Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27774 del 20/12/2011

Cassazione civile sez. II, 20/12/2011, (ud. 09/11/2011, dep. 20/12/2011), n.27774

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7106/2006 proposto da:

D.P.W. (OMISSIS), D.P.A.

(OMISSIS), D.P.B. (OMISSIS), nella loro

qualità di eredi di D.P.G., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA SILVIO PELLICO 44, presso lo studio dell’avvocato CARONE

FABIANI ACHILLE, rappresentati e difesi dagli avvocati SACCUTI

Claudino, LANCI ONE ANGELO;

– ricorrenti –

e contro

G.I. DECEDUTO E PER ESSO ER G.B., M.

A., G., G.B., G.A.R.,

G.S., G.A.;

– intimati –

sul ricorso 10417-2006 proposto da:

G.B. (OMISSIS), nella qualità di erede di

G.I. deceduto, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

GIAMGIACOMO PORRO 8, presso lo studio dell’avvocato CAPRIOLO SIMONA,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato RAVEGLIA LAURA;

– controricorrente ricorrente incidentale –

contro

D.P.W. (OMISSIS), D.P.A.

(OMISSIS), D.P.B. (OMISSIS), nella loro

qualità di eredi di D.P.G. elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA SILVIO PELLICO 44, presso lo studio dell’avvocato CARONE

FABIANI ACHILLE, rappresentati e difesi dagli avvocati SACCUTI

CLAUDINO, LANCIONE ANGELO;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 445/2005 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 24/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2011 dal Consigliere Dott. LINA MATERA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta, che ha concluso per rina^issibllità del ricorso

principale, per difetto di procura e nel Merito per 11 rigetto dei

ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 29-1-1987 G.I. conveniva dinanzi al Tribunale di Teramo D.P.G., assumendo che quest’ultimo, proprietario di alcuni fondi posti a confine con quelli dell’attore, aveva profondamente alterato la situazione dei luoghi, facendo in modo da convogliare le acque meteoriche ricadenti sul proprio suolo in quello di proprietà del G., sì da arrecare allo stesso continui allagamenti, con gravi danni per le coltivazioni esistenti; che il convenuto aveva altresì realizzato una conduttura sotterranea per l’irrigazione dei propri fondi, interrando la relativa tubazione lungo la parte terminale del fondo dell’istante; che, infine, il D.P. si era indebitamente appropriato di una striscia di terreno costituente parte di una stradina comunale utilizzata da tutti i proprietari dei fondi ad essa attigui. Tanto premesso, l’attore chiedeva la condanna del convenuto al ripristino dello stato dei luoghi ed al risarcimento dei danni subiti.

Nel costituirsi, il D.P. contestava la fondatezza della domanda, sostenendo che l’alterazione dello stato dei luoghi denunciata dall’attore era conseguenza della costruzione della strada comunale da parte della Pubblica Amministrazione; che la tubatura sotterranea non insisteva nel fondo attoreo, ma nel sottosuolo della strada comunale; che, in relazione alla lamentata appropriazione della striscia di terreno, difettava la legittimazione attiva dell’attore, essendo la strada di proprietà comunale; che tale strada, comunque, non era più utilizzata.

Con sentenza depositata il 1-3-1997 il giudice adito rigettava la domanda.

Tale decisione veniva appellata dal G..

La Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza depositata il 24/5/2005, in accoglimento per quanto di ragione del gravame, condannava il convenuto al pagamento della somma di Euro 33,53, oltre rivalutazione ed interessi, per ciascuno degli anni dal 1986 al 1989, dichiarando compensate tra le parti le spese di giudizio. In motivazione, la Corte territoriale rilevava che dalla consulenza tecnica d’ufficio espletata in grado di appello risultava che la causa principale degli allagamenti lamentati dall’attore era costituita dalla scomparsa della strada comunale (OMISSIS); che dalle testimonianze acquisite era emerso che tale strada era stata arata e incorporata dal D.P.; che dalla stessa consulenza tecnica risultava che la mancanza di un adeguato sistema di raccolta dell’acqua sulla strada comunale (OMISSIS) costituiva una concausa dei danni; che la minore produttività del fondo dell’attore si era verificata dal 1986 al 1989; che il convenuto doveva ritenersi responsabile di tali danni nella misura del 50%.

Per la cassazione della predetta sentenza ricorrono D.P. W., A. e B., nella qualità di eredi di D.P. G., sulla base di tre motivi.

G.B., quale erede di G.I., resiste con controricorso, con il quale ha altresì proposto ricorso incidentale, affidato a tre motivi.

I ricorrenti hanno depositato un controricorso incidentale e una memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) In primo luogo va disposta la riunione dei ricorsi, principale e incidentale.

