Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27773 del 04/12/2020

Cassazione civile sez. un., 04/12/2020, (ud. 17/11/2020, dep. 04/12/2020), n.27773

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE UNITE CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Primo Presidente f. f. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sezione –

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente di Sezione –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Sul ricorso iscritto al N.R.G. 8781/2020 proposto da:

Avvocato D.R.M., rappresentata e difesa da se stessa e

dall’Avvocato Gaetano Pecorrella;

– ricorrente –

contro

CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI PRATO;

– intimato –

e contro

PROCURATORE GENERALE DELLA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimato –

per la cassazione della sentenza del Consiglio nazionale forense n.

96/2019, depositata il 7 ottobre 2019.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 17

novembre 2020 dal Consigliere GIUSTI Alberto;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale MATERA

Marcello, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso e, in

subordine, per il suo accoglimento;

uditi l’Avvocato Gaetano Pecorella e l’Avvocato D.R.M..

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – L’avv. D.R.M. – sottoposta a procedimento disciplinare per avere omesso di presentare appello nei confronti di una sentenza penale di condanna alla pena di tre anni e quattro mesi di reclusione a carico del proprio assistito, senza informare l’interessato e senza discutere con il medesimo le eventuali iniziative da assumere, con conseguente passaggio in giudicato della condanna stessa – è stata ritenuta responsabile dal Consiglio dell’ordine degli avvocati di Prato che, con decisione del 12 novembre 2014, le ha inflitto la sanzione della censura.

2. – Avverso tale decisione, notificata in data 2 febbraio 2015, l’avv. D.R. ha proposto ricorso al Consiglio nazionale forense, con atto depositato il 3 marzo 2015.

3. – Il Consiglio nazionale forense, con sentenza n. 96/2019 resa pubblica mediante deposito in segreteria il 7 ottobre 2019, ha dichiarato inammissibile il ricorso per tardività.

Il CNF ha rilevato che, mentre la decisione impugnata è stata notificata all’avv. D.R. in data 2 febbraio 2015, il ricorso è stato depositato solo in data 3 marzo 2015, ossia nel ventinovesimo giorno successivo.

Secondo il giudice disciplinare, il termine di trenta giorni per proporre ricorso al Consiglio nazionale forense, stabilito dalla L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 61 (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense), è riferibile esclusivamente alle impugnazioni avverso le decisioni del Consiglio distrettuale di disciplina, mentre per quelle pronunciate dal Consiglio dell’ordine degli avvocati continua a trovare applicazione il termine di venti giorni di cui al regio D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 50, (Ordinamento della professione di avvocato), convertito, con modificazioni, nella L. 22 gennaio 1934, n. 36, e ciò anche dopo l’entrata in vigore, il 1 gennaio 2015, del regolamento CNF 21 febbraio 2014, n. 2, che regola il nuovo procedimento disciplinare.

4. – Per la cassazione della sentenza del Consiglio nazionale forense l’avv. D.R. ha proposto ricorso, con atto notificato il 28 febbraio 2020, sulla base di due motivi.

4.1. – Con il primo motivo l’avv. D.R. denuncia violazione di legge, in particolare dell’art. 33 del regolamento CNF 21 febbraio 2014, n. 2, avendo il Consiglio nazionale forense applicato, benchè abrogato, il regio D.L. n. 1578 del 1933, art. 50. La ricorrente si duole che il CNF, nel dichiarare inammissibile il ricorso, abbia fatto illegittima applicazione della norma abrogata della vecchia legge professionale circa i termini di impugnazione delle decisioni disciplinari.

Il secondo motivo denuncia “violazione di legge ed esattamente dell’art. 137 c.p.c.” e propone istanza di rimessione in termini. Con esso la ricorrente chiede che sia “acclarata l’attuale vigenza dei termini della presente impugnazione previa declaratoria della inesistenza/nullità della notifica della sentenza impugnata o in denegata ipotesi previa disposizione della rimessione in termini per la proposizione del presente ricorso”.

5. – L’intimato Consiglio dell’ordine territoriale non ha svolto attività difensiva in questa sede.

