Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27764 del 22/11/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 27764 Anno 2017
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso 19166-2016 proposto da:
CICERCHIA GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE PARIOLI 47/A, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO
MARIA BOSIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
VINCENZO MARIA FARGIONE;

– ricorrente contro
UNIPOLSAI ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE
REGINA MARGHERITA 270, presso lo studio dell’avvocato
ROBERTO MARIA BAGNARDI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente contro

Data pubblicazione: 22/11/2017

ROSSETTI CLAUDIO, GUENCI MARCO, CESTIA SCARL,
INAIL — ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO;
– intimati –

ROMA, depositata il 25/06/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 04/10/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
MARIA CIRILLO.

FATTI DI CAUSA
1. Giuseppe Cicerchia convenne in giudizio, davanti al Tribunale di
Roma, Claudio Rossetti, Marco Guenci, la Cestia s.c.r.1 e la Unipolsai
assicurazioni s.p.a. chiedendo che fossero condannati in solido al
risarcimento dei danni conseguenti al sinistro a lui capitato in data 23
ottobre 2003.
A sostegno della domanda espose che in quella data egli, in qualità di
dipendente ACEA, era stato inviato a porre in sicurezza un palo della
luce e che, durante i lavori di rimozione dello stesso, questo era caduto
a causa del mancato funzionamento del gancio di imbracatura,
colpendolo con violenza alla testa.
Si costituirono in giudizio i convenuti, chiedendo il rigetto della
domanda.
Nel giudizio intervenne anche l’INAIL, dichiarando di voler agire in
surroga di quanto versato a titolo di indennità.
Il Tribunale rigettò la domanda e compensò le spese di lite.
2. La pronuncia è stata impugnata dall’attore soccombente e la Corte
d’appello di Roma, con sentenza del 25 giugno 2015, ha respinto il

Ric. 2016 n. 19166 sez. M3 – ud. 04-10-2017
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avverso la sentenza n. 3899/2015 della CORTE D’APPELLO di

gravame, condannando l’appellante al pagamento delle spese del
giudizio di secondo grado.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre Giuseppe
Cicerchia con atto affidato ad un solo motivo.
Resiste la Unipolsai assicurazioni s.p.a. con controricorso.

svolto attività difensiva in questa sede.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio,
sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc.
civ. e il ricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE
I. Con il primo ed unico motivo di ricorso si censura, in riferimento
all’art. 360, primo comma, n. 3) e n. 5), cod. proc. civ., violazione degli
20475 20(} rod, eìv., olIte ad umetA;1) etne di un fano declivo
pVi-

r

Osserva il ricorrente che la sentenza non avrebbe fatto

corretta

applicazione delle norme richiamate e non avrebbe tenuto in
considerazione gli elementi risultanti dalle indagini svolte in sede
penale, dalle quali sarebbe emerso che la caduta del palo era dovuta alla
cattiva manutenzione del gancio cui era stato attaccato.
1.1. Il motivo è inammissibile.
Osserva il Collegio, innanzitutto, che la sentenza impugnata, sia pure
con una motivazione indubbiamente stringata, ha accertato che
l’incidente era da ricondurre all’imprudenza del Cicerchia il quale, pur
essendo caposquadra, aveva violato la segnalazione che impediva
l’accesso alla zona dove si stava svolgendo la messa in sicurezza del
palo; che le tracce ematiche rivelavano che il Cicerchia si trovava
all’interno della zona interdetta, senza che nulla facesse dedurre che
egli era autorizzato ad entrarvi; che l’appellante non aveva neppure
Ric. 2016 n. 19166 sez. M3 – ud. 04-10-2017
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L’INAIL, Claudio Rossetti, Marco Guenci e la Cestia s.c.r.l. non hanno

dedotto che le misure di delimitazione non fossero adeguate; che
pertanto, anche facendo applicazione dei principi giurisprudenziali in
materia di attività pericolose, il comportamento tenuto dalla vittima era
da ritenere idoneo ad interrompere il nesso di causalità.
A fronte di simile ricostruzione — che attiene indubbiamente al merito

interferire — il ricorrente insiste nella propria versione dei fatti,
sostenendo che l’adeguata valutazione del materiale probatorio
acquisito in sede penale avrebbe dovuto condurre il giudice di merito
ad una diversa decisione e lamentando l’omessa valutazione, da parte
della Corte territoriale, degli accertamenti svolti dalla ASL competente.
Ora — anche trascurando il fatto che non è chiaro se la domanda fu
proposta dal Cicerchia fin dal primo grado sulla base dell’art. 2050 cod.
civ., e non considerando che il ricorso contiene generici richiami ad atti
del fascicolo di merito, senza indicarne con precisione né il contenuto
né l’effettiva loro reperibilità in atti — acquista peso decisivo la
circostanza che la Corte d’appello nulla ha detto sull’esistenza dei vizi
del gancio lamentati dal ricorrente, avendo ritenuto di dedurre
l’esclusiva responsabilità del Cicerchia sulla base di altri diversi e
decisivi elementi.
Ne consegue che il ricorso sollecita in modo palese un nuovo esame
del merito, non consentito nella presente sede di legittimità.
2. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile.
A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 10 marzo 2014, n.
55.
Sussistono inoltre le condizioni di cui all’art. 13, comma 1-quater, del
d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte del

Ric. 2016 n. 19166 sez. M3 – ud. 04-10-2017
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e che è frutto di una valutazione sulla quale questa Corte non può

ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in

ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,
dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione
Civile — 3, il 4 ottobre 2017.
Il Presidente

complessivi curo 2.200, di cui curo 200 per spese, oltre spese generali

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