Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 27757 del 22/11/2017


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 27757 Anno 2017
Presidente: AMENDOLA ADELAIDE
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

ORDINANZA
sul ricorso 16926-2016 proposto da:
PARROTTA FRANCA, PARROTTA ANGELA, PARROTTA
SILVANA, PARROTTA MARIA, PARROTTA BARBARA,
PARROTTA ANNA, elettivamente domiciliate in ROMA, PIAZA
CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentate e
difese dall’avvocato MARIA CONCETTA GUERRA;
– ricorrenti contro
MINISTERO DELLA SALUTE 96047640584, in persona del
Ministro pro tempore,elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente

Data pubblicazione: 22/11/2017

avverso la sentenza n. 1127/2015 della CORTE D’APPELLO di
CATANZARO, depositata il 11/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 04/10/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
MARIA CIRILLO.

1. Franca, Angela, Anna, Barbara, Maria e Silvana Parrotta, in qualità di
eredi del defunto Giovan Battista Parrotta, convennero in giudizio,
davanti al Tribunale di Catanzaro, il Ministero della salute, chiedendo
che fosse condannato al risarcimento dei danni conseguenti alla morte
del proprio congiunto avvenuta a causa di infezione col virus HIV
conseguente alle trasfusioni con sangue infetto al medesimo praticate
presso l’ospedale di San Giovanni in Fiore.
Si costituì in giudizio il convenuto, eccependo la prescrizione e
chiedendo nel merito il rigetto della domanda.
Il Tribunale accolse l’eccezione di prescrizione, rigettò la domanda e
compensò le spese di lite.
2. La pronuncia è stata impugnata dagli attori soccombenti e la Corte
d’appello di Catanzaro, con sentenza dell’H settembre 2015, ha
rigettato il gravame, ha confetinato la decisione di primo grado ed ha
compensato anche le ulteriori spese di giudizio.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro ricorrono
Franca, Angela, Anna, Barbara, Maria e Silvana Parrotta con unico atto
affidato a due motivi.
Resiste il Ministero della salute con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio,
sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc.
civ. e non sono state depositate memorie.

Ric. 2016 n. 16926 sez. M3 – ud. 04-10-2017
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FATTI DI CAUSA

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si censura, in riferimento all’art. 360,
primo comma, n. 3) e n. 5), cod. proc. civ., violazione e falsa
applicazione degli artt. 2935 e 2947 cod. civ., nonché dell’art. 112 del
codice di procedura civile; con il secondo, in riferimento all’art. 360,

applicazione dell’art. 2697, secondo comma, cod. civ., in materia di
onere della prova delle eccezioni.
Sostengono i ricorrenti che erroneamente la Corte d’appello abbia
dichiarato intervenuta la prescrizione del diritto da loro vantato in
violazione anche delle regole sull’onere della prova, posto che la
fondatezza dell’eccezione di prescrizione doveva essere dimostrata dal
Ministero originariamente convenuto.
1.1. I due motivi, da trattare congiuntamente in considerazione
dell’evidente connessione tra loro esistente, sono entrambi privi di
fondamento.
La Corte d’appello, con accertamento in fatto non più sindacabile in
questa sede, ha osservato che: le emotras fusioni erano state praticate
nel 1991, la diagnosi di AIDS conclamata era avvenuta nel gennaio
1994, il Parrotta era venuto a mancare nel luglio 1994, gli eredi
avevano avanzato nel 2001 la domanda di indennizzo ai sensi della
legge 25 febbraio 1992, n. 210, e l’atto di citazione era stato notificato
nel 2005, cioè oltre dieci anni dopo la morte del Parrotta.
Da ciò la Corte calabrese ha dedotto che il diritto era ormai prescritto,
perché doveva ritenersi, almeno a far data dalla diagnosi di AIDS
conclamata, che il Parrotta ed i suoi familiari fossero a conoscenza del
collegamento esistente tra la malattia e le trasfusioni; ciò in quanto
dagli esami di routine praticati al predetto nel 1991 in occasione
dell’intervento chirurgico alla prostata non era risultato alcun contagio
Ric. 2016 n. 16926 sez. M3 – ud. 04-10-2017
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primo comma, n. 3), cod. proc. civ., si lamenta violazione e falsa

col virus, che viceversa si era manifestato già pochi mesi dopo
quell’intervento.
1.2. Osserva la Corte che, analogamente a quanto è stato affermato in
altre precedenti pronunce, la diagnosi di AIDS conclamata non può, di
per sé, costituire prova certa della consapevolezza, in capo al malato e

trasfusioni subite. Ed è per questo che la giurisprudenza di questa
Corte ha affermato che solo con la presentazione della domanda
amministrativa di cui alla legge n. 210 del 1992 si ha la ragionevole
certezza della consapevolezza, in capo al malato ed ai suoi congiunti,
del collegamento causale tra le trasfusioni e la malattia.
Tale affermazione, però, non può essere intesa in modo assoluto.
Come già rilevato dalla sentenza 18 novembre 2015, n. 23635, la
presentazione della domanda di indennizzo suddetta rappresenta un
limite temporale ultimo oltre il quale non può sussistere alcun
ragionevole dubbio su tale consapevolezza; ma ciò non esclude che il
giudice di merito, con un accertamento in fatto adeguatamente
motivato, ben possa dare conto delle ragioni per le quali ha ritenuto,
viceversa, che la consapevolezza del collegamento sia da far risalire ad
un momento precedente rispetto a quello di presentazione della
suindicata domanda amministrativa (v. sul punto anche l’ordinanza 27
febbraio 2017, n. 4996).
Nel caso di specie si è verificata proprio quest’ultima ipotesi, posto che
la Corte di merito ha ricostruito in fatto la vicenda ed è pervenuta alla
conclusione secondo cui il danneggiato e i suoi familiari ben avrebbero
potuto, alla luce delle conoscenze ormai esistenti in materia (nel 1994)
e facendo uso dell’ordinaria diligenza, essere consapevoli del
collegamento tra le trasfusioni e la malattia già prima di presentare la
domanda di cui alla legge n. 210 del 1992.
Ric. 2016 n. 16926 sez. M3 – ud. 04-10-2017
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ai suoi familiari, che detta malattia sia da collegare causalmente con le

Non sussiste, quindi, né la violazione delle norme sulla prescrizione né
delle regole in tema di onere della prova delle eccezioni.
2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
In considerazione, tuttavia, della particolarità del caso, delle incertezze
giurisprudenziali e della delicatezza della materia trattata, la Corte

cassazione.
Sussistono tuttavia le condizioni di cui all’art. 13, comma 1-quater, del
d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte dei
ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese del giudizio
di cassazione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,
dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte dei
ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione
Civile — 3, il 4 ottobre 2017.
Il Presidente

ritiene di dover compensare integralmente le spese del giudizio di

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