2) In via preliminare deve esaminarsi l’eccezione, sollevata in limine dal controricorrente, di nullità della procura apposta a margine di ricorso e, di conseguenza, del ricorso stesso.

Il G. rileva che tale procura risulta conferita agli avv. Claudino Saccuti e Valerla Saccuti, con elezione di domicilio in Alba Adriatica, via Arezzo n. 4, mentre la certificazione di autenticità risulta sottoscritta dall’avv. Angelo Lancione; che il ricorso risulta sottoscritto dall’avv. Lancione, al quale le parti non hanno conferito alcun mandato, e dall’avv. Claudino Saccuti, che ha ricevuto il mandato, ma non ha certificato l’autenticità delle firme; che, infine, nella intestazione dei ricorso, in contrasto con la procura conferita a margine, si afferma che i ricorrenti hanno rilasciato la procura agli avv. Angelo Lancione, Claudino Saccuti e Achille Carone.

L’eccezione è infondata.

Giova rammentare che, per giurisprudenza costante di questa Corte, la mancata certificazione, da parte del difensore, dell’autografia della firma da parte del ricorrente, apposta sulla procura speciale in calce o a margine del ricorso per cassazione (e quindi a maggior ragione nella copia notificata), costituisce una mera irregolarità, che non comporta la nullità della procura “ad litem”, perchè tale nullità non è comminata dalla legge, nè detta formalità incide sui requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo dell’atto, individuabile nella formazione del rapporto processuale attraverso la costituzione in giudizio del procuratore nominato, salvo che la controparte non contesti, con valide e specifiche ragioni e prove, l’autografìa della firma non autenticata (Cass. Sez. Un. 17-12-1998 n. 12625; Cass. 26-5-2000 n. 6959; Cass. 27/12/2004 n. 23994).

Nella specie, pertanto, il fatto che l’autenticità delle sottoscrizioni apposte alla procura speciale conferita a margine del ricorso agli avv. Claudino Saccuti e Valeria Saccuti sia stata certificata da un difensore diverso (l’avv. Angelo Lancione), non comporta la nullità dei mandato, non avendo il G. specificamente contestato l’autografia delle firme apposte dai ricorrenti alla procura speciale.

Sotto altro profilo, si osserva che effettivamente la procura speciale apposta a margine del ricorso non risulta conferita all’avv. Angelo Lancione, che ha sottoscritto il ricorso e viene indicato nell’epigrafe di tale atto quale difensore dei ricorrenti, insieme all’avv. Claudino Saccuti. L’avv. Lancione, pertanto, non risulta investito di rituale mandato. Ciò non incide, tuttavia, sulla validità del ricorso, che risulta sottoscritto anche dall’avv. Claudino Saccuti, al quale è stata conferita valida procura speciale.

Quanto alla posizione dell’avv. Achille Carone, infine, si rileva che il medesimo, contrariamente a quanto dedotto dal controricorrente, nell’epigrafe del ricorso viene indicato quale mero domiciliatario dei ricorrenti, e non quale rappresentante e difensore degli stessi.

3) Con il primo motivo del ricorso principale i D.P. denunciano l’omessa e insufficiente motivazione. Sostengono che la Corte di Appello ha aderito in modo acritico alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio nominato in secondo grado, il quale, ribaltando il giudizio espresso dal precedente consulente tecnico (che aveva individuato nelle sole opere eseguite sulla strada comunale (OMISSIS) la causa degli allagamenti), ha ravvisato la causa prima dei lamentati allagamenti del fondo sottostante di proprietà G. nella scomparsa della strada comunale Purgatorio e del parallelo formale, ed ha ritenuto la mancanza di un adeguato sistema di raccolta dell’acqua sulla strada comunale (OMISSIS) una mera concausa. Deducono che le conclusioni del secondo consulente d’ufficio appaiono illogiche e irrazionali e risultano basate su presupposti errati.

Il motivo non appare meritevole di accoglimento.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, le conclusioni assunte dal consulente tecnico sono impugnabili con ricorso per cassazione solamente qualora le censure ad esse relative siano state tempestivamente prospettate avanti al giudice di merito, alla stregua di quanto si evinca dalla sentenza impugnata ovvero dall’atto del procedimento di merito – che il ricorrente deve specificamente indicare – ove le stesse risultino essere state formulate, e vengano espressamente indicate nel motivo di ricorso, in modo che al giudice di legittimità risultino consentiti il controllo, ex actis, della relativa veridicità nonchè la valutazione della decisività della questione (Cass. 31-3-2006 n. 7696; Cass. 29-9-1998 n. 9711; Cass. 15- 2-2002 n. 2207; Cass. 12-2-2004 n. 2707).

