Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2777 del 06/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 06/02/2020, (ud. 07/11/2019, dep. 06/02/2020), n.2777

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19171-2018 proposto da:

C.S. e D.M.P., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA SANTA MARIA MAGGIORE n. 12 int. 2, presso lo studio

dell’avvocato NUNZIO GIUDICE, rappresentati e difesi dall’avvocato

LUISA LEONINO;

– ricorrenti –

contro

C.J.P.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2127/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 16/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/11/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 14.3.2002 D.M.B. evocava in giudizio C.J.P.A. innanzi il Tribunale di Avellino invocando l’accertamento dell’esistenza di una società di fatto con il medesimo e la condanna del convenuto al pagamento di una somma di denaro corrispondente al valore dell’attività lavorativa svolta dall’attore in favore della società accertanda, ovvero al risarcimento del danno conseguente all’indebito sfruttamento della predetta attività.

Si costituiva in giudizio il convenuto resistendo alla domanda e il Tribunale, con sentenza n. 566/2008, rigettava la pretesa per assenza di prova circa l’esistenza della società di fatto ritenuta da parte attrice.

Interponeva appello il D.M. e resisteva al gravame l’originario convenuto.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 2127/2017, la Corte di Appello di Napoli riteneva provata l’esistenza della società di fatto, posto che il C. non aveva risposto al giuramento decisorio appositamente deferitogli, sul punto, da parte appellante, ma rigettava comunque il gravame ravvisando la carenza di prova circa la domanda risarcitoria conseguente all’accertamento della società di cui anzidetto.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione il D.M. affidandosi a due motivi. La parte intimata non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la nullità assoluta della sentenza impugnata in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo, avendo la Corte territoriale rigettato l’impugnazione pur avendo accolto la prima domanda formulata dall’originario attore, volta all’accertamento dell’esistenza della società di fatto tra le parti.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 e dell’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, perchè la Corte di Appello avrebbe erroneamente disposto la compensazione delle sole spese del secondo grado, così omettendo di pronunciarsi sullo specifico motivo di censura proposto dall’appellante circa il governo delle spese operato dal giudice di prime cure.

Le due censure, che meritano un esame congiunto, sono fondate.

La Corte di Appello ha infatti espressamente dichiarato la soccombenza dell’appellato C. in relazione alla prima domanda proposta dal D.M., relativa all’accertamento dell’esistenza della società di fatto tra le parti del giudizio (cfr. pag. 2, in apertura della motivazione), in tal modo riconoscendone l’autonomia rispetto alla seconda domanda, avente ad oggetto invece la condanna del C. al pagamento di una somma di denaro corrispondente all’attività lavorativa prestata dal D.M. in favore della società di fatto di cui anzidetto. Ciò nonostante, la Corte partenopea ha ritenuto, non soltanto in dispositivo ma anche in motivazione, di poter confermare la decisione di prime cure, in tal modo incorrendo in un evidente ed irriducibile contrasto: una volta ravvisata l’esistenza di due distinte domande e ritenuto di accoglierne una, la decisione di prime cure – che invece aveva respinto entrambe le pretese del D.M. – non poteva essere confermata, anche nel caso di ritenuta infondatezza della seconda domanda risarcitoria. Di conseguenza, il giudice di seconde cure avrebbe dovuto procedere ad una nuova regolazione delle spese del doppio grado di giudizio.

Da quanto sopra deriva l’accoglimento dei due motivi di ricorso e la cassazione della decisione impugnata. I Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, il collegio ritiene di poter decidere la causa ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con integrale compensazione delle spese dell’intero giudizio di merito, alla luce dell’esito complessivo di reciproca soccombenza. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno invece dichiarate irripetibili, in difetto di costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e, decidendo la causa nel merito ai sensi di quanto previsto dall’art. 384 c.p.c., comma 2, dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del doppio grado di merito. Dichiara altresì irripetibili le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile, il 7 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 febbraio 2020

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