6. – Fissata l’udienza del 17 novembre 2020 per la discussione del ricorso, la ricorrente ha presentato “brevi note” per l’udienza, le quali, tuttavia, sono pervenute in cancelleria a mezzo posta soltanto il 16 novembre 2020, una volta scaduto il termine per il deposito di memorie di parte, fissato dall’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso per cassazione è stato proposto tardivamente, con atto notificato il 28 febbraio 2020, oltre il termine di trenta giorni previsto per l’impugnazione, decorrente dalla notifica, avvenuta il 21 ottobre 2019, della sentenza del Consiglio nazionale forense.

2. – La proposizione del ricorso per cassazione contro le decisioni del Consiglio nazionale forense è soggetta – ai sensi della L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 36, comma 6 (Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense) – al termine breve di trenta giorni, decorrente dalla notificazione d’ufficio della sentenza contestata. Resta salva l’applicabilità del termine lungo di cui all’art. 327 c.p.c., nella sola ipotesi in cui non vi sia stata valida notificazione d’ufficio della decisione impugnata e nessun interessato abbia provveduto alla notificazione stessa di propria iniziativa (Cass., Sez. Un., 10 luglio 2017, n. 16993; Cass., Sez. Un., 23 luglio 2018, n. 19526; Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2020, n. 24109).

Va altresì rilevato che la L. n. 247 del 2012, art. 36, commi 4 e 6, – nel prevedere che le decisioni del CNF sono notificate all’interessato (oltre che al pubblico ministero presso la corte d’appello e il tribunale della circoscrizione alla quale l’interessato appartiene, e comunicate al consiglio dell’ordine della circoscrizione stessa) e nello stabilire che da detta notificazione decorre il termine breve di trenta giorni per proporre ricorso – contiene un’eccezione al combinato disposto degli artt. 285 e 170 c.p.c., giacchè il termine di trenta giorni per impugnare la sentenza del CNF decorre dalla notifica della stessa a richiesta d’ufficio eseguita nei confronti dell’interessato personalmente, considerato che non ricorre qui la ratio della regola generale della necessità della notifica al difensore, in quanto il soggetto sottoposto a procedimento disciplinare è un professionista il quale è in condizione di valutare autonomamente gli effetti della notifica della decisione (Cass., Sez. Un., 28 giugno 2018, n. 17192).

Peraltro, anche nel procedimento disciplinare, qualora il professionista incolpato abbia deciso di non difendersi personalmente ma di farsi assistere da un altro avvocato, eleggendo domicilio presso il medesimo o presso un terzo avvocato, il provvedimento conclusivo deve essere notificato alla parte presso l’avvocato domiciliatario, secondo le regole ordinarie, e non direttamente alla parte (Cass., Sez. Un., 18 dicembre 2018, n. 32725).

3. – Nella specie la pubblicazione della sentenza del Consiglio nazionale forense, la notificazione della stessa e la proposizione del ricorso sono, tutti, antecedenti alla disciplina introdotta dalla L. 25 giugno 2020, n. 70, la quale, nel convertire il D.L. 30 aprile 2020, n. 28, ha aggiunto, al D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, art. 3, il comma 1-ter, che, all’art. 16, comma 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, dopo le parole “Nei procedimenti civili” ha inserito le seguenti: “e in quelli davanti al Consiglio nazionale forense”.

A partire dal 30 giugno 2020, data di entrata in vigore delle modifiche apportate dalla legge di conversione n. 70 del 2020, dunque, anche nei procedimenti dinanzi al CNF le notificazioni a cura della cancelleria “sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata”.

3.1. – Quanto alla disciplina qui ratione temporis applicabile, viene in rilievo la L. n. 247 del 2012, art. 36, comma 1, il quale, richiamando e conferendo ulteriore vigenza al R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, artt. da 59 a 65 (Norme integrative e di attuazione del regio D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, sull’ordinamento della professione di avvocato), rimanda alla previsione contenuta del R.D., art. 60, comma 3, ai cui sensi le parti interessate, ai fini delle notificazioni prescritte, devono eleggere il proprio domicilio in Roma e, in mancanza della elezione di domicilio, le notificazioni sono fatte mediante deposito nella segreteria del Consiglio nazionale (cfr. Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2020, n. 24109, cit.).