Nella specie, dalla lettura della sentenza impugnata risulta che, nel giudizio di appello, il convenuto non ha sollevato specifiche contestazioni in ordine alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio espletata in tale grado. In omaggio al principio di autosufficienza del ricorso, pertanto, i D.P. avrebbero dovuto indicare specificamente i rilievi critici formulati dal convenuto nel giudizio di merito, trascrivendoli per esteso e indicando gli atti del procedimento in cui tali contestazioni erano state mosse. Nulla di tutto ciò si coglie nel motivo in esame, con il quale i ricorrenti si sono limitati a manifestare le loro ragioni di dissenso dalle conclusioni del secondo consulente tecnico d’ufficio, recepite nella sentenza impugnata.

Sotto altro profilo, si osserva che il giudice del merito non è tenuto a giustificare diffusamente le ragioni della propria adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, ove manchino contrarie argomentazioni delle parti o esse non siano specifiche, potendo, in tal caso, limitarsi a riconoscere quelle conclusioni come giustificate dalle indagini svolte dall’esperto e dalle spiegazioni contenute nella relativa relazione. Esso, al contrario, non può esimersi da una più puntuale motivazione, allorquando le critiche mosse alla consulenza siano specifiche e tali, se fondate, da p condurre ad una decisione diversa da quella adottata (Cass. 13/12/2006 n. 26694; Cass. 11-3-2002 n. 3492).

Nel caso in esame, come si è rilevato, non risulta che il convenuto, nel giudizio di merito, abbia sollevato specifiche critiche in ordine alle conclusioni cui è pervenuto il consulente tecnico d’ufficio nominato in appello, secondo cui, come si legge nella sentenza impugnata, “la scomparsa della strada (OMISSIS) e del parallelo formale è la causa prima dei lamentati allagamenti del fondo sottostante di proprietà G.”, e “la mancanza di adeguato sistema di raccolta dell’acqua sulla strada comunale (OMISSIS) risulta concausale, poichè incrementa la quantità di acqua che si riversa sui fondi a valle”. Il giudice del gravame, pertanto, nel rilevare che tali conclusioni erano fondate su “ogni possibile utile accertamento” e su un “procedimento logicamente corretto e tecnicamente valido”, non era tenuto a giustificare in maniera più diffusa le ragioni della propria adesione alle valutazioni espresse dal consulente tecnico.

4) Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, sia in relazione all’affermazione secondo cui non risulterebbe provato che gli allagamenti avrebbero iniziato a verificarsi dopo gli interventi sulla strada (OMISSIS) e sarebbero cessati dopo l’interramento del canale di scolo, sia in relazione al rilievo secondo cui tale circostanza sarebbe, comunque, priva di univoco significato. Fanno presente che la circostanza innanzi indicata era stata espressamente riferita dal teste D.B. all’udienza dell’11-2-1992.

Il motivo è infondato.

Come è stato puntualizzato dalla giurisprudenza, qualora il ricorrente in sede di legittimità denunci l’omessa valutazione di un documento ovvero di una prova testimoniale, il vizio di motivazione può ritenersi sussistente soltanto nel caso di totale obliterazione del documento o di elementi deducibili dal documento, oppure dalla deposizione, che si palesino idonei a condurre -secondo una valutazione che la Corte di Cassazione esprime sul piano astratto e in base a criteri di verosimiglianza – ad una decisione diversa da quella adottata dal giudice di merito. Nella denuncia di questo vizio, il ricorrente ha dunque l’onere, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di riprodurre il tenore esatto del documento, ovvero della prova testimoniale, il cui omesso esame è denunciato, riportandone il contenuto nella sua integrità, in modo da permettere siffatta valutazione di decisività, essendo insufficienti i richiami “per relationem” agli atti della precedente fase del giudizio, inammissibili in sede di legittimità (Cass. 28/2/2006 n. 4405; Cass. 16-2-2007 n. 3651).

Nella specie, il ricorrente si è limitato a riportare in modo riassuntivo il contenuto di alcune dichiarazioni rese dal teste D. B., che, in quanto estrapolate dall’intero contesto della relativa deposizione, non consentono di attribuire carattere di decisività alle prove non valutate dalla Corte di Appello.

L’ulteriore censura mossa dai ricorrenti implica una valutazione alternativa rispetto a quella espressa dal giudice del gravame circa il significato non univoco da attribuirsi alla circostanza dedotta dai D.P., secondo cui gli allagamenti avrebbero iniziato a verificarsi dopo gli interventi sulla strada (OMISSIS) e sarebbero cessati dopo l’interramento del canale di scolo.

5) Deve essere disatteso, infine, anche il terzo motivo, proposto in via subordinata, con il quale i ricorrenti denunciano l’illogicità della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui, pur avendo compensato le spese di giudizio, ha posto a carico esclusivo dell’appellato le spese delle consulenze tecniche d’ufficio espletate in primo e secondo grado.

