le
argomentazioni e le prospettazioni dirette a contestare la
fondatezza di un’eccezione non costituiscono, a loro volta,
eccezione in senso tecnico: in applicazione del principio, la
S.C. ha ritenuto contrastante con il disposto della citata norma
la declaratoria di inammissibilità del motivo di appello con cui
l’Ufficio, impugnando la sentenza

di primo grado che aveva

annullato una iscrizione ipotecaria per mancata notifica delle
cartelle presupposte, aveva dedotto per la prima volta che tali
cartelle non erano state regolarmente notificate, producendo la
relativa documentazione” (Cass. n. 14486 del 2013).
Si rivelano invece inammissibili il terzo ed il quarto
motivo del ricorso.

3

dalla legge 18 giugno 2009, n. 69), essendo la materia regolata

Non coglie nel segno, infatti, il terzo motivo.
Il giudice d’appello ha infatti accertato che le ritenute
erano state versate in due tranche, una prima parte in data 16
novembre 2005 ed una seconda parte in data 16 gennaio 2006, e
quindi tardivamente; ed ha rilevato come la contribuente aveva
contestato la tardività dell’adempimento senza documentare
efficacemente le date dei pagamenti ai percipienti.
Con la censura in esame la ricorrente assume di aver

apoditticamente di aver operato un versamento di ritenute in un
diverso ed ulteriore momento, il 17 ottobre 2005, senza offrire
a conforto della tesi alcun ulteriore elemento, così come era
avvenuto in appello.
Con riguardo al quarto motivo, poi, la Commissione
regionale ha riformato la sentenza di primo grado “statuendo la
legittimità della cartella limitatamente alle sole sanzioni per i
versamenti tardivi ed annullandola nel resto”, sicché non è dato
ravvisare nella decisione d’appello la contraddittorietà di cui
la ricorrente si duole.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano
come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio, che si liquidano in euro 2.500 per compensi di
avvocato, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma il 27 gennaio 2017.
Il consigliere estensore

effettuato i versamenti nelle due date indicate; inoltre afferma

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