4. – Nella specie, nel giudizio di impugnazione dinanzi al Consiglio nazionale forense l’avv. D.R.M. – assistita dall’avv. Riccardo Cipriani del foro di Prato – aveva eletto domicilio in Roma alla via Giovanni Nicotera n. 29, presso lo studio dell’avv. Paolo Giovannelli. La circostanza, incontestata, risulta, quanto alla difesa tecnica dell’avv. Riccardo Cipriani, dalla sentenza del CNF e, prima ancora, dal mandato speciale conferito in calce al ricorso al Consiglio nazionale forense per tramite del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Prato; quanto alla elezione di domicilio, dal ricorso proposto dall’incolpata avverso il provvedimento disciplinare del Consiglio dell’ordine e dal mandato speciale in calce.

5. – La notifica all’avv. D.R.M. della sentenza n. 96/2019 del Consiglio nazionale forense, richiesta dalla segreteria giurisdizionale del Consiglio, è avvenuta nel domicilio dalla stessa incolpata eletto in Roma.

Infatti, risulta per tabulas dalla relata in atti che l’Ufficiale giudiziario addetto all’Ufficio Unico presso la Corte d’appello di Roma ha notificato in data 21 ottobre 2019 la sentenza n. 96/2019 del Consiglio nazionale forense all’avv. D.R.M., elettivamente domiciliata presso l’avv. Paolo Giovannelli in Roma, via Giovanni Nicotera, n. 29, mediante consegna di copia conforme all’originale a mani di persona qualificatasi per B.A., incaricato ivi addetto alla ricezione atti.

6. – A fronte di detta notifica della sentenza, avvenuta in data 21 ottobre 2019, il ricorso per cassazione è stato notificato al Consiglio dell’ordine degli avvocati di Prato e al Procuratore Generale della Corte di cassazione soltanto il 28 febbraio 2020, una volta scaduto il prescritto termine di trenta giorni dalla notifica.

7. – L’avv. D.R.M. deduce che “non v’è traccia di alcuna busta che l’Ufficiale giudiziario, richiesto di effettuare la notifica della sentenza de qua al domicilio eletto…, avrebbe consegnato all’avv. Paolo Giovannelli del foro di Roma, atteso che l’unica traccia di relata di notifica che l’odierna ricorrente è riuscita a rinvenire consiste in una copia fotostatica scannerizzata nella quale è solo annotato che viene consegnata a mani dell’incaricato addetto alla ricezione B.A. (e nonostante lo stesso sia avvocato)”.

La ricorrente ne fa discendere che la disposizione dettata dall’art. 137 c.p.c., risulterebbe all’evidenza violata, con la conseguenza che “la vagante notizia di avvenuta notifica all’incolpata presso il domicilio eletto in data 21 ottobre 2019 deve ritenersi nulla”.

8. – L’eccezione di nullità della notificazione – prospettata sul rilievo del mancato rispetto della prescrizione dell’art. 137 c.p.c., che esige che la copia dell’atto da notificare sia consegnata in busta sigillata con la trascrizione del numero cronologico della notificazione – è infondata.

L’art. 137 c.p.c., prevede, al comma 4, che “se la notificazione non può essere eseguita in mani proprie del destinatario, tranne che nel caso previsto dall’art. 143, comma 2, l’ufficiale giudiziario consegna o deposita la copia dell’atto da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all’originale e alla copia dell’atto stesso. Sulla busta non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto”.

La notificazione della sentenza impugnata avvenuta a mezzo ufficiale giudiziario in data 21 ottobre 2019 appare pienamente conforme alla previsione normativa dettata dall’art. 137 c.p.c..

Infatti, dalla relata di notificazione (cron. 16.281) risulta che l’Ufficiale giudiziario ha provveduto a consegnare (nel domicilio eletto e a persona incaricata addetta alla ricezione atti in assenza del destinatario) copia della sentenza del CNF “conforme all’originale” e “in busta chiusa e sigillata, ai sensi di legge”.