Come è noto, in tema di regolamento delle spese processuali, il sindacato di legittimità è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa. Nella specie, pertanto, i ricorrenti, dovendo essere considerati almeno in parte soccombenti, non possono dolersi della condanna alle spese delle consulenze tecniche d’ufficio, emessa nei loro confronti dal giudice di merito.

6) Con il primo motivo di ricorso incidentale il G. lamenta l’omessa e insufficiente motivazione in ordine alla domanda di ripristino dello stato dei luoghi. Sostiene che tale domanda, contrariamente a quanto affermato in sentenza, non riguardava la stradina comunale, ma l’argine della “forma” o “formale”, che costituiva una barriera naturale e che il D.P. aveva rotto, ostruito e occupato.

Il motivo è infondato.

Dalla lettura della sentenza impugnata (v. pag. 4) risulta che in primo grado l’attore aveva lamentato l’indebita appropriazione, da parte del D.P., di una striscia di terreno facente parte della strada comunale (OMISSIS); e che solo in appello (v. conclusioni riportate a pag. 2) l’attore ha dedotto che il convenuto aveva invaso anche l’alveo dei ruscello artificiale -o formale-, cancellandone l’argine naturale nella parte in corrispondenza con la sua proprietà, ed ha chiesto, conseguentemente, anche in relazione al detto formale, il ripristino dello stato dei luoghi.

Pertanto, trattandosi di una domanda nuova, introdotta in appello in violazione del divieto posto dall’art. 345 c.p.c., la Corte di Appello non era tenuta ad esaminarla.

7) Con il secondo motivo il ricorrente incidentale denuncia l’erronea, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla quantificazione del danno, che la Corte di Appello ha limitato temporalmente ai soli anni dal 1986 al 1989 e ridotto ulteriormente al 50%. Sostiene che gli allagamenti si sono protratti per molti più anni, e che gli stessi non erano conseguenza della realizzazione della strada (OMISSIS), ma della ostruzione del canale di sottoscarpata ad opera del D.P..

Anche tale motivo è privo di fondamento.

Quanto al periodo preso in considerazione ai fini della liquidazione dei danni, la decisione impugnata risulta sorretta da una motivazione adeguata, con la quale è stato spiegato che nell’atto di citazione, proposto nel 1987, il G. aveva affermato che il D.P. aveva alterato la situazione dei luoghi “recentemente”, e che dall’espletata istruttoria non erano emersi allagamenti verificatisi successivamente al 1989. Di qui la conclusione, coerente e logica, secondo cui la minore produttività del fondo attoreo si era verificata negli anni dal 1986 al 1989.

Quanto alla limitazione della condanna dei convenuti al risarcimento del 50% dei danni, la relativa pronuncia trova una plausibile giustificazione nell’acclarata sussistenza di una concausa, rappresentata dalla mancanza di un adeguato sistema di raccolta dell’acqua sulla strada comunale (OMISSIS).

Non sussistono, pertanto, i dedotti vizi motivazionali.

E’ evidente, al contrario, che con le censure mosse il G. mira sostanzialmente ad ottenere un riesame nel merito della vicenda, al fine di pervenire a conclusioni per lui più favorevoli. Ma, come è noto, nel giudizio di legittimità, che non è un giudizio di merito di terzo grado, le parti non possono chiedere alla Corte di Cassazione una nuova cognizione dei fatti ed una diversa valutazione delle risultanze processuali.

8) Con il terzo motivo il ricorrente incidentale si duole della illogica e contraddittoria statuizione in ordine ala pronuncia di compensazione delle spese “per giusti motivi”, non enunciati e non sussistenti.

Il motivo non è meritevole di accoglimento.

Deve rammentarsi che, nel regime anteriore a quello introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a), il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese “per giusti motivi” deve trovare un adeguato supporto motivazionale, anche se, a tal fine, non è necessaria l’adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento, purchè, tuttavia, le ragioni giustificatrici dello stesso siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito (o di rito) (Cass. Sez. Un. 30/7/2008 n. 20598).

Nel caso di specie, la Corte di Appello ha disposto la compensazione delle spese “per giusti motivi” in considerazione dell'”esito del giudizio”, con ciò tenendo sostanzialmente conto dell’accoglimento solo parziale delle richieste risarcitorie avanzate dall’attore e del rigetto delle altre domande. L’obbligo motivazionale, pertanto, può ritenersi soddisfatto.

9) Per le ragioni esposte devono essere rigettati sia il ricorso principale che quello incidentale, con conseguente compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, li rigetta e compensa le spese del presente grado.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2011

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