Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2776 del 08/02/2010

Cassazione civile sez. lav., 08/02/2010, (ud. 27/11/2009, dep. 08/02/2010), n.2776

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 25352/2008 proposto da:

B.A., + ALTRI OMESSI

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIULIO

VENTICINQUE 38, presso lo studio dell’avvocato PELLETTIERI Giovanni,

che li rappresenta e difende, giusta procura a margine della prima e

della seconda pagina del ricorso;

– ricorrenti –

contro

METRO – Metropolitana di Roma – SPA (già Metroferro SpA) in persona

dell’amministratore delegato, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

TIBURTINA 770, presso lo studio dell’avvocato BAGOLAN Luciano, che la

rappresenta e difende, giusta mandato speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 22075/2007 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA del 25.9.07, depositata il 22/10/2007.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E DIRITTO

Con ricorso al giudice del lavoro di Roma, B.A. e numerosi altri dipendenti ACOTRAL (Azienda consortile per i trasporti nel Lazio), tutti rientranti nel personale viaggiante in servizio presso l’impianto di (OMISSIS), chiedevano che fosse loro riconosciuto il diritto a godere dell’indennità di diaria ridotta (artt. 20-21 ccnl 23.7.76) in ragione dell’organizzazione dei loro turni di lavoro, che comportava la protrazione dell’orario di lavoro senza rientro nella residenza di servizio oltre le sei ore contrattualmente fissate.

Il primo giudice, espletata consulenza tecnica circa le modalità di espletamento del servizio, accoglieva parzialmente la domanda.

Proposto appello dal datore di lavoro, il Tribunale del lavoro di Roma accoglieva l’impugnazione e rigettava la domanda, ritenendo che in forza della norma contrattuale l’indennità competesse solo nel caso il personale fosse chiamato a prestare servizio di turno fuori dalla propria residenza, ovvero fuori dalla località in cui ha luogo l’impianto cui l’agente è destinato. Pertanto, residenza di lavoro del dipendente era da considerare non già la sede dell’intera struttura aziendale, ma la località geografica e amministrativa in cui ha sede l’ufficio o la stazione cui il lavoratore appartiene, dovendosi attribuire ad essa un rilievo oggettivo da parametrare al territorio comunale. Ritenendo in contestazione i turni del servizio espletato dai ricorrenti tra la sede di (OMISSIS) e il capolinea di (OMISSIS), entrambi compresi nella città di Roma, il giudice di merito riteneva mancante il presupposto stesso del diritto azionato.

Proponevano ricorso per cassazione i dipendenti con due motivi, con il primo deducendo l’erronea interpretazione degli artt. 20 e 21 del contratto collettivo nonchè carenza di motivazione, con il secondo contestando invece l’accertamento peritale sulla durata dei turni.

La Corte di Cassazione con la sentenza 22.10.07 n. 22075 rigettava entrambi i motivi, quanto al primo ritenendo corretta l’interpretazione data dal giudice di merito alla norma collettiva in quanto aderente al percorso argomentativo ritenuto esatto da consolidata giurisprudenza di legittimità, quanto al secondo ritenendolo irrilevante “tenuto conto che rileva solo il tempo trascorso in servizio dopo valicato il confine del Comune di Roma”.

Avverso questa sentenza proponevano ricorso per revocazione detti dipendenti, sostenendo che il Collegio giudicante sarebbe incorso in un errore di fatto, consistente nella mancata percezione di un atto di causa, e cioè della consulenza tecnica disposta dal Pretore al fine di accertare il numero dei turni di servizio in cui erano stati utilizzati i dipendenti per un orario superiore a quello di sei ore continuative al di fuori del deposito di (OMISSIS) o, in alternativa, del comune, all’esito della quale quel giudice aveva accolto parzialmente la domanda relativamente solo ad alcuni dei turni indicati.

La consulenza aveva, infatti, indicato anche turni di servizio che superavano il confine del Comune di Roma e, nonostante fosse stata oggetto di appello principale ed incidentale nel giudizio di merito, non era stata tenuta in nessuna considerazione dal giudice di secondo grado. Tale carenza della sentenza di secondo grado era stata indicata nel ricorso per cassazione (secondo motivo), ove era stato precisato che il Pretore aveva considerato anche il limite del territorio comunale di Roma e che, pertanto, pur con l’interpretazione data dal giudice di secondo grado alla norma collettiva, della consulenza tecnica avrebbe, dovuto in ogni caso tenersi conto dell’accertamento di fatto ivi contenuto al fine della dichiarazione di accoglimento o rigetto della domanda.