9. – In via subordinata, l’avv. D.R.M. ha formulato istanza di rimessione nei termini, sul rilievo che “l’avv. Paolo Giovannelli o qualsivoglia altra persona che presta la propria attività all’interno di tale studio giammai notiziava l’odierna ricorrente della presunta “avvenuta notifica” della sentenza impugnata”. Premesso che la rimessione in termini “ha portata generale” ed è destinata a trovare applicazione “qualora ne ricorrano i presupposti, ovvero la forza maggiore o il caso fortuito”, la ricorrente fa presente di essersi “attivata con la opportuna immediatezza e diligenza in quanto, una volta venuta a conoscenza del provvedimento de quo esclusivamente a causa della comunicazione del proprio Consiglio dell’ordine di appartenenza, è corsa ai ripari senza alcun indugio”. Al fine di dimostrare la propria diligenza e tempestività, la ricorrente produce copia della comunicazione del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Prato del 3 febbraio 2020

e pedisseque richieste di informazioni all’avv. Paolo Giovannelli in merito alla “presunta notifica” della sentenza impugnata; allega, inoltre, di avere, a seguito dell’udienza avanti il Consiglio nazionale forense, invitato con e-mail del 22 gennaio 2018 l’avv. Giovannelli a monitorare la notifica del provvedimento.

10. – La richiesta non può essere accolta.

L’istituto della rimessione in termini (art. 153 c.p.c., comma 2), applicabile anche in riferimento al termine perentorio per proporre ricorso per cassazione (Cass., Sez. 1, 23 novembre 2018, n. 30512) e pure con riguardo a sentenze rese dal Consiglio nazionale forense in esito a un procedimento disciplinare (Cass., Sez. Un., 18 dicembre 2018, n. 32725, cit.; Cass., Sez. Un., 10 gennaio 2019, n. 487), richiede pur sempre che vi sia una causa non imputabile, riferibile ad un evento che presenti il carattere della assolutezza – e non già una impossibilità relativa, nè tantomeno una mera difficoltà – e che sia in rapporto causale determinante con il verificarsi della decadenza in questione (Cass., Sez. I, 23 novembre 2018, n. 30512, cit.; Cass., Sez. lav., 6 febbraio 2019, n. 3482).

E poichè nella specie la sentenza del CNF è stata regolarmente notificata all’interessata nel domicilio eletto presso un avvocato, non rappresenta causa di impedimento non imputabile, tale da giustificare la rimessione in termini per evitare la decadenza dall’impugnazione, la mancata comunicazione, ad opera del professionista domiciliatario, dell’avvenuta notificazione e l’omessa trasmissione, da parte di questo, della busta sigillata contenente la copia della sentenza notificata. La dimenticanza, dovuta a trascuratezza o a negligenza o anche ad un disguido, o le difficoltà operative del domiciliatario nel trasmettere la dovuta notizia alla parte, infatti, attengono esclusivamente alla patologia del rapporto intercorrente tra la parte stessa e il professionista incaricato della domiciliazione e della ricezione della notificazione, e non sono rivelatrici di una causa non imputabile, che presuppone un impedimento all’esercizio del potere processuale non evitabile con un comportamento diligente.

La parte non può evitare la decadenza sul semplice rilievo di avere, essa, informato il domiciliatario, con comunicazione per posta elettronica del 22 gennaio 2018, che l’udienza disciplinare dinanzi al CNF si era tenuta il 18 gennaio 2018 e di averlo invitato, in quella stessa occasione, a monitorare la notifica del provvedimento, e neppure invocando la circostanza di essersi attivata non appena ricevuta, dal Consiglio dell’ordine territoriale, la notizia della irrevocabilità della decisione disciplinare e della applicazione della sanzione.

Al di là dell’e-mail inviata il 22 gennaio 2018 all’avv. Giovannelli e alla sua collaboratrice subito dopo l’udienza dibattimentale tenutasi dinanzi al CNF e della corrispondenza mail e pec del 5 e del 27 febbraio 2020, quindi a termini ormai scaduti, con l’avv. Giovannelli e l’avv. Bianconi, non vi è d’altra parte alcuna altra prova documentale in atti che l’avv. D.R., nel lungo periodo occorso per il deposito della decisione, abbia ad intervalli regolari richiesto allo studio dell’avvocato domiciliatario, nell’osservanza dell’onere di precauzione, notizie sulla avvenuta notifica della sentenza, in modo da esserne informata tempestivamente.

11. – Il ricorso è inammissibile.

Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo l’intimato

Consiglio dell’ordine svolto attività difensiva in questa sede.

12. – Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono i presupposti processuali per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, che ha aggiunto l’art. 13, comma 1-quater, del testo unico di cui al D.P.R. n. 115 del 2002 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, se dovuto.

PQM

dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 dicembre 2020

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