Rispondeva con controricorso METRO spa, succeduta ad ACOTRAL. 11 consigliere relatore redigeva relazione ex art. 380 bis c.p.c., che veniva comunicata al Procuratore generale ed era notificata unitamente al decreto di fissazione dell’odierna adunanza in camera di consiglio ai difensori costituiti. I ricorrenti hanno depositato memoria.

Il ricorso è inammissibile.

Con il ricorso per revocazione vengono mosse alla sentenza di legittimità più censure: a) non aver tenuto conto dell’esito della consulenza tecnica, sicuramente rilevante all’esito della pronunzia di merito; b) aver ignorato la censura contenuta nel primo motivo circa la mancata considerazione dell’esito della consulenza tecnica da parte del giudice di merito; c) l’esistenza di un errore, in quanto il Collegio, dopo aver affermato che il controllo della motivazione di merito ex art. 360 c.p.c., n. 5, deve essere effettuata “secondo i principi fondamentali della logica, per cui un’affermazione non può essere vera e non vera nello stesso tempo”, non si avvede di una circostanza “vera” e cioè che alcuni dei turni svolti dai ricorrenti prevedevano una prestazione di oltre sei ore fuori del Comune di Roma.

Il ricorso in questi termini si prospetta inammissibile.

Escludendo da subito la terza censura, non essendo consentito il ricorso per revocazione per (preteso) “errore logico” del giudice di legittimità, quanto alle altre due deve rilevarsi una fondamentale carenza del ricorso per revocazione nell’omessa indicazione del contenuto dell’accertamento di fatto compiuto nel giudizio di merito a proposito dei turni espletati al di fuori del comune di Roma, che si assumono oggetto delle conclusioni del consulente tecnico e dell’accertamento del giudice di primo grado (sul punto esiste solo un generico riferimento all’accertamento di “turni che da (OMISSIS) si muovevano in direzione di (OMISSIS) e città limitrofe”).

Inoltre, non si specifica nel ricorso per revocazione in che termini l’omessa considerazione da parte del giudice di secondo grado dell’esito della consulenza (per la parte che si assume favorevole ai ricorrenti) sia stata oggetto del motivo ricorso proposto al giudice di legittimità. La riproduzione letterale del motivo di impugnazione è, infatti, caratterizzata da alcuni omissis e non consente di comprendere il tenore esatto della censura.

Il ricorso per revocazione, così formulato, si prospetta inammissibile.

La giurisprudenza di questa Corte ritiene che l’errore di fatto che legittima la revocazione delle sentenze di legittimità consiste in un’erronea percezione dei fatti di causa, che, oltre a dover rivestire i caratteri dell’assoluta evidenza e della semplice rilevabilità sulla base del mero raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti e i documenti di causa, nonchè quelli dell’essenzialità e della decisività ai fini della pronunzia, deve riguardare gli atti interni al giudizio di legittimità, e cioè quegli atti che la Corte di cassazione deve e può esaminare direttamente con propria indagine di fatto all’interno dei motivi di ricorso, e deve incidere unicamente sulla sentenza di legittimità, in quanto, qualora fosse configurabile come causa determinante della pronuncia impugnata in cassazione, il correlato vizio potrebbe essere fatto valere esclusivamente con i rimedi proponibili contro la sentenza di merito.

In particolare, costituiscono atti interni quelli conseguenti alla proposizione del ricorso (ad esempio, il deposito ex art. 369 c.p.c., comma 1, ed il controricorso con eventuale ricorso incidentale), tutti gli atti che vanno depositati insieme al ricorso ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, nonchè il fascicolo d’ufficio, ma esclusivamente nei casi in cui la Corte debba esaminarli direttamente con propria autonoma indagine di fatto, senza cioè la mediazione della sentenza impugnata, in quanto siano stati dedotti errores in procedendo, ovvero perchè siano emerse questioni processuali rilevabili d’ufficio. Pertanto, non assume rilievo ai fini della revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione l’errore riguardante un atto che, pur facendo parte del fascicolo d’ufficio, sia stato già esaminato dal giudice di merito, e riconsiderato solo in via mediata dal giudice di legittimità in funzione dell’esame delle censure prospettate con i motivi di ricorso (Cass. 22.11.06 n. 24856).

Nel caso di specie, in sostanza, per i limiti espositivi del ricorso per revocazione non è dato comprendere quale fosse il tenore della censura proposta al giudice di legittimità e quale fosse l’incidenza del presupposto di fatto accertato nel merito sulla valutazione del ricorso che ha dato luogo alla sentenza impugnata.

In conclusione, il ricorso deve essere considerato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese che liquida in Euro 30,00 per esborsi ed in Euro 2.500,00 per onorali, oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 novembre e il 9 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2010

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